Sermone: ADAMO DOVE SEI?

Genesi 3, 7-10

Allora si aprirono gli occhi ad entrambi e s’accorsero che erano nudi; unirono delle foglie di fico e se ne fecero delle cinture.

Poi udirono la voce di Dio il SIGNORE, il quale camminava nel giardino sul far della sera; e l’uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza di Dio il SIGNORE fra gli alberi del giardino.

Dio il SIGNORE chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?»

Egli rispose: «Ho udito la tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto».

 

E’ una domanda che Dio rivolge a tutte e tutti noi in determinati momenti della vita. Dio che conosce il luogo del nostro esistere e il luogo del nostro credere, lo “scrutatore di cuori lo chiama Paolo” non desidera, ovviamente, ascoltare qualcosa che già sa, piuttosto desidera che noi, abitanti della distrazione, prendiamo consapevolezza di dove siamo, cioè a quale distanza siamo da Lui.

“Adamo dove sei?”: la domanda che risuona in particolari circostanze significative, tappe lungo la personale storia di fragile testimonianza, presenta però anche l’esigenza speculare di una risposta comunitaria.

Allora, anche in questi giorni, nella nostra vita individuale e comunitaria, è probabile che Dio ci stia chiedendo: “Dove siete?”

E serve come il pane che Dio ce lo chieda, perché per ciascuna e ciascuno di noi e per le nostre chiese è vitale capire se le nostre anime godono della luce dello Spirito di Cristo, oppure si nascondono nell’ombra, come fa Adamo, per la paura di confrontarsi, prima ancora che con Dio, con loro stesse e con la loro fede sfibrata.

Il nascondimento di natura spirituale, nel rifiutare il confronto con la parola di Dio, crea l’illusione che è sufficiente dirsi credenti per esserlo.

Se ci stiamo nascondendo, abbiamo soffocato in noi la vocazione ad essere, in Cristo, figlie e figli del Padre celeste, destinatari della sua grazia e chiamati a prendercene cura.

Se ci stiamo nascondendo, lo stiamo facendo a nostro danno , a danno dei nostri progetti, dei nostri ideali, a danno del significato che volevamo la nostra esistenza cristiana assumesse.

Se ci stiamo nascondendo a Dio e a noi stessi inaridiamo e con noi inaridiscono le nostre comunità.

E dunque, di fronte a questo rischio, si potrebbe impiegare questo tempo anche per capire la vita intima del credente e delle chiese, prima e oltre a ciò che testimoniano fattivamente nella società.

Riflettere. Bisogna riflettere e valutare qual è il grado di intensità interna e di risonanza esterna della spiritualità evangelica, quella che innanzitutto nasce nella meditazione della Scrittura e si sviluppa poi nella preghiera.

“Dove siete?” ci chiede oggi il Signore, e non “Cosa fate?”

La domanda di Dio invita a esaminare il nostro essere credenti prima del nostro agire come credenti.

L’interrogativo posto ad Adamo riguarda la spiritualità in quanto sostanza della relazione con Dio, in quanto forma e contenuto dell’esistenza del credente, in quanto accesso all’unica posizione che ci è permesso assumere davanti a Lui: quella dell’orante.

Solo dopo aver verificato secondo quale percentuale il nostro esistere è un esistere al cospetto del Signore, possiamo dedicarci a capire se la vita, come pratica della spiritualità, quella vita che tutte e tutti noi a Lui consacriamo, si sviluppa su coordinate analoghe che possano fare di noi una Chiesa coesa.

Coordinate che sono segnali di fede: lavorare non solo per vivere ma con la prospettiva che la Creazione, grazie al nostro impegno, resti luogo di dono inestimabile del Signore; studiare e formarsi per acquisire la “follia” di Dio e non la saggezza del mondo; godere del valore spesso negato del tempo nella sua dimensione non produttiva.

Un esempio? Il tempo”sprecato” del culto. E infine, ma come culmine, capire se le nostre esistenze e quelle delle nostre chiese si muovono secondo un progetto spirituale, dunque reale, di incontro. Un incontro libero e aperto, pronto nel dare e grato nel ricevere. Un incontro che a volte magari si realizza solo con chi ci è più vicino, ma mosso dalla volontà di raggiungere tutti:

“Il mondo è la mia parrocchia” diceva Wesley; un’affermazione quanto mai attuale.

E ancora una volta risuona la domanda di Dio, cui fanno eco le nostre.

L’annuncio e l’ascolto della Parola, la preghiera che da essa nasce, ci sostengono nella testimonianza quotidiana?

Siamo dentro questo tipo di vita o ne siamo fuori?

Siamo nel luogo della fede vissuta nel cuore e nella mente prima ancora che agìta?

“Dove sei Adamo? ” Dove siete ? Dove siamo tutti noi?

Adamo ha dato la sua risposta sincera, ora credo tocchi a noi affrontare la voce del Signore: una sosta obbligata per poter riprendere il cammino al servizio del Vangelo.

AMEN

Pastora Eleonora Natoli