COSA SIGNIFICA “AMORE”

Non abbiate altro debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri; perché chi ama il prossimo ha adempiuto la legge. Infatti il «non commettere adulterio», «non uccidere», «non rubare», «non concupire» e qualsiasi altro comandamento si riassumono in questa parola: «Ama il tuo prossimo come te stesso». L’amore non fa nessun male al prossimo; l’amore quindi è l’adempimento della legge. E questo dobbiamo fare, consci del momento cruciale: è ora ormai che vi svegliate dal sonno; perché adesso la salvezza ci è più vicina di quando credemmo. La notte è avanzata, il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.  (Romani 13,8-12)

Preparando il culto per questa prima domenica di Avvento il mio pensiero si è concentrato sul fatto che parlare di amore per il prossimo in una chiesa cristiana rischia di essere banale e assodato. Ma è proprio così?

Perché Paolo scrive quello che abbiamo letto?

Il testo si colloca nella seconda parte della lettera ai Romani, dove Paolo cerca di comunicare alcune indicazioni “pratiche” affinché ciò che ha esposto nella prima parte sulla salvezza, il peccato, la speranza, il non ritenere che solo i Giudei siano i detentori della fede, siano concetti che non devono essere solo lasciati nelle elucubrazioni teologiche o filosofiche, ma debbano essere invece parte integrante dell’etica di un credente.

In questo senso, parlare di AMORE verso il prossimo non è poi così scontato, perché è proprio l’etica, cioè il comportamento del credente che testimonia della fede che si afferma di avere, affinché, come Paolo scrive nel cap 2 (riprendendo da Isaia) “il nome di Dio non sia bestemmiato per causa nostra fra gli stranieri”.

“Ama il tuo prossimo come te stesso”. Questo è il comandamento, l’unico che li riassume tutti, l’unico che ci dovrebbe mettere in discussione, che dovrebbe essere al centro delle nostre riflessioni quotidiane sul modo di agire.

“L’amore non fa nessun male al prossimo” dice Paolo e qualche indicazione l’abbiamo avuta anche dai versetti del Salmo 122 a cui si è ispirata la nostra confessione di peccato odierna:

Quelli che ti amano vivano tranquilli. Ci sia pace all’interno delle tue mura e tranquillità nei tuoi palazzi! Per amore dei miei fratelli e dei miei amici, io dirò: «La pace sia dentro di te!» Per amore della casa del SIGNORE, del nostro Dio, io cercherò il tuo bene.

Ecco, appunto: l’amore, il vero amore, è foriero di pace, ci consente di fare in modo che coloro che amiamo vivano tranquilli, ci spinge a cercare il bene di coloro che, in maniera diretta o indiretta, incrociano la loro vita con la nostra.

Ma cos’è questo “amore” del quale parliamo? Un sentimento di affezione che ci trasporta verso l’altro?

Sicuramente sì. Per me è amore l’atteggiamento affettuoso dei miei più cari amici, come è amore quel sentimento che provo nei confronti di mio figlio o del mio compagno anche quando mettono alla prova la mia pazienza. È un segno d’amore il sentirmi dire “ti voglio bene” nel messaggio quotidiano che ricevo da una persona cara, perché so che non lo fa per abitudine, ma per confermarmi il suo sentimento, così come interpreto come segno d’amore il saluto serale di un amico (ateo) che mi apostrofa con un nomignolo affettuoso o il contatto con la mia amica più cara che manifesta il suo sincero interesse per me.

Certo, queste sono manifestazioni d’amore che mi aiutano a vivere più tranquilla, ma …. tutto qui?  Evidentemente no, perché questi diversi sentimenti sono alimento certo per la mia tranquillità e, nella reciprocità, immagino che lo stesso valga per le persone che amo.

Ma credo che l’invito di Paolo non si riferisca a una visione così riduttiva ed egoistica, perché a me, come credente, spetta il compito di dispensare amore; come figlia di Dio sono tenuta a testimoniare con la vita dell’amore immenso che ho ricevuto dal mio Signore, un amore che non si è basato solo su enunciazioni e insegnamenti teorici, ma che si è realizzato con comportamenti fattivi di quel Gesù che ha manifestato con la sua vita e con le sue opere l’amore di Dio.

Ecco allora che il cercare di realizzare l’amore non può limitarsi ad un semplice sentimento di affezione nei confronti di coloro che amiamo, ma deve diventare una reale partecipazione positiva anche nei confronti di coloro che magari non fanno parte della nostra vita o del nostro entourage.

E come cercare quindi di “dispensare” amore?

Nell’evangelo di Matteo, al cap 19 ci viene riferito che Gesù disse al giovane ricco “… ama il prossimo tuo come te stesso” e “… va’, vendi ciò che hai e dallo ai poveri …”

Ecco, direi che queste sono le due chiavi interpretative:

  1. Pensa a come vorresti essere trattato tu e fallo nei confronti degli altri;
    1. Vorresti un atteggiamento positivo e comprensivo nei tuoi confronti? Abbi il medesimo atteggiamento nei confronti degli altri.
    1. Vorresti essere visitato e consolato quando sei nella malattia, nell’angoscia, nel dolore di qualsiasi specie? Abbi il medesimo atteggiamento nei confronti degli altri.
    1. Vorresti che coloro che ti stanno intorno gioiscano se sei gioioso e si rallegrino delle cose belle che ti accadono? Fai anche tu così nei loro confronti.
  2. Dividi con gli altri ciò che hai. Ciò che abbiamo (e ciò che siamo) non è qualcosa che è destinato solo a noi, ma sono doni che abbiamo ricevuto per poterli condividere con gli altri.
    1. Hai la fortuna di poter essere tranquillo/a che sulla tua tavola il cibo non manca, che nel tuo armadio ci sono abiti adeguati a coprirti, che puoi contare sul fatto che, anche se non sei ricco/a, avrai di che vivere per il futuro? Dividi ciò che hai e non accumulare per te, lasciando agli altri le briciole, ciò che avanza, l’elemosina.
    1. Hai avuto l’opportunità di maturare conoscenze professionali che altri non hanno? Mettile a disposizione gratuitamente e non cercare di trarne sempre e solo un beneficio economico.
    1. Hai del tempo libero? Non dedicarlo solo a te stesso/a, ma mettiti a disposizione servendo gli altri.
    1. Hai la capacità di riflettere sui fenomeni sociali? Non buttare il cervello all’ammasso, trincerandoti nel tuo bozzolo, ma esprimi il tuo messaggio di solidarietà ed uguaglianza anche contro i potentati politici ed economici.

Queste sono solo alcune riflessioni su come si possa “dispensare” amore, un amore libero, che non chiede di essere ricambiato, ma che soprattutto non ingenera negli altri sentimenti di riconoscenza, perché il nostro fine non deve essere la riconoscenza altrui, bensì il rispetto dell’imperativo “… ama il prossimo tuo come te stesso” perché, come dice Paolo, “chi ama il prossimo ha adempiuto la legge” e non solo chi non ha ucciso, non ha rubato, non ha offeso.

Ma ancora: chi ama il prossimo come se stesso sa di aver bisogno di perdono per le numerose volte che non ha praticato l’amore e, per reciprocità, deve essere capace di perdonare quel prossimo che magari ci ha recato offesa o ci ha fatto del male.

Voglia il Signore aiutarci a percorrere le vie dell’amore.

AMEN

Liviana Maggiore

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