Sermone: FREQUENTARE LA BIBBIA

LETTURE BIBLICHE: Salmo 31,1-8.21-24; Giovanni 15,1-8

O SIGNORE, poiché ho confidato in te, fa’ che io non sia mai confuso; per la tua giustizia liberami. 2 Porgi a me il tuo orecchio; affrèttati a liberarmi; sii per me una forte rocca, una fortezza dove tu mi porti in salvo. 3 Tu sei la mia rocca e la mia fortezza; per amor del tuo nome guidami e conducimi. 4 Tirami fuori dalla rete che m’han tesa di nascosto; poiché tu sei il mio baluardo. 5 Nelle tue mani rimetto il mio spirito; tu m’hai riscattato, o SIGNORE, Dio di verità. 6 Detesto quelli che si affidano alle vanità ingannatrici; ma io confido nel SIGNORE. 7 Esulterò e mi rallegrerò per la tua benevolenza; poiché tu hai visto la mia afflizione, hai conosciuto le angosce dell’anima mia, 8 e non mi hai dato in mano del nemico; tu m’hai messo i piedi in luogo favorevole. 21 Sia benedetto il SIGNORE; poich’egli ha reso mirabile la sua benevolenza per me, ponendomi come in una città fortificata. 22 Io, nel mio smarrimento, dicevo: «Sono respinto dalla tua presenza»; ma tu hai udito la voce delle mie suppliche, quand’ho gridato a te. 23 Amate il SIGNORE, voi tutti i suoi santi! Il SIGNORE preserva i fedeli, ma punisce con rigore chi agisce con orgoglio. 24 Siate saldi, e il vostro cuore si fortifichi, o voi tutti che sperate nel SIGNORE!

 

15:1 «Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiuolo. 2 Ogni tralcio che in me non dà frutto, lo toglie via; e ogni tralcio che dà frutto, lo pota affinché ne dia di più. 3 Voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciata. 4 Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dare frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. 5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete fare nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto, così sarete miei discepoli.

 

Il salmo che abbiamo in parte letto oggi, e che vi invito a leggere interamente più tardi quando tornerete nelle vostre case, può stimolare molte riflessioni, ma su due in particolare vorrei concentrare la vostra attenzione. La prima è che le parole del versetto 5 (Nelle tue mani rimetto il mio spirito) sono quelle pronunciate da Gesù sulla croce, nella versione della Passione scritta da Luca. Ma sono anche le ultime parole dette da Stefano, il primo martire cristiano, e dopo di lui da molti altri che le hanno pronunciate prima di morire, come Lutero o Girolamo Savonarola.

Questi uomini, non persone qualunque, evidentemente, prima di morire hanno sentito la necessità di pronunciare non delle parole qualsiasi, magari profonde o importanti, non sono rimasti neppure in silenzio, ma hanno citato un versetto di un salmo. Chi di noi è ancora in grado di farlo? Chi di noi conosce a memoria passi più o meno lunghi della Bibbia? Chi di noi è in grado di trovare il versetto giusto che lo aiuti nel momento del bisogno? Da molto tempo, ormai, abbiamo dimenticato questa necessità, abbiamo perso di vista questa opportunità: tanto abbiamo la nostra Bibbia con noi, tanto nei nostri cellulari è caricata la Bibbia intera a che serve conoscerla a memoria? O addirittura abbiamo perso un rapporto intimo e quotidiano con la Bibbia.

Intatti insieme ad aver perso la capacità di citare a memoria salmi e versetti, abbiamo anche, a poco a poco, perso la nostra dimestichezza col testo biblico, perso quella familiarità che era patrimonio comune fino all’epoca dei nostri genitori. Vorrei che tornando a casa riflettessimo un po’ anche su questo. Leggiamo tutti i giorni almeno qualche passo biblico? Ne conosciamo alcuni talmente bene che appartengono alla nostra vita? Mi rendo conto che sto facendo un discorso assai fuori moda, ma l’impressione che ho è che abbiamo perso o stiamo perdendo, noi tutti che siamo qui oggi qualcosa di importante, qualcosa di speciale. Perché siamo stanchi, abbiamo il lavoro, le nostre preoccupazioni. Abbiamo già la testa piena di tante altre cose!

Il cuore di questo salmo è la fiducia in Dio, che è la nostra rocca, la sicura fortezza. Siamo ancora capaci di vivere davvero nella certezza che Dio è la nostra rocca e la nostra fortezza? O non è piuttosto vero che al Signore dedichiamo giusto un pensiero fugace al mattino o alla sera prima di dormire? Non ci accade più spesso di chiedere aiuto a noi stessi o ad altri che si presentano a noi come salvatori? Guaritori, esperti in miracoli che ci faranno trovare lavoro, guarire dalle malattie, avere fortuna? Ma il salmo proclama con forza e con chiarezza:

3 Tu sei la mia rocca e la mia fortezza;

E prosegue: per amor del tuo nome guidami e conducimi.

Quindi il Signore è la nostra rocca, la nostra fortezza, a lui ci rivolgiamo per avere aiuto, ma è anche guida, conduzione: cioè gli chiediamo protezione e contemporaneamente accettiamo e accogliamo la Sua volontà, non la nostra; seguiamo la strada che Lui ci indica, non la nostra, anche se questo può significare che i nostri desideri umanissimi, e anche magari ragionevoli, non si realizzano. Ma è proprio questo il punto: possiamo continuare ad affidarci ad un Dio che non è come lo vorremmo? O non possiamo? O non riusciamo?

Essere nelle mani di Dio: un’immagine davvero potente! Noi piccoli, limitati, tormentati, noi che non siamo dei supereroi, ma degli uccellini nelle mani di Dio. Abbiamo il coraggio di affidarci totalmente? Siamo capaci di lasciarci totalmente abbracciare e proteggere dalle mani di Dio?

Ecco il nostro rifugio: il salmista ce lo descrive come concreto, reale, la nostra difesa. Si tratta di mani che ci liberano, che ci riscattano: da noi stessi, in primo luogo, e poi dalle nostre abitudini, dai legami che ci impediscono di cercare il nutrimento più importante. Chiedere aiuto a Dio ci ricorda che siamo piccoli e fragili e che abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. Non dell’aiuto di un prestigiatore o di un mago, non dell’aiuto di coloro che si fingono guaritori e facitori di miracoli, perché non è questo l’aiuto che il Signore ci dà. Rimettersi a Dio significa accettare la Sua presenza nella nostra vita, il Suo piano per noi e quindi accogliere la Sua volontà e non la nostra. Abbiamo il diritto di chiedere aiuto per la nostra vita concreta, e il diritto, concretissimo, di essere come bambini che si affidano totalmente nelle mani del Signore. Il diritto di chiudere gli occhi e sapere che siamo in buone mani, di rifugiarci nelle mani del Signore. Ma metterci nelle mani di Dio significa riconoscere il nostro bisogno, riconoscere che siamo tutti dei rifugiati, dei richiedenti asilo. Noi che stiamo bene, che abbiamo un lavoro, o almeno una casa, uno stipendio, o almeno una famiglia che ci aiuta, noi che viviamo in una parte di mondo dove esiste il benessere, noi, proprio noi, possiamo scoprirci e riscoprirci rifugiati in Dio. Possiamo finalmente accettare chi siamo veramente, non dei supereroi, ma dei rifugiati. Dei rifugiati che non si affidano al potere e al potente, ma a Dio e Dio è Colui che ha scelto di illuminare coloro che sono nell’ombra, coloro che non contano nulla, gli ultimi di questo nostro mondo, che invece cerca il potere, il danaro, la forza. Dio sceglie invece uomini e donne bisognosi di tutto, ma che, a differenza dei disperati del Mediterraneo, hanno la certezza di trovare rifugio, di trovare asilo. Noi siamo certi che saremo accolti, siamo certi che il miracolo avverrà ogni volta perché nel momento stesso in cui chiediamo di essere accolti, lo siamo davvero, perché anche noi, come il salmista nel versetto 22 nel nostro smarrimento ci sentiamo talvolta respinti, non amati, non accolti, ma il Signore ode la nostra voce, ascolta il nostro pianto e ci accoglie. E nel momento in cui ci accoglie diveniamo noi stessi le mani di Dio perché entriamo in comunione profonda con Lui e quindi facciamo e diventiamo il Suo volere.

Non siamo più noi che agiamo, ma Lui attraverso di noi: diventiamo davvero come la vite e i tralci di cui parla Gesù nel vangelo di Giovanni. Rimettendo il nostro spirito, rimettendo le nostre esistenze nelle mani di Dio, diventiamo noi stessi le mani di Dio. Le mani di Gesù. Faremo anche noi le opere che fa Gesù come ci dice Giovanni (Gio 14,12). Rimettendoci al Signore entriamo in comunione con Lui, dimoriamo in lui e lui in noi, e agiamo come Gesù. Non da soli, ma con tutti i figli e le figlie di Dio, insieme. Le mani nelle mani. Le sue mani, diventano le nostre mani, forti, potenti, guaritrici. Lasciandoci andare fiduciosi nelle mani del Signore troveremo le mani dei nostri fratelli e sorelle e riscopriremo il senso di questo antico salmo che da migliaia di anni ci racconta il mistero grande e profondo dell’amore di Dio.  Amen.

Erica Sfredda