Sermone: I dubbi di Giovanni Battista

Avete già fatto il conto alla rovescia dei giorni che ci separano dalla festa di Natale? I miei figli sì. Da noi nell’ingresso c’è il calendario dell’Avvento con un regalino per ogni giorno. E ogni volta in cui uno dei bambini mi chiede: ‘Mamma, ma già domani nasce Gesù?’, dico di andare al calendario per fare il conto dei pacchi. Quando non ci sono più regali, è Natale.

Sicuramente qualcuno tra di voi ha adesso cercato di fare il conto mentalmente. Ci sono ancora 10 giorni, oggi compreso 11. – A me è venuto male quando ho controllato. Non ho ancora preparato la casa, mia mamma mi chiedeva già l’altra settimana che cosa vorrei cucinare a Natale e finora non ho nessuna idea, non abbiamo ancora né regali, né un albero.

Spero che voi possiate aspettare Natale come lo fanno i miei figli che sono contenti di vedere i nonni, di mangiare cose buone, di ricevere dei doni e di poter regalare le cose che hanno preparato per gli altri.

Questo è la tensione dell’Avvento. Per gli uni il tempo passa troppo velocemente, per gli altri sembra non voler passare. Per gli uni è una gioia aspettare, per gli altri un tormento.

Anche il vangelo di Matteo racconta di qualcuno che aspetta, ovvero Giovanni Battista.

Giovanni era il figlio del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta la parente di Maria. Divenuto adulto viveva nella massima semplicità nel deserto della valle del Giordano, come uno degli antichi profeti. Si vestiva con un mantello fatto di peli di cammello, mangiava cavallette e miele selvatico e predicava il ravvedimento e l’approssimarsi del regno di Dio. Predicava che il Messia era vicino, per questo tutti dovevano espiare le loro colpe e farsi battezzare. Giovanni era molto ascoltato all’epoca e ad Erode, il re, non faceva piacere, che questo strano predicatore affermasse che anche lui, il monarca, aveva bisogno di espiare i propri peccati. Per questo Giovanni finì in prigione e in prigione riceveva notizie del suo parente Gesù e delle sue opere. Non sapeva più che cosa credere e per questa ragione manda alcuni dei suoi discepoli a fare domande.

Leggo Matteo 11,2-10

2 Giovanni, avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: 3 «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?» 4 Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: 5 i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. 6 Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!»

7 Mentre essi se ne andavano, Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla: «Che cosa andaste a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? 8 Ma che cosa andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Quelli che portano delle vesti morbide stanno nei palazzi dei re. 9 Ma perché andaste? Per vedere un profeta? Sì, vi dico, e più che profeta. 10 Egli è colui del quale è scritto: “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero per preparare la tua via davanti a te”.

Giovanni diventa insicuro in prigione e chiede: Sei tu colui che deve venire? Avrà sentito i racconti su Gesù che facevano nascere nuove speranze, ma sarà stato anche irritato da ciò che sentiva. Giovanni si aspettava il Messia come una figura potente, gloriosa, impressionante. Gesù è il contrario. Rifiuta la violenza, parla con tutti, è fiero di non possedere niente, neanche un tetto sopra la testa. Come dovrebbe essere il regno di Dio che questo Messia annuncia? Come potrà cambiare qualcosa, se il Messia si rifiuta di imporre il proprio ordine alla società dominante? A Giovanni vengono dei dubbi e così ritorna alla carica per chiedere: Sei tu colui che deve venire?

La figura di Giovanni Battista deve fare parte dell’Avvento. Giovanni non è stato solo il precursore di Gesù con la sua predicazione di ravvedimento. È anche il nostro precursore con questi pensieri pieni di dubbi e insicurezze. Così viene incontro a noi con le sue domande nel bel mezzo di questo periodo di Avvento. Tra mercatini di Natale e panettone ci pone la domanda: Che cosa vale la pena di aspettare? E: Che cosa aspetto effettivamente?

In un certo senso, a Giovanni le cose vanno proprio come a noi. Non vede ciò che accade, sente parlare di Gesù, del suo atteggiamento, delle sue predicazioni, delle sue azioni. Anche noi sentiamo questi racconti, li possiamo leggere nei quattro vangeli. Ma sentendo queste storie Giovanni si chiede se Gesù è davvero colui che ha aspettato per tutta la sua vita o se è un ciarlatano come ce n’erano diversi in giro.

Gesù non gli dà una risposta concreta, diretta. Risponde: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Aiuta questa risposta? Sì e no. Gesù dice a Giovanni e dice a noi: guardate bene che cosa vedete e decidete che cosa vuol dire per voi. – Gesù mette il giudizio sulla sua messianicità nelle mani di coloro che chiedono e credono. Io devo credere, questo è il primo passo. Nessuno potrà mai convincermi che Gesù sia il Messia se non lo voglio credere. Porre la domanda è il primo passo, serve però anche che vengano altri passi dopo di questo.

Il periodo dell’Avvento è un tempo per chiedere e per fare questi passi, è un periodo di attesa intensa.

I dubbi e le incertezze fanno parte della fede, per questo Giovanni pone la sua domanda. Quest’atteggiamento ci può insegnare tante cose. Giovanni non si tira indietro quando gli vengono i dubbi, non si nasconde e non cerca la fede in se stesso – no, si mette in gioco, cerca la comunione e si espone con le sue domande. Anche noi siamo sollecitati a metterci in gioco, a cercare la comunione con le sorelle e i fratelli di chiesa, a dare voce alle nostre domande. Per questo siamo qui insieme a celebrare i culti, per questo ci confrontiamo negli studi biblici con la parola di Dio, per questo cerchiamo la comunione con le persone della chiesa che sono per noi come dei fratelli e delle sorelle – non devono per forza essere amici, ma siamo legati a loro come siamo legati alla nostra famiglia.

Gesù ci dice: Beato colui che non si sarà scandalizzato di me! Conoscere Gesù vuol anche dire in qualche modo reggere, resistere di fronte allo scandalo. Giovanni aveva in mente che Gesù avrebbe cambiato l’ordine di questo mondo, si era immaginato che Gesù scacciasse via i Romani ma anche la gerarchia del Tempio. Giovanni s’immaginava il regno di Dio solamente per i buoni e i pii, per coloro che volevano pentirsi, ravvedersi e cambiare la loro vita.

Ma Gesù non aveva esattamente questo programma e Giovanni si è in qualche modo scandalizzato. Anche noi possiamo scandalizzarci, non perché Gesù ci critichi, ma perché con il suo modo di essere, mette in questione il nostro modo di essere chiesa. i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Questi sono i segni del regno di Dio per Gesù.

Possiamo vedere qualcosa di questi segni da noi in questa chiesa? Io dico di sì.

Incontro delle persone che mi raccontano che qui hanno potuto la prima volta confrontarsi con la parola di Dio. Dopo anni di cecità aprono gli occhi e vedono e non riescono più a staccare gli occhi da questo Dio che ha aperto loro un nuovo mondo.

Incontro delle persone ferite che giungono in questa chiesa e pian pianino diventano sani, si sentono protetti, accettati, amati.

Sento delle persone che hanno trovato conforto e aiuto qui, nelle sorelle e fratelli di chiesa. Tutti questi sono i segni del regno di Dio.

Vivere nell’Avvento è vivere in attesa, ma non è una vita come in sala d’attesa. È una vita nel qua e ora, una vita in movimento. Devo vedere i segni dei tempi e riflettere su quale potrebbe essere la volontà di Dio per me, adesso. Devo guardare il mondo in cui vivo e cercare di capire quale sia la volontà di Dio per la mia vita.

Dove sarei io se Gesù tornasse ora? In centro a comprare regali, a casa per addobbare l’albero, o vicino alle persone che Dio ha messo attorno a me?

Non c’è mai stata un’epoca della storia nella quale la fede sia stata dimostrabile. Non era così per Giovanni, non lo è per noi. La fede dev’essere vissuta.

La fede vuole essere raccontata, anche nella nostra società che in gran parte ha dimenticato il contenuto della festa che attendiamo. Sta a noi di dare nuovamente un significato a ciò che sta succedendo attorno a noi. I racconti che sentiva Giovanni lo portavano a riflettere. Mettiamoci anche noi a raccontare che cosa vediamo che Gesù può fare nella nostra chiesa e nella nostra vita per fare riflettere le persone intorno a noi.

Preparate nel deserto la via del SIGNORE. – Ancora dieci giorni e poi? Poi viene Gesù. Da noi. Nelle nostre case, nelle nostre vite. Viene per salvare, viene per guarire, viene per risvegliarci e per calmarci.

Giovanni ci esorta come faceva prima di lui Isaia a preparare una via al Signore. Una via che lo conduce da noi: lì vuole arrivare e vorrebbe addirittura restare se lo invitiamo a rimanere.

Amen.