Sermone: I talenti

TalentiVorrei parlare con voi oggi di talenti, di doni che abbiamo o anche non abbiamo. In questa chiesa ci sono persone con un talento per l’organizzazione, riescono a coordinare un bazar o un agape in modo tale da rendere tutti contenti. Altri hanno un talento manuale, possono dare una mano alla manutenzione del nostro stabile. Altri hanno un talento musicale, cantano con gioia e riescono a trascinare gli altri con il loro canto; e abbiamo nella nostra chiesa persone che hanno il dono della preghiera, che pregano con grande costanza per tutti noi.

Non è ovviamente una lista completa di doni: ce ne sono ancora tanti altri, ma fermiamoci qui per adesso. L’uno o l’altra di voi ha questi doni. Sono talenti che Dio vi ha dato. Forse avete addirittura più di un talento. Uno ha di più altri di meno, ma non c’è nessuno che sia senza talento. Ognuno ha come minimo un dono che può mettere a disposizione.

Vorrei condividere con voi oggi un testo biblico che parla di talenti, ma nel senso letterale, cioè di denaro. In questo testo sentiamo come le singole persone utilizzino ciò che gli è affidato.

Leggo dal vangelo di Matteo nel 25 capitolo a partire dal versetto 14:

14 «Poiché avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. 15 A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì. 16 Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque. 17 Allo stesso modo, quello dei due talenti ne guadagnò altri due. 18 Ma colui che ne aveva ricevuto uno, andò a fare una buca in terra e vi nascose il denaro del suo padrone. 19 Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro. 20 Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque talenti, dicendo: “Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. 21 Il suo padrone gli disse: “Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore”. 22 Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: “Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. 23 Il suo padrone gli disse: “Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore”. 24 Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse: “Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; 25 ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; eccoti il tuo”. 26 Il suo padrone gli rispose: “Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27 dovevi dunque portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio con l’interesse. 28 Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. 29 Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. 30 E quel servo inutile, gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti”.

In questa parabola si paragonano i talenti di cui abbiamo parlato prima con il denaro, con i beni del padrone. I talenti possono essere dei doni naturali, un talento per la musica o un talento linguistico, o, in alternativa, possono essere un segno di possesso, ciò che uno ha. In questa parabola ci vengono presentate varie persone che hanno talenti diversi, uno ha di più un altro di meno. Potremmo certo discutere se questo sia corretto, potremmo appellarci alla giustizia, o potremmo semplicemente accettare questo come un fatto. È così: esistono persone alle quali si può chiedere qualcosa per quasi ogni ambito, riescono a fare un po’ di tutto e altri che sono bravissimi in un settore, ma solo in quello. La cosa importante però è un’altra: cioè che non c’è un’unica persona su questa terra che non abbia ricevuto da Dio almeno un dono.

L’umo ricco nella parabola rappresenta Dio. Dio è il nostro creatore che ha formato ogni essere umano in modo speciale, inconfondibile e con precisi doni e attitudini.

Consideriamoci per un attimo e provate a pensare a quelle cose che voi non siete per niente in grado di fare. – Io non riesco a tenere una cassa in ordine. Era una delle prime cose che ho detto a Mary: tienimi lontano dalle finanze! L’ho provato diverse volte con grande impegno ma con risultati disastrosi. Non lo so fare. – E voi? E stato difficile per voi trovare qualcosa che non sapete fare? Adesso, facciamo la prova al contrario. Pensate a qualcosa che sapete fare bene. Un ambito nel quale siete più bravi degli altri. Qualcosa che potreste fare tutto il giorno e non vi stanchereste comunque. Qualcosa che vi soddisfa, che vi porta gioia. Ve lo dico di nuovo di me. A me piace organizzare un evento, qualcosa di grande con tante persone. Mi piace pensare a tutti i dettagli e mi dà una grandissima gioia vedere che alla fine tutto funziona e va così come me l’ero immaginato per mesi in tutti i particolari. – Questo è uno dei miei talenti. Conoscete i vostri doni? È stato facile per voi trovare qualcosa che sapete fare bene o è stato più naturale dire che cosa non sapete fare? Suppongo che fosse più immediato il secondo aspetto, vero? Siamo abituati a dire che cosa non sappiamo fare o meglio che cosa non vogliamo fare. È molto più difficile dire: Sì, questo sono in grado di farlo bene. Abbiamo imparato sin da piccoli a non metterci troppo in mostra. Potrebbe sempre succedere che ci sia qualcuno che lo so fare ancora meglio e si fa brutta figura. Potrebbe anche succedere che gli altri siano tutti contenti che ci sia qualcuno che sa fare bene una cosa, poi però si deve investire tempo e lavoro per questo dono.

In ogni caso, è importante che sappiamo di noi stessi quali doni Dio ci ha dato; e in una comunità dovremmo saperlo anche l’uno dell’altra se vogliamo lavorare insieme.

Come la mettiamo con quelli che non hanno ancora scoperto il loro talento, che non vogliono mettersi in mostra, che vorrebbero rimanere invisibili? Penso che la loro sorte sia simile a quella del terzo servo. Avranno una triste fine. Quel servo ha nascosto i suoi doni in terra. Forse ha pensato: “Gli altri hanno tanti doni e io soltanto quest’unico. Perché il mio Signore mi ha dato un unico talento? È poco niente!” Oppure si è detto: “Che cosa potrei mai fare di sensato con un unico talento? Non ho comunque nessuna chance in paragone con gli altri”.

Non so come la pensiate voi e come investiate i vostri talenti. Forse avete anche voi l’impressione di non sapere fare tanto. Mi è venuta in mente una scena del film ‘Amadeus’ che racconta la vita di Mozart. In quel film appare anche il compositore Antonio Salieri che fa musica buona ed è contento finché non arriva Mozart a corte. Da quel momento Salieri non riesce più a vedere altri se non Mozart, diventa geloso, scontento e cerca addirittura di assassinare il concorrente. Salieri odia il suo talento, perché vede l’altro che ne ha cinque.

Vi posso solo dare un consiglio: lasciate da parte i paragoni. Ci saranno sempre persone che hanno più doni, più sviluppati dei mie. Ci saranno sempre persone migliori, più belle e più intelligenti. Ciò che aiuta però è guardare a me stesso e a ciò che Dio ha dato a me. Alla fine non importa se uno ha dieci talenti o cinque o uno. Importa che cosa ne ha fatto di questi doni. Tutti quelli che hanno messo in gioco il loro talento, sono invitati alla festa.

Se ho il talento di fare musica, a questo si accompagna anche l’impegno di prepararmi regolarmente e di mettere questo dono al servizio di tutti. Se Dio mi ha dato mani forti ho anche l’impegno di usarle. Se Dio mi ha dato il talento di stare bene insieme con i bambini ho anche l’impegno di usare questo dono.

I talenti portano sempre lavoro che sé. Forse questo può essere di consolazione per tutti quelli che credono di avere pochi talenti. Concentratevi su ciò che Dio vi ha dato.

Questo vivere i proprio talenti non vale solo per la vita in chiesa ma per tutta la vita. È bellissimo quando qualcuno ti dice: Lascia stare, vedo che non riesci a farlo, faccio io, sono bravo in questo.

Hai problemi di fare la spesa con questo caldo? Faccio io per te! – Non riesci a compilare il modulo per le tasse? Faccio io, nessun problema – Non riesci a capire come funziona il nuovo cellulare? Una sciocchezza, ti spiego io.

Sarebbe così semplice. Porterebbe con se così tanta gioia se tutti quanti mettessero in gioco i loro doni per il bene di tutti.

Nella parabola che racconta Gesù, i servi lavorano per il loro Signore. Non lavorano per conto proprio, non diventano ricchi loro se guadagnano qualcosa, ma il loro Signore. L’unico vantaggio che i servi si possono aspettare è la grande festa finale.

Ho l’impressione che aiuta nella vita non perdere tempo cercando di fare chi sa che cosa per conto proprio, ma di lavorare semplicemente con i doni che Dio ci ha dato in una maniera che anche altri ne possano trarre profitto. Penso che faccia bene vivere e lavorare così che il regno di Dio su questa terra possa crescere e il nostro mondo possa diventare più umano.

I primi due che hanno messo in gioco i loro talenti non sono stati contenti solo alla fine, quando è venuto l’invito per la festa, ma anche prima, durante il lavoro, quando vedevano i buoni risultati della loro fatica.

Le persone che investono i buoni doni di Dio per lui sono già adesso soddisfatte, perché hanno trovato Dio e con lui vera vita.

Lo auguro anche a voi: che possiate essere soddisfatti con i talenti e il lavoro che Dio vi ha affidato.

Amen

Ulrike Jourdan