Sermone: ‘La crocifissione nel piano salvifico di Dio’

La grafica sudafricana Lindiwe Mvemve ha inciso quest’immagine nel 1958 quando aveva solo diciannove anni. Aveva appena iniziato la sua formazione artistica presso una scuola missionaria dove si affrontavano anche alcuni tra i più importanti temi biblici e le domande centrali della fede.

Questa giovane si chiedeva come Dio, il Padre, avesse potuto mandare il proprio Figlio nel mondo e, quindi, permettere la Sua morte sul Golgota per il nostro peccato. L’artista avrebbe potuto accettare tutto questo solo come parte integrante del grande piano che Dio ha per noi esseri umani, per la nostra salvezza. Solo così avrebbe potuto vedere un senso e un fine nell’agire di Dio.

Vediamo una figura che sovrasta tutti, che occupa quasi tutto il piano: questi è Dio. Di Lui  sono evidenti il volto nero, i capelli e la veste chiari, il braccio sproporzionato e la mano gigante. La postura della testa e gli occhi chiusi esprimono compassione e carità. In questo modo l’artista vuole farci capire che Dio non porta nelle proprie mani solo gli stenti e la morte di Suo Figlio ma anche quelli del mondo. Dio prova dolore per le sofferenze del mondo.

In questa  linoleografia Dio Padre porta il calice della Santa Cena nella Sua grande mano destra. Sul calice si vedono le afflizioni di Gesù sul Golgota. Gesù muore in croce circondato da due briganti. Come Dio Padre, Egli è raffigurato con la pelle scura, mentre i due ladri, l’uno alla Sua sinistra e l’altro alla Sua destra, sono bianchi. Sopra la croce si vede un angelo. Anche lui è nero. E’ il simbolo del conforto rispetto a tanta sofferenza. Poco più in basso, però, c’è la linea bianca del calice: l’orlo inferiore di questo sembra dividere il mondo terreno con Gesù crocifisso dal mondo celeste. Anche gli uomini inginocchiati davanti alla croce sono delle figure importanti. Anche loro hanno la pelle nera e indossano vesti bianche così come si usa ancora in tanti paesi africani in occasioni festa. Forse, si tratta di Maria e di Giovanni… o, forse, siamo noi, tu ed io! Infatti, un detto africano dice: “Ringraziare” significa sedersi davanti a Dio e gioire.

Tutte le figure positive hanno la pelle scura, mentre solo i briganti sono bianchi. Questa differenza rispecchia la dura realtà sociale nella quale viveva l’artista.

Per questa giovane donna è stato un conforto sapere che Dio porta le afflizioni del Figlio nelle proprie mani. E così come Gesù Cristo umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce (Filippesi 2,8) così anche lei avrebbe potuto sopportare l’oppressione politica e sociale, la “passione” in Sudafrica. È una consolazione sapere che nella sofferenza e nella paura siamo nelle mani di Dio, sapere che possiamo fidarci di Lui e che niente ci potrà mai strappare da questa Sua mano paterna.

E’ questo il messaggio che la nostra artista vuole trasmetterci con semplicità e forza: la misericordia di Dio è profonda e ineguagliabile la Sua lealtà verso di noi. Quest’immagine rende visibile ai nostri occhi una consolazione potente, quella di Dio. Dio è con noi e nulla può accadere contro la Sua volontà.