Sermone; LA VIA PER LA SALVEZZA

Ci sono alcuni versetti nella Bibbia che, non so per quale motivo, mi sono molto cari. Hanno per me un fascino particolare, non solo perché a volte sono poetici, o esprimono la bontà di Dio per l’uomo, per me, o per mille altri motivi. Sono frasi, come quelle che costituiscono la cosiddetta dichiarazione di fede di Simeone che fra poco leggerò, che mi accompagnano, come “lampada ai miei piedi”, mi danno pace, e mi aiutano a crescere nella fede.

Il brano si trova al capitolo 2 dell’evangelo di Luca e viene letto in chiesa, di solito, nel periodo post-natalizio. Io però ve lo propongo oggi, perché l’ho trovato di ispirazione per il tema che vorrei affrontare in questa predicazione: cosa si intende per Salvezza, che cosa è la salvezza in Cristo Gesù.

Leggo dai 25 al 32: Vi era in Gerusalemme un uomo di nome Simeone; quest’uomo era giusto e timorato di Dio, e aspettava la consolazione d’Israele; lo Spirito Santo era sopra di lui; e gli era stato rivelato dallo Spirito Santo che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore. Egli, mosso dallo Spirito, andò nel tempio; e, come i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere a suo riguardo le prescrizioni della legge, lo prese in braccio, e benedisse Dio, dicendo: «Ora, o mio Signore, lascia andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli per essere luce da illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele».

 

Simeone ha visto la salvezza; può andare in pace, la sua speranza è stata esaudita. Ma cos’è questa salvezza, questa luce che illumina, questa gloria del suo popolo? Il tema della salvezza, così centrale nella tradizione biblica, è stato affrontato in tanti modi nella storia del protestantesimo, da Lutero ai nostri giorni. Per Lutero la salvezza si identifica con l’esperienza del perdono dei peccati e della giustificazione gratuita, immeritata e incondizionata del peccatore. Per i Puritani del Seicento la salvezza si identifica con la presa di coscienza della propria vocazione a plasmare la società secondo la volontà di Dio. Per i Metodisti del Settecento la salvezza si identifica con l’esperienza della conversione e di una consacrazione totale a Dio, con la santificazione della vita e la manifestazione di un uomo nuovo, rigenerato dalla parola di Dio. Ma salvezza è stata intesa anche come vivere con Gesù e come lui, perché Gesù è essenzialmente un Maestro, oppure, per un verso più moderno e storicizzato, la salvezza è stata intesa come la concretizzazione del regno di Dio, il suo progetto di sviluppo e crescita umana che si compie nella storia e di cui si ravvisano i segni nelle scoperte, nel progresso scientifico e nelle scienze.

Dopo le due guerre mondiali e gli orrendi crimini del Novecento, delusi da questa idea ottimistica e ingenua di progresso, l’esperienza della salvezza è tornata ad essere un concetto in cui si sottolinea la trascendenza e l’alterità di Dio, una realtà escatologica, una realtà ultima, che ci è destinata – ma che resta esterna a noi, esclusiva opera di Dio.

Per un protestante, parlare dell’idea di salvezza non può essere altro che fare un discorso biblico sulla salvezza, perché il protestantesimo non ha altro da dire e da offrire che quello che dice e offre la Bibbia.

Nella Bibbia sono molte, e molto diverse, le esperienze presentate e vissute come salvezza.

Per Abramo, e forse anche per noi, salvezza significa partire, abbandonare le proprie certezze, le proprie divinità, uscire dall’idolatria e mettersi in viaggio verso l’ignoto. Salvezza è abbandonare il noto per l’ignoto, ciò che è posseduto per ciò che è promesso, abbandonare l’idolo per cercare Dio. Una salvezza come viaggio, come itinerario, come cammino che terminerà solo in Dio; “Tu ci hai creati per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (dice Agostino).

Ma questo è solo uno dei nomi biblici della salvezza. Un altro è quello, ad esempio, che descrive l’evento fondante della coscienza religiosa di Israele: l’Esodo, la fuoriuscita non dalla propria casa, come per Abramo, ma dalla casa straniera, dall’Egitto, casa di servitù. Ed ecco allora l’altro nome, il grande nome biblico della salvezza: liberazione! Dalla terra straniera alla terra promessa, dalla dipendenza alla indipendenza, dalla alienazione alla autonomia, dalla servitù alla libertà. “Non sei più servo ma figlio, e se sei figlio sei anche erede” (scrive Paolo ai Galati), e se sei erede, sei libero! Ecco che cosa significa salvezza: significa accedere alla libertà, diventare liberi, che nella Bibbia va di pari passo con il diventare figli e figlie di Dio, tanto che – al capitolo 8 della lettera ai Romani – si parla della “gloriosa libertà dei figli di Dio”. Ma anche questo – liberazione, libertà – è solo uno dei nomi biblico della salvezza.

Nei profeti ne troviamo un altro, anch’esso fondamentale e ricorrente nella storia del popolo di Dio non solo nella Bibbia, ma anche dopo fino ai nostri giorni: questo nome è “conversione, volgersi a Dio, tornare a lui”. “Volgetevi a me e sarete salvi, paesi tutti della terra” (dice in Isaia al capitolo 45).  “O Israele, torna all’Eterno, al tuo Dio. Perché tu sei caduto per la tua iniquità. Prendete con voi delle parole e tornate all’Eterno” (dice Osea al capitolo 14). Per Abramo, salvezza significa partire, per i profeti salvezza significa tornare a Dio, guardare di nuovo nella sua direzione, volgersi a lui. Tornare a Dio, perché ce ne allontaniamo continuamente, senza neppure accorgercene, lo dimentichiamo, dimentichiamo i suoi comandamenti e le sue promesse. Tornare a Dio, perché improvvisamente ci accorgiamo di essere soli, di averlo perso di vista, ritrovare lui per ritrovare noi stessi, tornare a lui per ritrovare anche il prossimo che avevamo perso, trascurato, dimenticato. Tornare a Dio: ecco un altro grande nome biblico per indicare la salvezza.

Ed anche nel Nuovo Testamento troviamo la stessa pluralità di nomi per descrivere la salvezza. Lo stesso nome di Gesù, come sapete, significa “Dio salva”, il nome stesso lo identifica come Salvatore. Gesù è il salvatore e il racconto della sua vita è la descrizione di questa salvezza in atto, ma appunto, essa assume molti nomi diversi, proprio come nella storia e nella esperienza del popolo di Israele. Così salvezza significa per uno guarigione del corpo, per un altro guarigione della mente, per un altro è perdono dei peccati e liberazione dell’anima, per un altro è abbandonare ogni cosa e seguire Gesù, per un altro è risurrezione dei morti, per un altro è non essere lontani dal regno di Dio. Una salvezza unica, che però è espressa e vissuta in molti modi diversi. Per il pubblicano salvezza significava essere liberato dai propri peccati, per il fariseo significava essere liberato dalla propria giustizia. Un unico Salvatore, un’unica salvezza, che però assume molti nomi diversi all’interno della stessa rivelazione biblica e ancora di più all’interno dell’esperienza religiosa, tanto variegata, dell’umanità. Ma i nomi della salvezza non contraddicono la sua unicità, né contraddicono l’unicità del Salvatore. La salvezza è un nome che ne contiene molti altri.

Una delle caratteristiche salienti del ministero di Gesù è stata quella di allargare gli spazi della salvezza. Egli ha incluso tra i salvati coloro che le autorità religiose del tempo avevano escluso dalla comunità. Esempio tipico Zaccheo, il pubblicano, nella cui casa Gesù entra e dice: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”. Zaccheo era un escluso, Gesù lo include. Gli spazi della salvezza sono più ampi. Lo stesso accadrà più tardi con Paolo e le autorità di Gerusalemme che dicevano: “Per essere salvati occorre essere circoncisi”. E Paolo replica: “No, si è salvati anche senza circoncisione”. Lo stesso apostolo Pietro pensava che lo Spirito santo non sarebbe stato dato ai pagani, e invece – dopo il famoso incontro con Cornelio al capitolo 10 degli Atti degli Apostoli – ha dovuto lui stesso convertirsi e ammettere che gli spazi della salvezza sono più ampi di quelli che lui pensava. Dio è più ecumenico della Chiesa, il suo cuore è più grande di quello della chiesa.

Ma non sono solo gli spazi più ampi di quello che pensiamo; essi sono anche diversi da quello che pensiamo. La salvezza nella Bibbia è accompagnata da diverse sorprese. Molti primi saranno ultimi, molti ultimi, primi. C’é più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per 99 giusti che non hanno bisogno di ravvedimento. Di un pagano, un centurione romano, Gesù dice: “In nessuno in Israele ho trovato tanta fede come in questo pagano. Ora io vi dico che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli”. In verità, gli spazi della salvezza sono diversi da quelli che pensiamo.

Quindi la salvezza si può esprimere in tanti modi, è oltre i nostri limitati confini e le nostre logiche. Ma la via è una: per Gesù non ci sono molte vie di salvezza, ce ne è una sola: fare la volontà di Dio. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore! entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. E questa volontà di Dio è ben manifestata nella predicazione e nelle opere di Gesù, per esempio nel Sermone sul monte, nelle parabole, nei miracoli, nella sua passione, morte e risurrezione. Il criterio fondamentale della salvezza, secondo Gesù, non è l’appartenenza ecclesiastica o religiosa, ma è la volontà di Dio fatta o non fatta.

E’ volontà di Dio che non si uccida, non solo con la spada, ma neppure con la parola: è volontà di Dio che si pratichi la non-violenza, che non si facciano giuramenti, che si amino persino i nemici, che non si accumulino ricchezze e non si serva Mammona anziché Dio; è volontà di Dio che si viva l’oggi con serenità, senza l’incubo per il domani; è volontà di Dio non giudicare il prossimo, non criticare la pagliuzza che c’è nell’occhio del prossimo senza scorgere la trave che c’è nel proprio; è volontà di Dio vivere secondo le Beatitudini, nutrire chi ha fame, visitare i malati e i carcerati, accogliere gli stranieri. Chi fa la volontà di Dio sarà salvato, cristiano o non cristiano che sia. Chi non fa la volontà di Dio, non sarà salvato, cristiano o non cristiano che sia.

Allora è inutile essere cristiani?

SI, se non si fa la volontà di Dio è inutile esserlo. Ma se sei cristiano e la farai, dice Gesù, sarai perfetto come è perfetto il Padre nei cieli. Ma ricordiamoci: la salvezza di Dio è più ampia, più ecumenica, diversa da come la si pensa comunemente, perché si rivolge all’uomo in quanto tale, aldilà di ogni appartenenza.

Infine: “Noi siamo salvati in speranza” dice l’apostolo Paolo, come per dire che la salvezza è data, è perfettamente compiuta per quanto riguarda l’opera di Dio, ma non ancora per quanto riguarda l’opera nostra. Difatti Paolo esorta gli abitanti di Filippi a “adoperarsi al compimento della loro salvezza con timore e tremore”; non abbiamo ancora raggiunto la “meta”, sempre per usare il vocabolario di Paolo, che dice: “Proseguo il percorso, se mai io possa afferrare il premio”. La salvezza è un cammino, un pellegrinaggio, un viaggio; noi siamo un progetto ancora incompiuto, ma siamo un progetto di Dio, per questo sappiamo che sarà portato a compimento.

“Non è ancora reso manifesto quel che saremo”, non lo sappiamo neppure noi. La salvezza è un segreto, un segreto da scoprire: io sono salvato, tu sei salvata, questo è il segreto della nostra vita. Questa certezza non è una bandiera da agitare, o un prodotto da vendere, e neppure una verità da propagandare e quasi imporre all’accettazione di tutti; no, piuttosto è una continua scoperta, un affidamento sereno, una fiducia ed un coraggio inattesi.

Nel libro dell’Apocalisse, al capitolo 2, si legge: “A chi vince io darò della manna nascosta e una piccola pietra bianca, sulla quale è scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve”. La salvezza è un segreto, il segreto della vita di ogni creatura umana. E questo segreto è tutto racchiuso in un nome, scritto su una piccola pietra bianca. E quando verrà l’ora della rivelazione, quando sarà tolto il velo che copre i nostri occhi e vedremo faccia a faccia, quando saranno svelati tutti i misteri e tutti i segreti, allora tutte le creature umane prenderanno in mano la loro piccola pietra bianca, e leggeranno il nome che c’è scritto sopra, e si rallegreranno perché su ogni pietra c’è scritto lo stesso nome. La salvezza è un segreto – il segreto di un nome – da scoprire e custodire per l’eternità. Dio lo voglia per tutti noi. AMEN.

Fabio Barzon