LAVORO

Tra 28 aprile, primo maggio, 4 maggio…

Care sorelle e cari fratelli,

vorrei dialogare con voi oggi, in questo giorno tra il 28 aprile, giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro; il primo maggio, festa dei lavoratori; il 4 maggio, data simbolo per l’inizio della “Fase 2”.
In questi mesi abbiamo riflettuto più o meno consapevolmente sul lavoro: alcuni e alcune di noi hanno potuto continuare a lavorare da casa, altri sono stati costretti ad interrompere la propria attività lavorativa, altri la hanno vista modificarsi più volte. Alcuni e alcune di noi hanno perso il lavoro, sono stati licenziati o il loro contratto non è stato rinnovato. Alcuni e alcune di noi stanno lavorando confrontandosi giorno dopo giorno con responsabilità e attenzione in un lavoro che mette a rischio la propria salute occupandosi della salute e delle necessità delle altre persone. E poi ci sono gli studenti, un lavoro particolare il loro; i pensionati, che pur non lavorando attivamente fanno parte della nostra riflessione; le donne e gli uomini che non hanno un lavoro esterno alla famiglia; le tante persone disoccupate per le quali è ancora più difficile in questa situazione avere fiducia nel futuro. Il lavoro non è solo necessario per la sussistenza, il lavoro è anche un servizio reciproco, un modo per esprimere le nostre capacità e le nostre idee, anche se a volte il lavoro che svolgiamo non è quello che ci sarebbe piaciuto, anche se non sempre siamo nella condizione di poterci esprimere nel lavoro, anche se non sempre vengono riconosciute e valorizzate le nostre capacità.
Riflettere da cristiani sul lavoro in questi giorni, significa allora raccoglierci nuovamente intorno alla Parola; riappropriarci del progetto di Dio per l’umanità, un progetto che ci viene affidato insieme al dono della terra; confessare la nostra incapacità di occuparci gli uni e le une degli altri e delle altre; lodare Dio per le continue opportunità in cui possiamo testimoniare con le nostre parole, ma anche con le nostre scelte e le nostre azioni, la necessità di giustizia, verità, rispetto, dignità in ogni nostra relazione, in ogni rapporto di lavoro. Chiediamo a Dio di guidare la nostra riflessione, sostenere il nostro impegno, rinnovare la nostra speranza.

Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi; riempite la terra, rendetevela soggetta (Genesi 1,27s)
Dio il Signore prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. (Genesi 2,15)
Ricòrdati del giorno del riposo per santificarlo. Lavora sei giorni e fa’ tutto il tuo lavoro, ma il settimo è giorno di riposo, consacrato al Signore Dio tuo; non fare in esso nessun lavoro ordinario … ; poiché in sei giorni il Signore fece i cieli, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e si riposò il settimo giorno; perciò il Signore ha benedetto il giorno del riposo e lo ha santificato. (Es 20,8-11)

Ringraziamo Dio
– per il dono della vita, per l’essere stati fatti a sua immagine
– per le abilità, l’inventiva, l’intraprendenza… e per il riposo
– per il dono della terra e delle sue risorse, per le piante e gli animali: sono per noi un bene da preservare e custodire, in cui lavorare e da amministrare con responsabilità
– per la nostra partecipazione alla sua opera a favore degli esseri umani e di ogni creatura
– perché in Gesù ci riconcilia con Lui, con la creazione, con gli altri e le altre: non siamo soli nel mondo che ci ha donato

GIOBBE 28
«Ha una miniera l’argento, e l’oro un luogo dove lo si affina.
Il ferro si cava dal suolo, e la pietra fusa dà il rame.
L’uomo ha posto fine alle tenebre, egli esplora i più profondi recessi,
per trovare le pietre che sono nel buio, nell’ombra di morte.
Scava un pozzo lontano dall’abitato;
il piede più non serve a quelli che vi lavorano;
sono sospesi, oscillano lontano dai mortali.
Dalla terra esce il pane, ma, nelle sue viscere, è sconvolta come dal fuoco.
Le sue rocce sono la sede dello zaffiro, e vi si trova la polvere d’oro. (…)
L’uomo stende la mano sul granito, rovescia dalle radici le montagne.
Pratica trafori dentro le rocce, e l’occhio suo scorge quanto c’è di prezioso.
Frena le acque perché non gemano e trae fuori alla luce le cose nascoste.
Ma la saggezza, dove trovarla? Dov’è il luogo dell’intelligenza?
L’uomo non ne sa la via, non la si trova sulla terra dei viventi. (…)
Non la si ottiene in cambio d’oro, né la si compra a peso d’argento. (…)
Dio solo conosce la via che vi conduce, egli solo sa il luogo dove risiede,
perché il suo sguardo giunge fino alle estremità della terra,
perch’egli vede tutto quello che è sotto i cieli.
Quando regolò il peso del vento e fissò la misura delle acque,
quando diede una legge alla pioggia e tracciò la strada al lampo dei tuoni,
allora la vide e la rivelò, la stabilì e anche l’investigò.
E disse all’uomo: “Ecco, temere il Signore, questa è saggezza, fuggire il male è intelligenza”».

Quale sarebbe la reazione di Giobbe se potesse assistere ad una giornata di lavoro nei cantieri o nei laboratori del nostro tempo? Sicuramente lui saprebbe stupirsi, saprebbe ringraziare riconoscente il Signore per quanto accade, per tutto quello che conosciamo, per le opportunità che la ricerca offre, per l’ingegno con cui l’essere umano sa progettare e realizzare, trovare e usare i materiali più adatti ad ogni strumento, ad ogni costruzione.
L’uomo ha posto fine alle tenebre… dalla terra esce il pane… l’uomo rovescia dalle radici le montagne… pratica trafori dentro le rocce… frena le acque… trae le cose nascoste fuori, alla luce.
Grandi meraviglie, grandi scoperte, grandi invenzioni. Ma anche grandi rischi. Si, perché la curiosità che porta alla scoperta, la conoscenza che sostiene la ricerca, l’ingegno che permette la costruzione, hanno bisogno di saggezza e intelligenza. Ogni lavoro e ogni attività non sono fini a se stessi. Siamo noi a decidere il come, il perché e il fine del nostro lavoro. Il contadino, l’operaio, l’insegnante, lo scrittore, il musicista, l’impiegato, il commerciante, l’autista, il ristoratore, l’operatore sanitario, l’artista, l’imprenditore, il collaboratore domestico, il giardiniere, anche il pastore o il diacono… tutti e tutte siamo chiamati a lavorare con saggezza e intelligenza.
Soprattutto in tempo di crisi potremmo essere tentati di pensare che le nostre abilità, le nostre capacità, le opportunità di cui godiamo, siano da usare solo per noi e per il nostro benessere. Potremmo dimenticare che siamo tutti parte di un’unica rete e basta che venga meno un solo nodo perché ci sia un buco. Potremmo convincerci egoisticamente che ci siano tipologie di lavoro più o meno importanti; che alcuni abbiano diritto a maggiore sostegno rispetto ad altri; che le leggi che ci impongono distanziamento e controlli siano esagerate…
È difficile unire nelle nostre riflessioni i vari aspetti del problema anche perché non su tutti possiamo intervenire. Eppure Giobbe ha ragione.
Giobbe, dopo aver considerato i grandi progressi della tecnica del suo tempo, in particolare nel campo dell’estrazione mineraria, riconosce che senza saggezza e intelligenza, a poco vale l’ingegno umano. Abbiamo bisogno di competenze, conoscenze, abilità… ma abbiamo bisogno anche di essere saggi, di quella saggezza che va oltre noi e che ci fa scoprire parte dell’umanità che partecipa, per grazia, ad un unico progetto di vita, non nostro, ma del Creatore. Abbiamo bisogno di intelligenza per distinguere il bene dal male, per aprirci dall’io al noi, per resistere all’egoismo e ricercare giustizia, dignità, vita non solo per noi, ma per tutte e tutti. In questo modo è possibile, anche nei limiti del nostro ambito personale, testimoniare la realtà di nuovi rapporti, la concretezza di una speranza che vuole coinvolgerci e renderci protagonisti.
Saggezza e intelligenza non si comprano e non si raggiungono con anni di studio. Nella Bibbia saggezza e intelligenza sono un dono di Dio. È Dio l’unico saggio e l’unico intelligente: è lui che ha mostrato saggezza e intelligenza nel realizzare ogni elemento del nostro mondo, nell’elaborare un progetto che garantisse l’esistenza e la vita delle sue creature.
Temere il Signore è la vera saggezza, non avere paura di lui, ma riconoscerlo come Dio, riconoscere la sua opera verso di noi. Fuggire il male è la vera intelligenza, e il male ha tante facce, anche quella della discriminazione, del pregiudizio, della disoccupazione, della disparità di stipendio tra uomo e donna, del lavoro nero, dell’evasione fiscale, dello sfruttamento, della mancata solidarietà.
Siamo saggi e intelligenti: temiamo il Signore e fuggiamo il male.

Che la bontà di Dio sia su di noi: che Egli faccia prosperare l’opera delle nostre mani.
Dio ci ha dato libertà e risorse: investiamo i suoi doni, non li sperperiamo.
Dio ci ha dato talenti e capacità: moltiplichiamo il bene nel mondo.
Dio ci ha mostrato la via della vera ricchezza: per amore ci ha donato suo Figlio.
Che la bontà di Dio sia su di noi: che Egli faccia prosperare l’opera delle nostre mani.

Past. Daniela Santoro