Lettera ai Romani 12,17-21

Non rendete a nessuno male per male. Impegnatevi a fare il bene davanti a tutti gli uomini.
Se è possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini.
Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all’ira di Dio;
poiché sta scritto: «A me la vendetta; io darò la retribuzione», dice il Signore.
Anzi, «se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare; se ha sete, dagli da bere;
poiché, facendo così, tu radunerai dei carboni accesi sul suo capo».
Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene.
(Romani 12,17-21)

Male, bene, vendetta, ira, pace…
Per quanto ognuno di noi ricerchi una vita tranquilla, in pace con tutti e tutte, ci sono momenti in cui, anche per banalità, ci ritroviamo in disaccordo, litighiamo, siamo costretti a subire dei torti, o dobbiamo lottare per evitare di essere oggetto di violenza, di abuso, di prevaricazione.
Quante volte ci siamo detti: lascia perdere, perdona, fa’ finta di niente… e quante altre volte non ce l’abbiamo fatta e abbiamo reagito, anche solo chiedendo spiegazioni ed esigendo delle scuse… non ci piace essere presi in giro, non ci piace essere considerati degli ingenui e soprattutto non ci piace che il nostro perdonare o evitare lo scontro sia considerato debolezza.

Le parole di Paolo ci interrogano su un aspetto molto concreto della nostra fede: in che modo la nostra fede determina il nostro rapporto con gli altri e le altre, e il nostro comportamento? In che cosa ci differenziamo dagli altri?
In effetti Paolo inizia questa parte della sua lettera sottolineando che siamo in tutto e per tutto uguali agli altri umani: tutti e tutte sperimentiamo il male. Un male che a livelli diversi invade le nostre vite senza distinzioni. Un male che mette in dubbio la bontà del genere umano e a volte anche dell’amore che Dio ci dona e a cui ci chiama. Ci sentiamo minacciati, e non solo dagli estranei, ma anche da chi conosciamo e da chi ci conosce; abbiamo paura, paura di essere ingannati, sfruttati, danneggiati, delusi… E così per lo più stiamo sulla difensiva, pronti a reagire al minimo accenno di prevaricazione, attenti a non oltrepassare la soglia di sicurezza.

Paolo ci conosce bene. Non a caso sottolinea: “Per quanto dipende da voi”. Perché è vero, a volte noi vorremmo, avremmo le migliori intenzioni di vivere in pace, ma sono gli altri che ci frenano o ci ostacolano. E questa sottolineatura, per quanto dipende da voi, scritta per incoraggiarci, diventa la nostra scusa ideale: io vorrei, ma gli altri me lo impediscono.
Ma è proprio vero che facciamo tutto il possibile per vivere in pace? Per costruire situazioni e rapporti giusti? Ci impegniamo a non rendere male per male e, anzi, a mettere in pratica le indicazioni di Gesù ad amare chi ci fa del male e pregare per chi ci perseguita? O mettere in pratica le indicazioni dell’Antico Testamento, citate da Paolo, mettendoci al servizio dei nostri nemici?
Umanamente non ce la possiamo fare. È praticamente impossibile, è una lotta contro noi stessi e contro la razionalità dare fiducia a chi ci ha più volte traditi e ha approfittato della nostra buona fede; o fare il primo passo per aiutare chi non esiterebbe a metterci i bastoni fra le ruote; o rispondere amichevolmente a chi non perde occasione di metterci in ridicolo e parlare male di noi mentendo, facendo insinuazioni, minacciando… Testimoniare diventa allora una lotta. E anche Paolo ne è convinto. La fede per quanto sia consolazione, speranza, sostegno, è anche un andare contro: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene”.

È una lotta vera, non simbolica. E Gesù ce lo ha dimostrato. Il proposito di vivere in pace, di amare i nemici, di testimoniare la speranza certa di una nuova vita e di nuovi rapporti, lo ha portato alla morte. Eppure, nonostante non si sia ribellato e non abbia risposto al male ricevuto, Gesù non è mai apparso passivo o rassegnato, anzi, ha sempre reagito spiazzando i suoi interlocutori, testimoniando fino in fondo la volontà di Dio, e spingendo alla riflessione; non ha evitato le persone indesiderabili, ma le ha accolte, indistintamente; è stato tradito e abbandonato non solo da coloro che ce l’avevano con lui, ma anche da chi gli era stato più vicino… eppure proprio a queste persone si è rivolto dopo la resurrezione; le sue ultime parole sono state di perdono e intercessione per chi non aveva saputo scorgere nella sua testimonianza la presenza di Dio. Fino alla fine ha mostrato che è possibile un mondo in cui i rapporti fra le persone siano improntati non al tornaconto personale, ma alla pace; siano guidati dall’amore. Gesù ha vinto il male con il bene. Ha vinto il male proprio dell’umanità, testimoniando il bene che Dio dona all’umanità.
È questa la nostra carta vincente, la nostra arma segreta. Per qualsiasi male dobbiamo affrontare, Dio ci fornisce una riserva di amore e speranza. Ci invita a demolire, pezzettino per pezzettino, il male che ci circonda; e a costruire, pezzettino per pezzettino, un bene universale che oltrepassa il tempo e lo spazio, per raggiungere il regno di Dio già adesso.

Eppure queste parole, le parole di Paolo, e prima ancora di Gesù, e prima ancora di Dio nell’Antico Testamento, continuano a lasciarci incerti, potrebbero sembrare un invito a subire il male e a perdonare nella speranza che non reagendo, amando e perdonando, chi ci ferisce possa pentirsi e cambiare atteggiamento… Ma sappiamo per esperienza che se lasciamo correre, la prossima volta la batosta sarà più grande.
E ancora una volta Paolo sembra prevedere le nostre obiezioni: “miei cari, non fate le vostre vendette, ma cedete il posto all’ira di Dio”.
Testimoniare la volontà di Dio, non significa far finta di niente, dimenticare, prestarsi come bersaglio. Noi non rendiamo male per male, viviamo in pace, rinunciamo alla vendetta, per lasciare posto all’ira di Dio. Perché se è vero che Dio è misericordioso, è anche vero che Dio è un Dio geloso, è un Dio che non dimentica il male che chi crede in lui subisce a causa della giustizia. E questo male lui lo annienta, come ha annientato il potere della sofferenza, del tradimento, della paura, della morte nella resurrezione di Gesù. Noi siamo chiamati a testimoniare nuovi rapporti sapendo che Dio vendicherà smascherando e distruggendo quello che si oppone al suo progetto di pace e amore. D’altra parte è l’amore che rende evidente l’odio; è la lealtà che rende evidente la slealtà; è la fiducia che rende evidente la sfiducia; è la mano tesa che rende evidente la mano tenuta in tasca. Ed è a questo che noi siamo chiamati: rendere visibile il male per poterlo insieme combattere.
Non demoralizziamoci. Non rassegniamoci. Non temiamo di testimoniare l’amore e la pace che Dio ci dona. Mostriamo al mondo i tanti aspetti del male che ci circonda e agiamo con speranza confidando nella promessa di Dio. Amen.

Past. Daniela Santoro

Il Dio della pazienza e della consolazione
vi conceda di aver tra di voi un medesimo sentimento secondo Cristo Gesù,
affinché di un solo animo e d’una stessa bocca
glorifichiate Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo.
Or il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede,
affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo.

(Lettera ai Romani 15,5-6.15)