Sermone: Non è mai troppo tardi

Luca 13,6-9

 

Care sorelle e cari fratelli,

vorrei iniziare questa nostra meditazione con una parola che, dopo 150 anni di storia, è una parola che ci costringe.

è troppo tardi.

Quante volte abbiamo ascoltato questa parola, questo verdetto. Lo abbiamo ascoltato, oppure lo abbiamo detto tante volte e ogni volta ci è sembrata una frase di giudizio e di condanna. È  troppo tardi vuole dire: non c’è più tempo, la situazione è irrevocabile, non si può fare nulla, tutto quello che era possibile è stato fatto e, se non è stato fatto, adesso non si può più rimediare, non si può tornare indietro per avere più tempo; le occasioni ci sono state e, se non sono state colte, adesso non si può fare nulla, non ci saranno nuove occasioni, il tempo è scaduto. È troppo tardi, lo diciamo spesso con rabbia, con rammarico; troppo tardi, è una frase che diciamo con tristezza perché ci accorgiamo che gli altri non hanno fatto quello che speravamo o ci rendiamo conto che noi stessi non abbiamo fatto nulla e le cose sono precipitate irrimediabilmente. Ora è troppo tardi! Troppo tardi allora indica delusione,  risentimento, disillusione ed è la frase di chi è vinto dalla vita, di chi non ha saputo cogliere le occasioni per cambiare, per fare nuove scelte o di chi ancora potrebbe ma si è costruito un alibi per non prendere decisioni e aspetta che le decisioni vengano prese dal tempo al suo posto dicendo: è troppo tardi! Dopo una lunga storia siamo in grado di accogliere ancora la vocazione di Dio o è tardi?

Ma cosa accade se questa parola, questo giudizio arriva a noi da Dio? Abbiamo mai pensato che Dio un giorno ci possa dire: basta, io con te finisco, è troppo tardi? No, non pensiamo alla morte, alla fine della nostra vita terrena, al troppo tardi dettato dalla biologia. Piuttosto pensiamo al nostro rapporto con Dio, e con gli altri, adesso, nel nostro tempo quotidiano, quando siamo convinti di avere sempre tempo, oggi se Dio ci dicesse: basta è troppo tardi, come reagiremmo? Infondo questa parola sembra quasi contraddire Dio stesso, o almeno l’immagine di Dio che abbiamo nella nostra mente, nel nostro cuore, nella nostra fede. Noi immaginiamo un Dio del tempo buono, un Dio che ha sempre tempo per noi e che offre sempre nuovo tempo, un Dio del: non è mai troppo tardi! Invece oggi arriva una parola anche dura, una parola che mette in guardia, una parola che chiama al ravvedimento, alla penitenza, alla consapevolezza di chi siamo. La Parola di Dio è una parola che ci pretende.

Dopo un racconto nel quale Gesù chiama al ravvedimento Luca colloca nel capitolo 13 del suo vangelo una parabola che, in questa forma, è sconosciuta agli altri vangeli e probabilmente Gesù utilizza, cambiandone il finale, un racconto popolare del suo tempo. Un contadino possedeva un vigneto e, come era consuetudine in quel tempo, nel vigneto venivano piantati anche alberi di frutto. Uno di questi alberi era un fico e, come si usava, era stato piantato sei anni prima; nei primi tre anni doveva crescere e si attendeva la sua maturità per cominciare a dare frutti, ma nei tre anni successivi avrebbe dovuto dare frutti, perché il contadino lo aveva curato, ma i frutti non erano mai giunti. Il contadino allora decide di sradicare l’albero inutile perché toglieva nutrimento alla vigna senza dare frutti a sua volta. Il vignaiolo però intercede in favore del fico e fa ciò che normalmente non si dovrebbe fare concede tempo al fico (rischiando di perdere tempo) e promette di prendersene cura concimandolo e zappando intorno al suo tronco, se anche tutto questo sarà inutile allora l’albero verrà tagliato via. Per l’albero non è tardi, ha ancora un’occasione ma il tempo adesso stringe, per lui c’è ancora una possibilità, una stagione sola, dopo di che sarà troppo tardi.

Nella metafora della parabola Dio viene nella sua terra per vedere di quali frutti siamo stati capaci. Egli ha già fatto tanto ha donato la sua parola prima nella legge, poi nei profeti e da sempre aspetta che gli uomini e le donne traggano insegnamento dalla sua parola per cambiare vita, per dare, cioè, frutti di giustizia, d’amore. Ogni volta però che Dio scende nella sua vigna, scopre amaramente che il suo albero non da frutti, che siamo ancora sterili, che non riusciamo a dare vita a frutti di pace. Sarebbe giusto sentire ora il giudizio di Dio: è tardi, tagliamolo via. Sarebbe il nuovo diluvio, la condanna di Sodoma e Gomorra, sarebbe la nuova deportazione verso Babilonia, la condanna giusta di Dio verso una generazione che non sa mettere a frutto il bene ricevuto da Dio, come la parola di condanna di Gesù contro quelle città impenitenti che, pur avendo ricevuto le opere e la parola del messia, non si sono ravvedute. Ora siamo pretesi da una parola che non solo ha fatto qualcosa per noi ma vuole fare qualcosa in noi e per noi.

Ma c’è ancora una parola, l’ultima, in favore nostro, in favore di uomini e donne che sono gli alberi di Dio nella sua vigna: aspettiamo ancora, io me ne prenderò cura. Chi parla è Gesù che dice: io mi prendo cura degli alberi sterili, mi prendo cura delle piante che non sanno più dare frutti e di quelle che non ci sono mai riuscite. Gesù è la cura di Dio e raggiunge soprattutto quelle piante più deboli delle altre perché troppo piccole o troppo malate; Gesù è la pazienza del tempo di Dio.

Gesù è il motivo per cui Dio rischia ancora con noi.

Gesù si prende cura di tutti e tutte noi proprio nel tempo nel quale sarebbe giusto sentire invece la voce della condanna di Dio. Gesù è la sorpresa di Dio, Gesù è la parola inaspettata di Dio.  È lui la sentenza di salvezza e libertà contro la sentenza della morte e della divisione del peccato.

Gesù trasforma il giudizio in grazia, in misericordia. Non sappiamo poi come andò a finire, se l’albero cioè diede poi frutto, non è importante perché adesso tocca a noi, noi siamo in questo tempo, la nostra vita è quell’anno nel quale Dio attende per poi verificare i nostri frutti. Forse non saremo tagliati via. È vero che Gesù è stato tagliato per noi e ci ha permesso di fare pace con Dio anche se non lo meritavamo, ma adesso rischiamo che sia troppo tardi, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione a Cristo affidandoci a lui ché venga a potarci e a renderci fertili nella sua parola perché lui è l’ultima parola di Dio per noi, è l’ultima occasione di Dio in nostro favore, senza Cristo rimaniamo senza speranza, se perdessimo questa occasione allora sarebbe veramente troppo tardi. Dopo 150 anni di storia possiamo continuare o ricominciare solo da Gesù Cristo: il sì di Dio e il suo giudizio.

Noi siamo disperatamente infruttuosi perché il bene ricevuto non diventa in noi un’opera che sappia trasformarci, non riusciamo a dare e fare tutto il bene ricevuto da Dio. Noi siamo infruttuosi, ovvero inutili disperatamente, mentre Dio è ricco di speranza al punto da darci il tempo della nuova occasione in Cristo. Cosa accadrà in questo tempo? Accade che in Dio si gioca una partita infinita tra la misericordia e il giudizio; da una parte c’è la misericordia di Dio che ha sempre vinto sul male e sul peccato, dall’altra il giudizio, la parola finale, il troppo tardi, la condanna e l’esclusione: chi non porterà frutto sarà cacciato e rimarrà fuori dal Regno e dalla pace di Dio. Da una parte la luce della speranza e dall’altra la minaccia del troppo tardi. In questa partita però prevale la decisione di Gesù, la scelta di Dio in nostro favore. In questa decisione si trova la pretesa di vita di Dio in nostro favore: non verrete tagliati via, il vostro tempo non è concluso, anzi ora avete la possibilità di dare frutti nuovi, maturi e duraturi perché siete custoditi, curati da Gesù che è il Cristo di Dio. Allora per prima cosa dobbiamo smettere di lamentarci. Se il giudizio si trasforma in misericordia allora basta con i lamenti e con le scuse. Non diciamo più: non è colpa mia, è che sono stato piantato male, il terreno non è buono, non mi hanno annaffiato, le altre piante sono più giovani, più forti, non cambierò mai, sono fatto così….

Non c’è più tempo per le scuse, nella partita tra giudizio e misericordia si stanno giocando i tempi supplementari e presto saranno finiti e allora verremo nuovamente visitati per verificare i nostri frutti, non le nostre idee, i nostri pensieri, le nostre possibilità, i nostri desideri; Dio verificherà i nostri frutti vorrà vedere cosa siamo stati capaci di fare col tempo in più che ci è stato concesso per grazia. Cosa avete fatto in questo: nel frattempo? Gesù vi ha curati e voi? Cosa avete fatto della speranza che vi ha donato, della fede che ha fatto crescere nei vostri cuori, della grazia di cui vi ha investiti, dei talenti di cui siete stati dotati, come siete cambiati da quando Gesù vi ha visitati?

I frutti che non ci sono oggi ci potranno essere domani, ma noi siamo sempre alberi incerti. Potremo dare nuovi frutti se ci affidiamo a Gesù, il potente vignaiolo che si prende cura di chi è sterile, vecchio, incapace.

Non è troppo tardi perché Gesù ha promesso che sarà con noi sino alla fine dell’età presente e quando sarà tardi, perché sarà conclusa l’età presente, forse avremo solo dei semi tra le mani e li porteremo a Dio e gli diremo in preghiera umile:

Padre io sono un albero, il tuo albero, ho vissuto lasciando che Gesù si prendesse cura di me e mi difendesse dagli animali e dalle intemperie della vita, io ho provato a dare frutti grandi e importanti ma ogni volta che provavo a riempire i miei rami di frutti grandi, saporiti, dolci, colorati, i miei rami si sono spezzati, oppure gli uccelli li hanno mangiati o si sono seccati in breve tempo; allora ho avuto paura che tu tornassi e mi dicessi: è troppo tardi tagliatelo via! Ma poi Gesù mi ha detto che i semi bastavano, che per i frutti saporiti ci avrebbe pensato lui, che per la perfezione ci sarebbe stata la sua grazia a completare l’opera, da me si aspettava solo i semi, i miei frutti sono i semi: il seme della benedizione che tu mi hai donato, il seme del perdono che Gesù mi ha donato, il seme della bontà e dell’amore che mi ha fatto crescere, il seme della giustizia che ha il volto di Dio, il seme della pace che non avrà mai fine. Potrò anche essere tagliato ma i semi cadranno in terrà e faranno crescere altri alberi. Padre prendi questi semi e rendili fertili e spargili sulla terra.

Ecco i nostri semi preziosi, piccoli ma preziosi, sono frutti che il mondo non conosce ma che possiamo donare. Non è troppo tardi, per i semi di Dio non è mai troppo tardi con Gesù. Amen

Luca Anziani