Sermone: OGNI GIORNO RINASCIAMO AD UNA SPERANZA VIVA!

1Pietro 1,3-9  –  Colossesi 2,12-15

 “Ha spogliato i principati e le potenze, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro per mezzo della croce” (Colossesi 2,15).

Fratelli e sorelle, quanto è forte e incredibile questo passo! Sì, avete sentito bene, incredibile: incredibile perché non è questa la realtà a cui siamo abituati, la realtà a cui noi stessi spesso ci sottomettiamo. Chi di noi può veramente affermare di vivere una vita totalmente coerente con quanto è scritto nell’epistola ai Colossesi? Eppure Gesù ha spogliato i principati e le potenze e lo ha fatto una volta per tutte: cioè ha reso evidente cosa sono e cosa fanno: come dice Colossesi, ne “ha fatto un pubblico spettacolo”. Da duemila anni, ormai, si tratta di uno spettacolo che potrebbe essere evidente per tutti, eppure noi siamo ancora ciechi o timorosi di denunciare quello che vediamo, nonostante questo passo, come molti altri, sia stato scritto proprio per darci la forza e il coraggio di tornare come bambini e come loro avere la capacità e l’ingenuità di porci di fronte al potere del male che ci circonda con franchezza.

Conoscete la favola di Andersen sui vestiti del re? Si tratta della storia di un re, molto vanitoso, che spendeva tutti i suoi soldi per comprarsi magnifici vestiti; ne aveva di tutti i generi e di tutti i colori, di tutte le stoffe e provenienti da tutti i Paesi del mondo. Anche noi abbiamo la passione per gli oggetti che ci fanno apparire belli, importanti, realizzati, i nostri telefonini, le automobili, i televisori, oppure le case e perfino i titoli di studio. Anche noi siamo appagati dall’apparenza, invece che cercare la vera sostanza. Nel paese del re della nostra favola, un giorno arrivarono due uomini, che dissero di essere due sarti molto famosi e che avrebbero confezionato un abito unico al mondo per il re. Un vestito magico che avrebbero potuto vedere solo gli intelligenti o le persone importanti, quelli che contavano nella vita. Un vestito che sarebbe stato visto solo dalle persone superiori. Naturalmente il re si entusiasmò subito moltissimo e fornì ai due sarti tutto l’occorrente che avevano chiesto: cioè tanti sacchi di filo d’oro, sete in gran quantità e bottoni in madreperla, che i due imbroglioni posero in due grosse borse e che nascosero. I due montarono un telaio e cominciarono a far finta di lavorare, perché, forse lo avete già capito, non avevano alcuna intenzione di fare un vestito per il re, ma solo di imbrogliarlo facendo leva sulla sua vanità. Il mattino dopo il primo ministro andò a vedere il vestito; naturalmente non vide nulla, ma non volendo fare brutta figura, disse che si trattava di un vestito bellissimo. Successivamente si recò dai due sarti lo stesso re e anche lui non vide nulla, ovviamente, ma non voleva essere da meno del suo ministro e quindi anche lui disse che il vestito era bellissimo. I due imbroglioni gli proposero di indossarlo il giorno dopo in una parata solenne. Il re acconsentì. Nelle piazze e nelle strade accorse tutto il popolo, sia perché si trattava di una festa importante, sia perché voleva vedere l’abito magico del re. Quando il re arrivò, scese il silenzio: tutti vedevano che era in mutande, ma nessuno osava dire niente, sia perché non volevano offendere il re, ma soprattutto perché ognuno temeva di essere l’unico a non vedere nulla. Finché un bambino gridò: “Guarda papà, il re è nudo!”

Il re è nudo. Come i principati e le potenze di cui parla l’epistola che abbiamo letto oggi. Nudo. Ma nessuno aveva avuto il coraggio di dirlo, così come, nella nostra società il più delle volte non osiamo alzare la voce per denunciare quello che vediamo.

Ma Gesù, ci ricorda l’autore dell’epistola, ha trionfato. Sì, fratelli e sorelle, ha trionfato, ma non utilizzando i nostri mezzi, cioè non con la forza, con il potere o il denaro, ma con la croce. Gesù ha trionfato su principati e potenze per mezzo della croce. Della croce, fratelli e sorelle! Della croce. Quando riusciremo a prendere sul serio questo messaggio? Quanto è lontana la croce dalle nostre esistenze? Quanta fatica facciamo a farla nostra? Quanta indifferenza abbiamo nei confronti della sequela di Cristo perfino noi che ci dichiariamo cristiani e che veniamo con regolarità in chiesa, che cerchiamo di essere fedeli e di impegnarci per la nostra chiesa. Ma quanto ci teniamo lontani dalla croce! Quanto è difficile liberarci da questa gabbia che ci imprigiona e che ci fa preferire la via larga e comoda, piuttosto che affrontare quella stretta e tutta in salita che il Signore ci ha indicato. Siamo circondati dal male, ma ne siamo anche sedotti e ammaliati.

Ma il Signore non si stanca mai di darci ancora e ancora nuove possibilità, come dice l’epistola di Pietro, ci permette di rinascere ad una speranza viva mediante la resurrezione di Gesù Cristo. Una speranza viva, non qualcosa di teorico, qualcosa di mistico o di esclusivamente spirituale! Una speranza viva che segna i nostri corpi e le nostre esistenze. Noi che eravamo morti a causa dei nostri peccati, noi che eravamo già condannati, siamo stati vivificati.

Sì, fratelli e sorelle, vivificati. Cioè abbiamo ricevuto una nuova vita, o come dice Pietro, una nuova speranza. Di fronte all’evidenza di quello che Colossesi chiama “il documento a noi ostile”, siamo perdonati e possiamo credere che insieme a Gesù abbiamo vinto la morte. Sì, abbiamo vinto la morte.

Non è facile parlare oggi di resurrezione: sembra una realtà lontana, lontanissima, dalla nostra esistenza quotidiana. Anche all’interno delle nostre stesse chiese, qualcuno fa fatica. Non riesce a credere a questo evento che trascende totalmente le nostre esistenze. Come credere che un uomo, un uomo qualunque abbia potuto risorgere dopo la morte? Come immaginare un’ipotesi così lontana dalle nostre esperienze quotidiane? Ma Gesù non era un uomo qualunque. La nostra fede si poggia proprio su questo. Gesù era il Figlio di Dio e se crediamo a questo e se su questo abbiamo fondato le nostre vite, o proviamo a farlo, allora dobbiamo interrogarci, profondamente, su cosa significhi per noi, per ognuno e ognuna di noi credere in Gesù Cristo.

Egli ci chiama e ci incoraggia, non vuole essere ridimensionato ad un buon predicatore, un maestro di vita, una guida spirituale. No, Gesù era il Figlio di Dio ed è morto sulla croce per tutti e tutte noi ed è risorto il terzo giorno per tutti e tutte noi: è a questo che siamo chiamati a credere, nulla di più e nulla di meno. Anche se è evidente che la nostra vita, al contrario, è circondata dalla morte. È per questo che facciamo fatica a credere nella resurrezione. Nulla, nella nostra vita concreta ce ne parla; i nostri goffi tentativi di apparire giovani e di allungare la vita non fanno che sottolineare che invece siamo mortali e abbiamo grandissima paura della nostra fine. La tentazione di rifiutare la nostra unica possibilità di vita a causa del nostro grande attaccamento a questa nostra esistenza è fortissima, ma non dobbiamo temere! Gesù, infatti, si è fatto essere umano esattamente come me e come tutti e tutte voi. Ha conosciuto la nostra vita, i nostri dolori, le nostre gioie, ha provato la fame, la sete, il piacere della tavola e dell’amicizia; un uomo che ha conosciuto la tentazione ed è entrato nella storia: un uomo completo e potremmo dire normale.

E quando sentiamo il desiderio di rifiutare la nuova vita che ci dona il Signore, perché siamo attaccati alla nostra vecchia esistenza piena di morte e di dolore, quando rifiutiamo di lasciarci convertire e di guardare con occhi rinnovati i principati e i potenti, non dobbiamo dimenticare che il Signore ci ama e ci ha amati al punto da divenire come noi, al punto da affrontare la nostra più grande paura, la morte, e non una morte qualsiasi, ma la morte di croce. Pur di liberarci dal nostro peccato, è venuto sulla terra e ha cancellato anche la traccia del nostro peccato. Quale dono maggiore poteva farci? E quindi lasciamo la nostra paura e affidiamoci con cuore riconoscente alla possibilità di vita che ci è concessa, una volta per tutte, dalla croce di Gesù.

Fratelli, sorelle se il nostro essere venuti fin qui non è vano, apriamo i nostri cuori alla gioia e alla speranza: il Signore vede il male nel quale viviamo, nel quale siamo immersi, lo conosce, ma ha scelto di darci la vita e ha trionfato sulla morte, sulla nostra morte, attraverso la sua resurrezione.

Il Signore ci doni occhi per vedere i nostri peccati e cuori per accogliere la sua luce vivificante, in modo da poter con gioia profonda vivere fino in fondo il canto di lode innalzato da Pietro: “Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti”.    Amen!

Erica Sfredda