Sermone: Santificazione

Oggi terminiamo il ciclo di cinque predicazioni sui mandati che Dio da alla sua chiesa. Abbiamo parlato di adorazione, servizio, evangelizzazione e comunione. Oggi vorrei riprendere con voi un testo biblico che abbiamo già esaminato e vederlo sotto un nuovo aspetto.

L’ultima parola di Gesù ai suoi discepoli è riportata alla fine del vangelo di Matteo: (Mt 28,19-20)

Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente».

Abbiamo già letto queste parole quando abbiamo parlato dell’evangelizzazione. Ma il momento in cui si porta la buona novella nel mondo è abbastanza breve, contenuto nel tempo. Dopo inizia il cammino. È facile diventare cristiani. È facile sentirsi convinti di voler fare un passo che, sì, è importante, ma è pur sempre solo il primo passo. Dopo inizia il cammino. Chi diventa discepolo di Gesù ha bisogno di crescere nella fede. E dove si cresce? Nella comunità, nella comunione dei fratelli e delle sorelle di chiesa che forse hanno già fatto due o tre passi in più e possono aiutare.

Talvolta la gente mi guarda strano quando racconto che facciamo dei percorsi di catechismo di uno, due o anche più anni. Non possono immaginare che ci sarebbero tanti temi da affrontare nell’ambito della chiesa. E alla fine abbiamo sempre ancora l’impressione che non basti ancora. Nel corso dell’ultimo Sinodo qualcuno ha addirittura sostenuto che si dovrebbe aumentare il tempo del catecumenato. Non sono d’accordo, se si considera che il catechismo è spesso qualcosa che viene gestito tra il pastore e i singoli catecumeni. Se ci va bene sarà un gruppetto piccolino ma è sempre legato in qualche modo alla figura pastorale. Io penso invece che dobbiamo riscoprire la capacità di crescere insieme nella fede. Non dobbiamo vivere nell’illusione che un pastore potrebbe insegnare la fede a qualcuno  e che dopo l’ammissione in chiesa tutto funzioni senza alcuna fatica. No, non funziona così.

C’è un primo passo. Nel nostro testo è chiamato battesimo, nel contesto della nostra chiesa potremmo chiamarlo ammissione. Ma il primo passo non è ancora la meta. Come i bambini crescono lentamente e cambiano le loro idee e i comportamenti infantili, così possiamo anche noi cristiani crescere nella fede. John Wesley ha chiamato questo processo “santificazione”. Possiamo diventare santi. Che non vuol dire che ci cresce l’aureola e che ci comportiamo in modo assolutamente pio e impeccabile. Semplicemente che cerchiamo di diventare in qualche modo più simili a Gesù. Anche John Wesley ha dovuto accettare il fatto di non essere mai diventato totalmente santo, anche se lui credeva per un periodo di poter riuscirci. Lui ha fatto di tutto per essere un perfetto discepolo di Gesù. Non è mai diventato un santo nel senso di un perfetto. Perché non siamo perfetti. Ma Wesley ha fatto tanti passi su questa strada della crescita, della santificazione e ha aiutato tante persone a compiere a loro volta dei passi.

Forse è scoraggiante guardare subito a una figura come Wesley. Per questo guardiamo ancora una volta alle persone normali e soprattutto ai principianti nella fede. Mi affascina molto parlare con i bambini della fede. Loro si rapportano ai racconti biblici in modo così puro e spesso hanno una grandissima fiducia in quelle parole. Però la loro fede ha bisogno di aiuto per poter crescere.

L’altra settimana mio figlio si è messo a pregare la sera dicendo: Grazie Dio che domani sarà bel tempo. Amen. – Poi mi guarda e mi dice: L’ho fatto bene, ho detto anche grazie. – Ho cercato di spiegargli che non funziona così. Che Dio non è la macchinetta dove metto dentro la preghiera e ricevo in cambio ciò che voglio. – Il giorno dopo c’era veramente bel tempo e in macchina lui mi dice: Vedi mamma, ha funzionato!

Ci fa ridere un atteggiamento del genere. È bello che ci sia questa fiducia nel fatto che Dio gli dona cose buone e desiderate. Sappiamo però anche che verrà il momento nel quale pioverò anche dopo aver pregato, anche dopo aver detto grazie. Pioverà. Sarà poi sempre ancora il BUON Dio? Quando fallisce un matrimonio, quando arriva la malattia, quando si perde il lavoro – sarà Dio sempre ancora buono per me?

Ci sono tante persone che smettono di credere a quel punto. Ci sono tante persone per le quali Dio è buono finché funziona. Preghiera – grazie – risultato. Ma la logica di questi pensieri non è quella di una fede adulta. La fede può crescere anche attraverso i dubbi per ritrovare poi di nuovo la fiducia dei bambini.

Durante gli anni di studio mi sono scontrata con tanti dubbi. Talvolta mi sembrava di non vedere più Dio in tutte le mille teorie che abbiamo dovuto studiare. Ho imparato talmente bene a sezionare un testo biblico che alla fine non mi diceva più niente. Non sapevo più che cosa credere. A quel punto mi ha affascinato sentire predicare il mio professore. La stessa persona che mi stava insegnando a interrogare un testo biblico nella sua profondità, era in grado di predicare un testo nella sua completezza. Non lo capivo e gli ho chiesto se lui predicando facesse un passo indietro e cercasse di dimenticare tutti i suoi studi. E quell’anziano professore mi diceva invece: Ulrike non devi dimenticare niente, ma cercare di trovare una seconda ingenuità.

Sì, posso, anzi devo chiedere e addirittura dubitare. Posso scuotere tutte le vecchie dottrine della chiesa, ma posso altrimenti fidarmi che la parola di Dio agisce e ha nel suo complesso qualcosa da dirmi fino ad oggi. Le parole bibliche sono parole vive che voglio parlarci e toccarci non solo sul livello cognitivo, ma anche nel profondo del nostro essere.

Quando Gesù dice ai suoi amici: di andare nel mondo per fare discepoli. Per me è importante che nessuno venga costretto a pensare in un determinato modo. Gesù non ha mai vietato ai suoi discepoli di pensare. Ha accolto i dubbi, anzi li ha valorizzati. Se noi vogliamo crescere nella fede ci servono tutte e due. Da un lato, la nostra mente con tutti i suoi ragionamenti e con tutti i dubbi che contiene e, dall’altro lato, una profonda fiducia.

La crescita nella fede non avviene senza stimoli. Così come non funziona con nessuna crescita. Paolo usa una volta il paragone del nutrimento e paragona i principianti nella fede a quelli che si nutrono solo di latte, mentre un cristiano cresciuto a qualcuno che può mangiare anche del cibo solido.

È proprio questo che succede nei nostri culti, ma ancora molto più negli studi biblici o in tutti i vari incontri in cui parliamo della nostra fede. Riflettendo su Dio e la propria vita si cresce. Quando ammetto che i fratelli e le sorelle che mi conoscono, mettono in discussione la mia fede, allora essa prende stabilità.

Spesso non sono neanche i grandi temi teologici che ci fanno crescere ma i temi piccoli e quotidiani. Le domande sulla convivenza in famiglia e sui comportamenti sul lavoro. Spesso sorge anche il tema delle finanze. Perché Dio ha ordinato al suo popolo di portare la decima del proprio raccolto al tempio? Che cosa vuol dire questo per me oggi? – Una volta mi ha chiesto qualcuno: Deve proprio essere la decima, non andrebbe bene anche il quinto? – Quella persona non era molto abile in matematica. La Bibbia parla solo della decima e allora lasciamola così, non pretendiamo di più.

Però, scherzi a parte, penso che proprio nel nostro paese con questa sua fortissima cultura cattolica sia praticamente la sfida più grande imparare che aprire le mani, donare è un esercizio spirituale che aiuta alla crescita nella fede.

Potrei farvi ancora tanti esempi di temi quotidiani che per l’uno sono più importanti, per l’altro meno che però aiutano alla crescita. Per Gesù era sempre importante raggiungere tutto l’uomo, non solo una sua parte. Gesù non voleva solo l’intelletto di una persona, ma tutto il suo essere. E Gesù si augura che noi possiamo crescere nella fede, che la nostra fiducia in Dio diventi sempre più profonda e radicata.

Ora abbiamo affrontato cinque temi basilari della nostra fede. Cinque temi che dovrebbero essere chiari e però penso che sia importante ripensarci di tanto in tanto. La prossima settimana festeggiamo i 150 anni della nostra chiesa qui a Padova. Ci fa bene ricordarci del nostro passato per comprendere il nostro presente e per essere pronti ad affrontare il futuro. Abbiamo parlato dell’amore verso Dio, l’adorazione di Dio che è la base di tutto. Abbiamo parlato della diaconia e dell’evangelizzazione, definendole come i due remi della barca che portano in avanti quella nave che si chiama chiesa. Abbiamo riflettuto sulla bellezza e sul compito importante della comunione e ora terminiamo il nostro percorso con questi pensieri sul discepolato e la necessità di una crescita spirituale.

L’abbiamo già detto una volta. Se un albero e ben radicato e viene nutrito regolarmente, crescerà. Non si può fare niente contro. Sarà così. Per questo non dobbiamo temere niente. Se proseguiamo con ciò che viene qui predicato da 150 anni siamo su una buonissima strada e possiamo proseguire anche per i prossimi 150 anni.

E per tutto questo tempo possiamo ricordarci le parole di Gesù che dice: ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente.

Amen

Ulrike Jourdan