SOCIAL e SOCIALE

“Ed ecco, un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova, dicendo: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?» Gesù gli disse: «Nella legge che cosa sta scritto? Come leggi?» Egli rispose: «Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso». Gesù gli disse: «Hai risposto esattamente; fa’ questo, e vivrai». Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?» Gesù rispose: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s’imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada, ma quando lo vide, passò oltre dal lato opposto. Così pure un Levita, giunto in quel luogo, lo vide, ma passò oltre dal lato opposto. Ma un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno dopo, presi due denari, li diede all’oste e gli disse: “Prenditi cura di lui; e tutto ciò che spenderai di più, te lo rimborserò al mio ritorno”. Quale di questi tre ti pare essere stato il prossimo di colui che s’imbatté nei ladroni?» Quegli rispose: «Colui che gli usò misericordia». Gesù gli disse: «Va’, e fa’ anche tu la stessa cosa». (Luca 10,25-37)

Ho letto l’altro giorno un articolo scritto da Alessandro Bergonzoni, un attore e scrittore abbastanza noto nel panorama nazionale. È famoso per la sua capacità di sviscerare le parole, di usare una comicità che unisce riso, spesso amaro, e riflessione critica. Molti lo definiscono un “pensattore”. Quando ho letto il suo pezzo, che è stato pubblicato da vari quotidiani nazionali a metà maggio, ho pensato subito al brano che vi ho letto, il famoso brano del cosiddetto “buon samaritano”.

Bergonzoni non so neppure se sia credente; e il suo articolo è una specie di testamento laico, che non nomina mai Dio. Ma questo – se ci pensate – non lo fa neppure la parabola raccontata da Gesù.

Eppure il racconto del buon samaritano ci parla proprio di Dio, dicendoci una cosa decisiva per la nostra vita: la misericordia è l’impronta di Dio nell’uomo. Credere in Dio significa soprattutto credere nella sua misericordia e nel fatto che Egli desideri che l’uomo partecipi a questo infinito amore. “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”, si legge sempre nel Vangelo di Luca. Affermazione che ritroviamo nel vangelo di Matteo, dove al posto della parola “misericordioso” si trova “perfetti”. Misericordia è dunque perfezione di Dio e dell’uomo. Il cammino per giungere a tale vetta dell’amore è proprio l’azione di farsi “prossimo” all’altro, di chi ha più bisogno, come indica proprio la parabola che abbiamo ascoltato.

Anche Bergonzoni ci parla di misericordia, e quindi ci parla di Dio. Ho pensato molto se proporvelo all’interno di questa mia predicazione. Penso che sia utile ascoltare la voce di chi ci sta accanto e che – pur tra mille dubbi – ha ancora fiducia nell’uomo, nella sua capacità di amare e di essere amato, che è proprio della volontà salvifica di Dio per tutti noi.

Ho pensato di intercalarlo però con versetti della Bibbia, proprio per far risuonare nel nostro cuore quale sia il progetto di amore che Dio ha per noi, e che si è rivelato nella vita, nelle opere, nella morte e risurrezione del nostro Signore Gesù.

Così scrive Bergonzoni: odiatori, nella vita come nella Rete. L’ondata di cattivismo che sta infestando il dibattito pubblico rischia di sovvertire millenni di etica, con i samaritani del 2000 disprezzati, accusati di salvare vite e occuparsi dei fragili, come fosse una colpa anziché ciò che ci fa uomini. Rigurgiti odierni di “disgusto verso i poveri”, fenomeno mai visto prima… Ho finito le guance. Ho già esposto anche l’altra, non ne ho più. Ormai è uno stato di isteria, una malattia effettiva e affettiva. Rabbia e paura ci hanno drogato, ci hanno alterato quasi chimicamente, fino alla patologia. L’odio nasce da un cortocircuito, avvenuto per poter scaricare una rabbia che è stata preparata accuratamente.

C’è scritto nel vangelo di Matteo: “io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”.

Credevamo di avere gli anticorpi contro tutto questo, che gli errori del passato ci avessero resi irrimediabilmente migliori. Invece assistiamo al trionfo della ci/viltà, l’anonimato è la forza con cui si esprime oggi chi odia: ti insulto tanto io non so chi sei e tu non sai chi sono io. È la ci/viltà dei social, dei media, la viltà da dietro un vetro. Il potere ha paura dei solidali, colpevoli di trovare soluzioni che toglierebbero il dominio alla nuova economia. Allora avalla questo delirio di impotenza, questa fame di diffamare… Mi dai l’inimicizia su Facebook?

Così ci si assuefà a tutto e può anche accadere, a Manduria per esempio, che un anziano debole sia seviziato per mesi da baby bulli, fino alla morte, nel silenzio osceno di tutti. L’anonimo è vile perché è forte della debolezza altrui, macchia la tela bianca e sa che la tela non potrà rispondere. La povertà è invisibilità, se la si vede la nascondiamo, inchiodiamo i ferri sulle panchine per non far sedere i mendicanti, per non farli ri/posare.

Dice la lettera di Giacomo, al capitolo 2: “Fratelli miei, la vostra fede nel nostro Signore Gesù Cristo, il Signore della gloria, sia immune da favoritismi. … Dio non ha forse scelto quelli che sono poveri secondo il mondo perché siano ricchi in fede ed eredi del regno che ha promesso a quelli che lo amano? Voi invece avete disprezzato il povero!”.

I Comuni dicono ci pensi lo Stato, ma lo Stato è confusionale e allora chi ci pensa è il terzo settore, il volontariato, quello odiato, che però è all’elemosina, perché il potere non si può permettere un’economia sociale… E allora tocca per esempio all’Elemosiniere ridare non solo quella luce (una vera Illuminazione) che non nasconde più nel buio il bisogno, il disagio e la vita, ridando altra energia a quelli a cui l’abbiamo tolta da troppo tempo e che dobbiamo difendere con ogni costo a tutti i costi per non continuare a vergognarci.

Chi esprime tenerezza diventa quasi un nemico, mai nel passato la Croce Rossa o Medici senza Frontiere o la Caritas erano stati insultati in quanto umanitari…

C’è scritto nella lettera di Paolo ai Filippesi: “Se dunque v’è qualche incoraggiamento in Cristo, se vi è qualche conforto d’amore, se vi è qualche comunione di Spirito, se vi è qualche tenerezza di affetto e qualche compassione, rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento”.

Ci vuole un cambio di frequenza che muova da dentro, da dove parte la tua idea di vergogna: quando parlo di diritti non regge più la sola Costituzione, manca una sana costituzione interiore. I partiti hanno creato questo momento storico, hanno acceso il fuoco perché potesse bruciare, perché si calpestasse il pane purché non andasse ai rom: quando arrivi a questo è già tardi, bisogna agire nelle scuole, raccontare lì il tema della paura che nasce da una mancanza d’amore, e raccontare il mistero degli Interni, il mistero della Giustizia, il mistero della Salute, il mistero dell’Istruzione. La libertà di parola quali condizionamenti può avere? Davvero ognuno può scrivere tutto? Ognuno può offendere? C’è una sproporzione umana che chiede una condizione di sovrumanità, altro che sovranismo! E poi perché vogliono depotenziare la storia a scuola? Questo è lavorare sull’annientamento della memoria, renderci poveri, sì, ma di idee, il potere è malato, teme gli spiriti liberi della solidarietà, perché dimostrano che la povertà può diventare ricchezza. In questo momento c’è un Dna del buio.

Cosa possiamo fare, allora? Cambiare il linguaggio, gridare la tenerezza e la compassione, urlare nei teatri, sui libri, ovunque, contro questa cultura in vitro – il vetro della tivù e dei computer – che non la tocchi e non la annusi, che non ha sensi. Ma c’è una nuda verità che viene prima: essere o essere? Questo mi interessa. Attenzione, il volontariato verso i bisognosi esiste, anche a Bologna (lui è di Bologna) ne vedo tanto, ma oggi occorre indossare questa povertà, abitarla, sentirla con un settimo senso, ecco il cambio di frequenza che tocca a noi, non ci sta più solo la denuncia e la manifestazione. C’è un fare l’impossibile e un fare l’impassibile, io devo fare il mio volontariato quotidiano che è lo sguardo, il non avere paura d’avvicinarmi. Il mercato ci ha detto cosa dobbiamo avere per mantenere il nostro benessere e il suo benestare, senza cadere mai sotto la famosa soglia della povertà… Invece no, dobbiamo attraversarla avanti e indietro questa soglia, ognuno come può, lavorare sulla nostra santità, altra parola che fa tanta paura. Invertiamo la rotta, mettiamocela addosso questa santità, per combattere il morbo del “disgusto verso i poveri” c’è bisogno di uno scatto, un moto a luogo, altrimenti poveri… noi.

C’è scritto al Salmo 41: “Beato chi ha cura del povero! Nel giorno della sventura il Signore lo libererà”.

Di che cosa si accusa il povero? Mai visto nella storia un accanimento come oggi. Il povero… non ti ha fatto assolutamente nulla. Semplicemente ti accanisci contro questa condizione inerme e sai che non reagirà. E siamo pure arrabbiati perché stiamo male, a differenza di chi sta male: quello che vive sotto i ponti dà fastidio a noi. Penso ai cartoni animati, quelli dei clochard, con dentro degli uomini… Bisognerebbe aprire l’era del risarcimento per togliere l’in/fame nel mondo e restituire il maltolto, invece su questa gente si consuma la fame di fama che ci vede potenti sui social, dove li disprezziamo e così siamo forti. Pensare che social con una “e” in più diventa sociale, cioè terzo settore, pietà, condivisione. Invece il social è vedo e colpisco. I nativi digitali moriranno tra atroci divertimenti, dipendenti dalla Rete non conoscono la concezione tattile, olfattiva, umana dell’altro, è questo il sacrilegio che vedo. Io auspico il cambio di frequenza dal basso all’altro, e non lo lascio solo alle religioni, tutti noi abbiamo una parte divina che non ci è permesso esercitare: siamo stati lavorati sulla stanchezza, sottomessi a spauracchi con mezzi di distrazione di massa. Liberiamo i nostri figli dalla paura! Diciamogli che la persona disagiata è chi guarda, non chi è nel disagio. Che il cibo è spazzatura, ma per molti la spazzatura è il cibo. Liberiamoci dal conflitto di disinteresse. Il cambio dev’essere esistenziale, non di partito: portiamolo nelle scuole, è lì il vero Parlamento.

E aggiungo io, sommessamente: viviamo tutti i giorni nelle nostre vite, nelle nostre relazioni, nella nostra esperienza di fede, questo desiderio per l’altro Abbiamo ascoltato all’inizio nel vangelo di Luca: “Un Samaritano, che era in viaggio, giunse presso di lui e, vedendolo, ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui”. Dio lo voglia per tutti noi.   AMEN

Fabio Barzon

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