News: ARRIVEDERCI ANTONELLA

 

Se n’è andata in una serena giornata di fine luglio. Eppure tutto era cominciato solo pochi mesi prima, quando le prime avvisaglie del suo male non lasciavano certo presagire il triste epilogo a soli 57 anni.

Antonella era una donna energica, decisa e al tempo stesso estremamente disponibile. Nella nostra Chiesa ricopriva da tempo la carica di responsabile dell’Unione Femminile e la ricordiamo mentre, indaffarata, preparava bazar e riunioni.

Proveniva da altre esperienze del variegato mondo protestante nella nostra città di Padova: dai Pentecostali ai Battisti Riformati fino a noi Metodisti. Un percorso, il suo, accompagnata dal fedele compagno di una vita, Giorgio, durato circa vent’anni e partito, come molti di noi, dall’appartenenza alla Chiesa Cattolica.

Dicevo che il suo calvario è stato breve, ma sicuramente intenso. Dai primi sintomi, ad aprile di quest’anno, fino al ricovero al reparto di Oncologia dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova dapprima e poi, con l’aggravarsi delle sue condizioni, al reparto di Lungodegenza presso l’Opera Immacolata Concezione alla Mandria di Padova.

Ciò non le ha però impedito di essere presente ai nostri culti e di dare una mano, per quanto possibile, alle nostre attività. La ricordiamo infatti presente, per l’ultima volta nella sua Chiesa, in occasione dell’ingresso del nuovo membro di Chiesa, Daniele, alla Pentecoste di quest’anno. Anche in questo caso, organizzatrice e disponibile fino all’ultimo.

Ci stringiamo ora quindi, con affetto e nella comune speranza della Resurrezione, a Gianni, ai figli Greta e Diego, nonché a tutti i suoi familiari.

Lo facciamo riportando quanto scritto dalle sorelle di Chiesa Mary Waite e Sophia de Lange Ruaro, della nostra Unione Femminile, a ricordo della loro Presidente ed amica e letto ai funerali, oltre ad un ricordo della nostra Predicatrice Locale, Febe Cavazzutti Rossi, per anni punto di riferimento per Antonella nella nostra comunità.

Antonella! Una persona allegra, gioiosa. Eppure, nei suoi non molti anni ne aveva avute di difficoltà, pene, e dolori da superare. Antonella! Una donna operosa: operosa in mille modi, con le sue mani, con la fantasia e l’intelligenza; sempre in cerca di soluzioni utili per il bene di ognuno della sua famiglia. Un donna vivace, curiosa del mondo e della vita. Ma queste sue doti naturali sono diventate vive, forti e vere il giorno in cui per fede ha conosciuto il suo Signore: quando ha incontrato il Cristo come esperienza di vita sul suo cammino quotidiano. Allora il suo cuore ha provato una grande festa, ed è stato ricolmo di gratitudine a Dio. Aveva voglia di dirlo a chiunque fosse disposto ad ascoltarla: guardate quanto è grande il nostro Dio che nel suo Figlio ci salva! Adesso che il Signore l’ha chiamata più in su, non lascia né oro né argento. Lascia invece una eredità più preziosa dell’oro finissimo: l’invito a riporre fede e speranza nel Cristo, ad ascoltarlo nella sua Parola e a seguirlo nelle difficili strade della nostra vita. Lascia questa preziosa eredità di speranza alla sua amata famiglia e anche a noi, piccola chiesa di Padova, che per brevi anni siamo stati la sua famiglia nella fede”.

Febe

Antonella ci portò il suo sorriso, la sua presenza solare, in un momento di cambiamento nella nostra chiesa, un periodo nel quale avevamo grande bisogno di novità, di nuove energie. Le saremo sempre grati per questo dono. Presto da noi si è sentita come se fosse a casa sua, dopo anni in un’altra chiesa evangelica con la quale ormai non andava più d’accordo. Aveva molta energia da spendere, e volentieri il gruppo di donne che frequentavano l’Unione Femminile l’hanno votata Presidente, un incarico rimasto suo. Questa era una speciale dote di Antonella, che lavorava nella comunità, ma teneva contatti con varie organizzazioni nell’ambito della Chiesa Valdese e Metodista: era la nostra ambasciatrice presso la Federazione femminile evangelica nazionale, e ha partecipato diverse volte alla conferenza distrettuale che si tiene ogni anno a giugno. Contribuiva inoltre a tessere rapporti con il gruppo femminile della Chiesa Avventista di Padova, e con il gruppo di cattoliche di Limena che frequentano il nostro Studio biblico interconfessionale. Grande organizzatrice, lavorava instancabilmente per l’allestimento annuale del Bazar e Lotteria; e non mancava mai alle Agapi organizzate durante l’anno, che coronano momenti importanti nella vita della nostra chiesa – con il graditissimo aiuto anche del marito Giorgio nella preparazione di piatti deliziosi”.

Mary e Sophia

Alleghiamo infine anche il sermone, preparato dalla nostra Pastora, Caterina Griffante, tenuto in occasione dei funerali di Antonella. Anzi, dell’annuncio dell’Evangelo della Resurrezione, come preferiamo dire noi protestanti.

Antonella è stata accompagnata all’estrema dimora nella chiesa parrocchiale del suo paese, Tombelle di Saonara, con una cerimonia squisitamente ecumenica, come raramente se ne vedono. Un parroco cattolico (estremamente disponibile) e un pastore protestante assieme nella celebrazione, non è una costante nel nostro Veneto.

La legge del peccato e della morte”, dice Paolo. È così. Per una legge inesorabile, noi tutti ci portiamo dietro una condanna a morte; è scritto all’interno di ogni essere vivente; è cifrato nel codice della vita. Ma solo noi tra tutti i viventi, solo noi esseri umani, abbiamo consapevolezza di questo: la consapevolezza di essere, secondo le parole di Paolo, “corpi mortali”. Solo noi sappiamo di dover morire, senza sapere dove, né come, né quando. E questo ci fa paura. Fa paura a voi che mi ascoltate, fa paura a me che vi parlo. Perché ci fa paura l’ignoto; e ci fa paura quell’abisso di sofferenza e di dolore che la morte e il morire portano con sé. Un abisso del quale tutti, purtroppo, abbiamo esperienza, perché tutti noi abbiamo subìto la perdita di persone care; ora ne avete fatto esperienza diretta voi, Giorgio, Greta e .Diego, accompagnando Antonella, giorno dopo giorno, fino alla conclusione del suo viaggio terreno. Sì, la morte fa paura a tutti, anche a noi che crediamo all’annuncio di Paolo: “colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi”. È un annuncio che la chiesa ha fatto proprio e che, nei secoli, ha continuato e continua a proclamare: non a caso, nella tradizione protestante la celebrazione di un funerale viene comunemente chiamata “annuncio dell’evangelo della risurrezione”, appunto perché in ogni liturgia funebre risuona potente la confessione di fede cristiana, una confessione di fede che dice in sostanza: “noi poniamo la nostra fiducia nel Dio che risuscita i morti, perché è quello stesso Dio che ha risuscitato Gesù dai morti”.

Ma questa confessione di fede non è facile da pronunciare. Non lo è per nessuno di noi; non lo è, a maggior ragione, per chi come voi, familiari di Antonella, porta la ferita di un lutto recentissimo. Quello che è davanti ai vostri, ai nostri occhi in questo momento è un crudo dato di fatto: noi siamo “corpi mortali”. Sì: ha ragione Paolo. Siamo polvere che ha preso vita attraverso il soffio di Dio, ma che resta polvere. La morte ci fa paura, ci appare inaccettabile, perché è qualcosa che distrugge tutto il nostro essere. Questa è una realtà, e sarebbe assurdo volercela nascondere, volerla negare. Gesù stesso ha patito la morte come qualcosa di scandaloso: si è turbato e ha pianto di fronte alla morte dell’amico Lazzaro, e di fronte alla propria morte ha tremato di paura, e ha desiderato di sfuggirle. Eppure, quello stesso Paolo che ci mette davanti agli occhi la nostra realtà di “corpi mortali” ci annuncia che questa realtà è una realtà penultima, non ultima, perché Dio ha risuscitato Gesù dai morti, e che allo stesso modo “vivificherà i nostri corpi mortali”. Vivificherà il corpo mortale di Antonella, del quale voi familiari e tutti noi sentiamo così crudelmente l’assenza; come vivificherà il corpo mortale di tutti coloro che l’hanno preceduta, e di tutti coloro che la seguiranno. Perché agli occhi di Dio, e non solo ai nostri, il nostro povero corpo umano con tutte le sue miserie è qualcosa di prezioso, qualcosa che merita di essere salvaguardato, e credere la risurrezione significa anche questo: affermare che il nostro corpo, la nostra realtà materiale, ha una dimensione che non esiterei a chiamare “sacra”.

Ma che cosa significa esattamente, per noi, “risurrezione”? Ci è impossibile spiegarci questa parola esattamente. È l’unica parola della Bibbia che non appartiene al nostro linguaggio, perché non appartiene alla nostra esperienza; non è parola nostra, è parola di Dio, perché soltanto Dio risuscita. Possiamo parlare di risurrezione soltanto per indizi, per intuizioni, per barlumi, proprio perché è una realtà che non appartiene al nostro orizzonte. Più facile, semmai, dire che cosa la risurrezione non è. Per esempio, la “risurrezione” di Lazzaro della quale ci parla Giovanni in un passo che pure non finisce mai di coinvolgerci e di emozionarci, non è la vera risurrezione, la risurrezione promessa ad Antonella e a tutti noi. In questo passo si racconta, piuttosto, una “rianimazione”, dato che Lazzaro è destinato a morire di nuovo, e definitivamente. Come tutti i miracoli di Gesù, la “risurrezione” di Lazzaro è un segno che rimanda ad altro; è una forte illustrazione della vera risurrezione, del vero passaggio dalla morte alla vita, che è la fede in Gesù. Chi risuscita in questo testo di Giovanni è, piuttosto, Marta: la “risurrezione” sta nella fede, nella speranza che rinascono nel cuore di Marta; la risurrezione, Marta la incontra nel momento in cui parla con Gesù.

Ecco, dunque, un primo spunto su che cosa sia da intendere per risurrezione. Risurrezione e fede non sono la stessa cosa, ma si assomigliano. “Fede” è il nome del ponte che unisce risurrezione e vita; chi crede entra già, fin d’ora, nel mondo della risurrezione. Una fede che viene richiesta oggi a noi tutti e in modo particolare a voi, Giorgio, Greta e Diego . Una fede che non deve essere fraintesa come fede consolatoria, quel tipo di fede rassegnata che vede il dolore, la sofferenza, la morte come espressione della volontà di Dio, e la risurrezione come la vaga promessa di un conforto nell’aldilà. Su questo voglio essere molto chiara: fede nella risurrezione equivale a fede in un Dio che ama la vita, che promuove la vita. Quindi, un Dio ben diverso da quel Dio che purtroppo appartiene ancora all’immaginario di tanti cristiani: un Dio che condanna per l’eternità delle persone che non chiederebbero di meglio che andare verso di lui, un Dio che si vendica, che fa del male, che manda la malattia, la morte… Sorelle e fratelli, che non ci passi mai per la testa di usare quel linguaggio in apparenza devoto, in realtà addirittura blasfemo, che dinanzi a una morte dice: “E’ piaciuto a Dio chiamare a sé la nostra sorella, il nostro fratello…”. No, come cristiani ci rifiutiamo di credere che Dio abbia piacere a uccidere qualcuno, a separare, come nel caso di Antonella, una madre dai suoi figli, una moglie dal marito. Il Dio di Gesù Cristo è un Dio che non vuole il male, che non permette il male. La verità è, piuttosto, che Dio soffre talmente del nostro male che non ha saputo resistere ed è venuto a soffrire insieme a noi. Dio non permette il male. Lotta con tutte le sue forze contro il male; Dio ispira tutti quelli che lottano contro il male, che cercano di lenire il male, di liberare l’umanità dal male.

Alla luce di questa consapevolezza, avere fede nella risurrezione significa affermare che Dio avrà l’ultima parola, che il tiranno non può vincere, che Dio risveglierà chi dorme e risolleverà chi è caduto. La risurrezione si afferma proprio davanti alla morte: Dio protesta davanti alla morte, a ciascuna morte, soprattutto alle più assurde. La risurrezione è opera della memoria di Dio, che darà forma compiuta ai frammenti di bellezza, di bontà, di verità presenti nella nostra vita. “Risurrezione”, a ben guardare, è sinonimo di “Dio”. Perché risurrezione è ri-creazione, è trasformazione, è memoria che vive nell’eternità. È la vita di Antonella, la vita di ciascuna singola persona che Dio accoglie e custodisce (chiamandola teneramente per nome, come dice Isaia) per portarla poi a pienezza e a compimento. Non so molto della risurrezione, non so come avverrà la nostra, ma credo che la risurrezione di Cristo sia il segreto delle nostre storie personali, che i morti riposino nella memoria di Dio, che Dio tenga nel palmo della mano il senso della vita di ciascuno di noi.

La morte è solitudine estrema, perché rappresenta la fine di ogni possibilità di relazione: ce lo dice la nostra esperienza, lo sapete voi, familiari di Antonella, che vedete crudelmente troncata qualsiasi relazione con lei; ma ce lo dice anche la Bibbia. Ebbene: “risurrezione” significa non essere più soli, nonostante la morte, a dispetto della morte. Il Catechismo di Heidelberg si apre con la domanda: “Qual è la tua unica consolazione in vita e in morte?”, domanda che riceve una risposta memorabile: “Che col corpo e con l’anima, in vita e in morte, non sono mio, ma appartengo al mio fedele Salvatore Gesù Cristo, che col suo sangue prezioso ha pagato pienamente per tutti i miei peccati … Pertanto egli mi assicura anche la vita eterna per mezzo del suo Spirito Santo”. Un altro significato di “risurrezione” potrebbe allora essere: “venire accompagnati”. Noi abbiamo questa certezza: ovunque il nostro viaggio ci condurrà, noi saremo là dove c’è Gesù, e Gesù sarà là dove saremo noi, per dire a ciascuno di noi “tu sei mio”. E se noi siamo vissuti in comunione con Gesù, come è vissuta Antonella, in questa comunione con lui noi riceveremo qualcosa che la morte non potrà mai distruggere. Questo “qualcosa” sfugge completamente ai nostri concetti e alle nostre rappresentazioni, ma ha un nome: si chiama Spirito Santo.

Sorelle e fratelli, purtroppo in noi, che pure abbiamo ricevuto lo Spirito di adozione, è rimasto ancora qualcosa di quello “spirito di servitù” che, come dice Paolo, ci fa sempre di nuovo “ricadere nella paura” dinanzi alla morte. Tanto più, dunque, affermare la risurrezione che in Cristo aspetta Antonella, aspetta tutti noi, è un dovere davanti alla protervia, all’ingiustizia della morte dinanzi alla quale Gesù stesso si ribellava. Affermare la risurrezione significa affermare la nostra fiducia nella giustizia di Dio, significa richiamare Dio alla sua promessa, perché qui è in gioco l’onore di Dio. Lo Spirito di adozione non ci ha ancora fatti completamente suoi, perché allora non avremmo più paura; e tuttavia crediamo che il muro della morte, dell’incredulità, della paura è stato abbattuto una volta per tutte con la risurrezione di Gesù. E penso che il modo migliore di onorare la memoria della nostra Antonella sia appunto quello che stiamo facendo adesso, quello che spero continueremo a fare anche in futuro: trovarci a parlare di risurrezione insieme. A parlare con le nostre povere, balbettanti, incerte parole; ma a parlarne, per ricordare a noi stessi e al mondo che alla morte non spetta l’ultima parola. Amen.”

Is 43:1; Gv 11:20-44; Rm 8:1-2,11,15-17 (testo di predicazione)