Sermone: ECCOMI !

Esodo 2,23 – 3,8

Durante quel tempo, che fu lungo, il re d’Egitto morì. I figli d’Israele gemevano a causa della schiavitù e alzavano delle grida; e le grida che la schiavitù strappava loro salirono a Dio. Dio udì i loro gemiti. Dio si ricordò del suo patto con Abraamo, con Isacco e con Giacobbe. Dio vide i figli d’Israele e ne ebbe compassione. Mosè pascolava il gregge di Ietro suo suocero, sacerdote di Madian, e, guidando il gregge oltre il deserto, giunse alla montagna di Dio, a Oreb. L’angelo del SIGNORE gli apparve in una fiamma di fuoco, in mezzo a un pruno. Mosè guardò, ed ecco il pruno era tutto in fiamme, ma non si consumava. Mosè disse: «Ora voglio andare da quella parte a vedere questa grande visione e come mai il pruno non si consuma!» Il SIGNORE vide che egli si era mosso per andare a vedere. Allora Dio lo chiamò di mezzo al pruno e disse: «Mosè! Mosè!» Ed egli rispose: «Eccomi». Dio disse: «Non ti avvicinare qua; togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo sacro». Poi aggiunse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d’Abraamo, il Dio d’Isacco e il Dio di Giacobbe». Mosè allora si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare Dio. Il SIGNORE disse: «Ho visto, ho visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il grido che gli strappano i suoi oppressori; infatti conosco i suoi affanni. Sono sceso per liberarlo dalla mano degli Egiziani e per farlo salire da quel paese in un paese buono e spazioso, in un paese nel quale scorre il latte e il miele.

 

Dopo la rocambolesca fuga dall’Egitto, Mosé si era rifatto una vita a Madian, dove aveva sposato una delle figlie del sacerdote e aveva cominciato a condurre un’esistenza tranquilla con la famiglia e le greggi. Ma, improvvisamente, quando meno Mosè se lo aspetta, succede qualcosa, un evento straordinario, qualcosa che scompiglia le carte e distrugge il tranquillo tran tran di questo pastore di pecore. Sappiamo che mentre Mosè conduceva la sua pacifica esistenza, gli israeliti che vivevano in Egitto continuavano ad essere sottoposti alla schiavitù e “alzavano grida” di dolore e di angoscia, grida che giunsero fino a Dio. E il Signore, dice il nostro testo, ne provò compassione e decise di intervenire, anche perché non aveva dimenticato il patto che aveva fatto con Abramo, Isacco e Giacobbe.

Ed ecco la prima considerazione che voglio fare con voi stamattina: per quanto tempo gli israeliti erano rimasti in schiavitù? Perché Dio non è intervenuto prima? Quante volte nel corso della storia l’umanità o anche noi nelle nostre esistenze ci siamo trovati nella disperazione e abbiamo chiesto un intervento del Signore: rapido, forte, determinante, un intervento in grado di spezzare il dolore, di togliere l’ingiustizia, un intervento che ci permetta di vedere che viviamo in un mondo creato da Dio e non da Satana.

Ma talvolta questo intervento non avviene, o non avviene come noi ci aspetteremmo. Quante volte uomini e donne e bambini, perfino bambini, alzano le loro grida, ma il Signore sembra sordo, sembra essersi dimenticato del suo popolo?

Forse anche in Egitto, allora, questo intervento era sembrato tardare, era sembrato non abbastanza tempestivo.

Quando leggiamo la Bibbia, a distanza di tanti secoli, sembra tutto molto facile e molto netto, lineare: Dio ascolta e poi interviene e agisce e gli israeliti sembrano sentire fortemente la sua forza, e costruiscono intorno a questo evento, la fuga dall’Egitto, il cuore della loro storia.

Ma in realtà sappiamo che poi gli stessi israeliti finirono col comportarsi da ingrati, anche loro caddero nel dubbio e costruirono il vitello d’oro.

A questo dovremmo riflettere: siamo sicuri che non succeda anche a noi, qualche volta, di ricevere delle benedizioni e di non saperle riconoscere come tali? O di riconoscerle e poi dimenticarle? Di essere liberati e di rimpiangere la nostra schiavitù? Di guardare tutto quello che ci circonda solo dal nostro punto di vista senza interessarci ad altro? Di valutare i nostri tempi, i nostri desideri, i nostri bisogni come assoluti? E anche di dimenticare le nostre responsabilità nel susseguirsi delle cause e degli effetti? Certo a viste umane Dio avrebbe dovuto intervenire prima nella Shoa, ma noi cosa abbiamo fatto per impedire che quell’evento diabolico si concretizzasse?

Il testo di oggi mostra infatti anche un altro aspetto: Mosè stava pascolando il gregge quando vide di lontano una cosa che attirò la sua attenzione. Un albero, un pruno, brillava come se stesse bruciando, ma non sembrava consumarsi. Che cosa strana!

Non so se siate mai stati nel deserto, io ho avuto il dono di andarci una volta, in Tunisia. Un deserto di sabbia. E là ho visto un albero che avrebbe potuto essere proprio il pruno del nostro testo. Non dovete immaginare i nostri alberi, quando leggete questo racconto, ma pensare agli arbusti che crescono in territori aridi e desertici. Vi dico questo perché dovete immaginare che quello a cui stava assistendo Mosè era una visione strana, ma non impossibile. Mosè era incuriosito, infatti, ma non spaventato, non stralunato. Era incuriosito e andò a vedere. Avrebbe anche potuto non essere curioso. Dio non dà per scontato che lo sarà. Il Signore lo chiama, certamente, ma non lo fa attraverso un gesto fuori dalla esistenza di Mosè.

Interroghiamoci per un attimo su noi stessi: siamo aperti al Signore, ai suoi richiami? Qualora ci volesse, saremmo capaci di sentire la sua chiamata, la vocazione che ci è rivolta? Oppure tutto quello che abbiamo, il lavoro, la famiglia, l’impegno quotidiano, ci bastano e induriscono i nostri cuori e le nostre orecchie, la nostra intelligenza e i nostri occhi? Qualora venissimo chiamati sapremmo sentire e vedere? O cerchiamo di non ascoltare, di non vedere?

Probabilmente quando Dio si rivolge a noi non lo fa con gesti eclatanti, con azioni cinematografiche di stampo hollywoodiano e quindi potremmo anche non accorgercene, potremmo non dare importanza a quello che vediamo.

Quello che Mosè riceve non è un messaggio così dirompente che non si può evitare di vederlo e tenerlo in considerazione. Mosè non è costretto a rispondere, può anche tirare dritto e continuare a preoccuparsi del suo gregge. E Dio, il testo lo dice esplicitamente, aspetta.

E noi? Noi ascoltiamo e guardiamo i messaggi che ci potrebbero arrivare? Siamo attenti o siamo perennemente distratti e concentrati solo su noi stessi, sui nostri impegni, sui nostri traffici?

Mosè alza gli occhi e vede qualcosa che richiama la sua attenzione. Il Signore aspetta che Mosè si muova: non lo incalza, non lo spinge. Aspetta la risposta di Mosè e quando Mosè si muove, attratto dal pruno, allora e solo allora lo chiama. E Mosè cosa fa? Dice “Eccomi!”. Mosè è ricettivo, prima vede, poi ascolta e risponde e infine ha paura.

Quando sa di essere di fronte a Dio ha paura. Ha paura di guardare Dio. Paura.

E noi? Noi di fronte a Dio ci inchiniamo? Di fronte a Dio abbiamo paura e ci inginocchiamo? Di fronte a Dio sentiamo tutta la nostra piccolezza? Forse no. Forse abbiamo perso la capacità di vedere e sentire Dio. Forse siamo distratti da mille cose e mille rumori. Forse siamo diventati ormai troppo prosaici e troppo materialisti per prendere sul serio tutto ciò che va oltre il raggio di pochi metri dalla nostra visuale. Forse non sentiamo più il timore di Dio, il timore per la nostra piccolezza e fragilità.

Eppure, cari fratelli e sorelle, anche questo non è del tutto vero: perché anche noi abbiamo visto il pruno ardere altrimenti non saremmo venuti fin qui a vedere cosa c’era. Anche noi abbiamo sentito la voce del Signore che ci ha chiamati, altrimenti non saremmo usciti di casa solo per ascoltare un culto.

Perché, ed è questa la lieta novella di questa mattina, il Signore non si dimentica di noi, non ci abbandona alla nostra triste esistenza, continua a sentire i nostri gemiti, continua a ricordare il patto che ha fatto con noi: quello antico, con Abramo, Isacco e Giacobbe e quello nuovo, segnato dalla venuta di Gesù. Sì, il Signore ci vede, ci ascolta e ci conosce e non ci abbandona. Apriamo i nostri occhi, apriamo le nostre orecchie, apriamo i nostri cuori e accogliamo il Signore oggi e per sempre!

Amen

Erica Sfredda