Sermone: IL CRISTIANO NON HA PAURA

Atti 12, 1-11 – Giov 11,1-3 17-27 – 2Tim 1,7-10

Cari fratelli e sorelle, i testi biblici che abbiamo appena ascoltato, ci presentano tre figure, Marta, Paolo e Pietro. Tutti sono accomunati da un’unica parola chiave: FEDE. La fede, la fiducia in Cristo Gesù nostro Signore. “Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo” dice Marta. “Ora so di sicuro che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha liberato dalla mano di Erode” dice l’apostolo Pietro. Entrambi sono forti nella loro fede perché “Dio infatti ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d’amore e di autocontrollo” ribadisce l’apostolo Paolo.

Il cristiano, quindi, cari fratelli e sorelle, non deve essere una persona timida, che si fa mettere i piedi in testa, che sta in silenzio, che subisce passivamente perché tanto è scritto “porgi l’altra guancia”. Come molta letteratura superficiale e interpretazioni, altrettanto superficiali o fuorvianti, di chi, evidentemente, non ha ben letto o compreso la Bibbia, o comunque la distorce a proprio uso e consumo, ci propone.

Il cristiano, cari fratelli e sorelle, è colui che è stato fornito da nostro Signore Gesù Cristo di uno spirito di forza, di autocontrollo. Non è un debole! Egli non ha paura della morte perché, come Marta, sa che chi crede in Gesù Cristo, anche se muore, vivrà; e chiunque vive e crede in Lui, non morirà mai. Quello stesso Gesù Cristo che, come ci ricorda l’apostolo Paolo, “ha distrutto la morte e ha messo in luce la vita e l’immortalità mediante il vangelo”.

Il cristiano non ha paura, come non ha avuto paura l’apostolo Pietro quando, svegliato dall’angelo del Signore venuto a liberarlo dalla prigione, non si è messo ad urlare terrorizzato correndo come un pazzo per la cella dove era tenuto rinchiuso, ma ha avuto fede e ha fatto, tranquillamente, ciò che l’angelo gli ordinava di fare.

Cari fratelli e sorelle, dobbiamo quindi far nostra l’esortazione di Paolo a Timoteo, rileggendo e meditando bene questa seconda lettera di cui abbiamo letto oggi alcuni versetti. Questa lettera è e deve essere uno dei manifesti della nostra fede, di quello che il Signore, se ci dichiariamo veramente cristiani, lo ripeto, se ci dichiariamo con convinzione di essere cristiani, ci chiama ad essere. Non dobbiamo vergognarci di testimoniare nostro Signore, non dobbiamo aver paura di parlare di Lui, di farlo conoscere: “non aver dunque vergogna della testimonianza del nostro Signore”. Certo, possiamo avere dei fastidi, delle noie, dobbiamo affrontare prese in giro o reazioni più o meno dure, magari non ci metteranno in carcere come gli apostoli Pietro e Paolo ma, come ho detto prima, “Dio ci ha dato uno spirito non di timidezza, ma di forza, d’amore e di autocontrollo”. Ne dobbiamo però essere convinti, fortemente ed intimamente convinti. Se crediamo in Lui, egli sarà con noi. In qualunque momento e situazione. E questa è parola di Dio, espressa per bocca di Suo Figlio Gesù, come riportato chiaramente nell’Evangelo di Matteo al capitolo 17, versetto 20: “In verità io vi dico: se avete fede quanto un granello di senape, potrete dire a questo monte: “Passa da qui a là”, e passerà; e niente vi sarà impossibile”.

Fede, fratelli e sorelle, quella stessa fede che, da sola, ci salva. Fede che da granello di senape, deve crescere dentro di noi, deve germogliare fino a diventare pianta. Fede, questa la via per la salvezza. L’unica via per quella salvezza che ci viene non a motivo delle nostre opere, ma per volontà di Dio nostro Padre e per la grazia che ci è stata fatta in Cristo, come, per l’appunto, Paolo ricorda a Timoteo.

Ma cosa vuol dire veramente fede? Vuol dire fiducia. Ma una fiducia assoluta, senza se e senza ma. Non in una persona qualsiasi. Ma in Gesù Cristo, il figlio di Dio, mandato sulla Terra affinché la nostra salvezza fosse compiuta. Marta, la sorella di Lazzaro, non ha avuto timori: sapeva che Gesù avrebbe sicuramente resuscitato suo fratello. Neanche lei, come Pietro, si è messa a piangere e ad urlare appena lo ha visto entrare, chiedendo disperatamente a Gesù il miracolo. Sapeva bene che suo fratello sarebbe resuscitato dalla morte nell’ultimo giorno e che per qualunque cosa ella si fosse rivolta a Dio, tramite Gesù, l’avrebbe ottenuta. Neanche Paolo aveva paura quando, dal carcere, scriveva a Timoteo. Non aveva paura perché, parole sue, era “sorretto dalla potenza di Dio”. Anche Pietro, come abbiamo visto prima, era in carcere, e anche lui non ha avuto paura, non ha perso la fede. E il Signore lo ha premiato con la libertà.

Fratelli e sorelle, la parola del Signore non è facile. O meglio, è facile leggerla o ascoltarla la domenica, ma capirla e viverla veramente in tutti i momenti della nostra vita, non è assolutamente né facile né semplice. Anzi, diventa a volte imbarazzante. Diventa “pietra di scandalo”. Chi fra noi non ha mai perso la fede? Chi fra noi non ha mai avuto attimi di disperazione o si è sentito perso difronte agli avvenimenti, a volte estremamente duri e difficili, che la vita ci pone davanti? Chi non si è mai chiesto “Dio ma dove sei?”.

Dio, fratelli e sorelle, non è un padrone. E non è nemmeno un distributore automatico dove basta far entrare una monetina, schiacciare il pulsante e ritirare quello che avevamo richiesto perché ci piace. Dio è un padre. Un padre che ama profondamente i suoi figli. Tanto da incarnarsi e scendere sulla Terra in mezzo a loro per farsi crocifiggere, per soffrire con loro e per loro. Certo non lo vediamo ma Egli è qui.  Dio è qui presente. È Spirito Santo. E lo ha detto chiaramente: “io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente” (Matteo 18.20). L’ultimo versetto dell’evangelista Matteo. Gesù lascia questo mondo, diventa puro spirito, ma ci tiene particolarmente a rassicurare i suoi discepoli e quindi anche noi. Non possiamo pertanto dirci cristiani se non gli crediamo: Egli è e sarà sempre con noi.

Abbiamo quindi fede, fidiamoci ciecamente di lui e tutto andrà per il meglio. Speranza, fratelli e sorelle. Speranza. Perché, come diceva il grande riformatore Giovanni Calvino “La speranza non è se non l’attesa delle cose che la fede ha creduto essere state veramente promesse da Dio. Così la fede crede che Dio è verace, la speranza attende che al momento opportuno egli dimostri la sua veracità. La fede crede che Dio è nostro Padre, la speranza attende che una volta sia rivelata. La fede è il fondamento sul quale la speranza s’appoggia, la speranza nutre e mantiene la fede. Infatti, come nessuno può attendere e sperar nulla da Dio, se non colui che prima di tutto avrà creduto alle sue promesse, così d’altro lato è necessario che la nostra debole fede sia sostenuta e conservata da uno sperare e attendere pazientemente”.

Lode al Signore.  AMEN

Daniele Rampazzo