Sermone: L’acqua viva di Gesù
Giovanni 7,37-39
“Nell’ultimo giorno, il giorno più solenne della festa, Gesù stando in piedi esclamò: «Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno». Disse questo dello Spirito che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato”.
Cari fratelli e sorelle, la festa di cui si parla nell’Evangelo di Giovanni che abbiamo appena ascoltato, è quella ebraica di Sukkoth, ovvero delle Capanne. Una festa che ricorda l’esodo del popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto fino alla libertà nella Terra Promessa. Un tempo questo che ci viene ricordato dalla prima lettura, quella del profeta Geremia. Il tempo in cui Dio fece un patto con Israele, sancito dalla consegna a Mosè delle Tavole della Legge. Un patto che, come ci ricorda Geremia, Israele violò (vedi l’episodio del vitello d’oro). Ma ecco, cari fratelli e sorelle, quel patto, è Dio stesso che lo dice per bocca del suo profeta, deve essere rinnovato: “io farò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda”. Un patto dove la Legge non è più qualcosa di esterno, ma di intimo: “io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore”. Nel cuore di tutti, nessuno escluso. Tanto che, ci ricorda sempre il Signore, “nessuno istruirà più il suo compagno o il proprio fratello, dicendo: “Conoscete il SIGNORE!”, poiché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande». Tutti siamo sullo stesso piano agli occhi di Dio, nessuno escluso. Non c’è quindi bisogno, e qui appare ben evidente e saldo uno dei pilastri della Riforma, di una “casta”, di un “ordine” sacerdotale posto su una sorta di piedistallo che si arroga il diritto/dovere di istruire il resto del popolo di Dio in nome di Dio. “Tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande” perché tutti saranno in grado di accedere alla Parola di Dio, ovvero alla lettura della Sacra Scrittura. Ma non solo, e qui dall’Antico Testamento approdiamo al Nuovo Testamento, alla Lettera di Paolo agli Efesini che abbiamo appena ascoltato: un altro esempio di come la lettura dell’Antico Testamento vada sempre fatta alla luce del Nuovo. “… affinché egli … faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori”. La fede, la sola fede. Fede uguale fiducia, uguale affidarsi a Dio. Senza se e senza ma. E qui arriviamo all’Evangelo di Giovanni, al passo che ho letto poco fa: “Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Quindi, non solo “Se qualcuno ha sete, venga a me e beva” ma, dopo aver bevuto, sono anch’io, siamo tutti noi, in grado di “dar da bere agli assetati”. E come fare per “andare” a Lui e bere? Lo dice Cristo stesso: “Chi crede in me, come ha detto la Scrittura”. Cari fratelli e sorelle, il passo evangelico, come sempre, ponendo un po’ di attenzione è sempre chiaro e ci riporta ad un nostro dovere fondamentale di cristiani: la lettura biblica. Non possiamo dirci cristiani se non dedichiamo un po’ del nostro tempo alla lettura e alla meditazione sul testo biblico. Non aspettiamo quindi solo la domenica mattina per ascoltare la Parola di Dio e il suo commento: “ognuno è sacerdote di sé stesso” ci ricorda Lutero. Concentriamoci ora sull’ultima parte del testo di evangelico di oggi: “Disse questo dello Spirito che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui; lo Spirito, infatti, non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato”. Infatti, Gesù era ancora in vita, il figlio di Dio era presente in mezzo al suo popolo. Lo Spirito verrà dato dopo la sua morte, dopo la sua glorificazione. E i primi a beneficiarne saranno gli apostoli nel Cenacolo. Ecco quindi i tre passaggi fondamentali: Dio Padre che, nell’Antico Testamento, promette un nuovo patto e di “entrare” nel cuore di tutti; Gesù Cristo, il figlio di Dio Padre che, nel Nuovo Testamento, promette “fiumi di acqua viva” a quanti, assetati, si rivolgeranno a Lui; infine lo Spirito: Gesù ha lasciato questo mondo per tornare alla destra di Dio Padre ma entrambi sono presenti ora in mezzo a noi tramite lo Spirito Santo. Quello Spirito “che dovevano ricevere quelli che avrebbero creduto in lui”. Non abbiamo quindi timore, cari fratelli e sorelle: Dio è sempre in mezzo a noi, in Spirito e Verità. E possiamo sempre rivolgerci a Lui leggendo e ascoltando la Sua Parola e pregando e cantando gli inni in suo onore. Unica cosa da fare? “Chi crede in me” ovvero avere fede, ovvero fidarsi, avere fiducia, affidarsi totalmente a Lui. Egli ha sempre rispettato le sue promesse. Lo abbiamo visto anche in questo caso, nell’Antico come nel Nuovo Testamento. Pregare quindi con convinzione, convinzione che ciò che chiediamo ci viene dato: ma, attenzione, il giusto rapporto che dobbiamo avere con Dio non è considerarlo come il genio della lampada, che è al nostro servizio per esaudire ogni nostro capriccio. Il giusto rapporto significa vivere come Dio vuole, ubbidendo, perdonando e amando gli altri. Il giusto rapporto significa credere che Dio sa benissimo quello che è la cosa migliore da fare. E soprattutto, il giusto rapporto con Dio significa che la nostra volontà o i nostri piaceri, vengono dopo la volontà di Dio, perché Dio è Dio e noi non lo siamo. Quindi la volontà di Dio è sempre migliore della nostra, ed anche se non lo fosse, la volontà di Dio dovrebbe essere fatta semplicemente perché Dio è Dio. Questo, cari fratelli e sorelle, è il Dio sovrano e creatore, il Dio della Bibbia, che noi dobbiamo servire e del quale dobbiamo avere piena fiducia e al quale affidarci senza paura. Senza timore alcuno perché Dio non ci abbandonerà mai. Fidiamoci. Amen
Daniele Rampazzo