In ascolto: Sieger Köder: Abendmahl (Santa Cena)
L’immagine che avete davanti a voi si trova circa 30 km a sud di Roma a Villa San Pastore; è una villa che fa parte dello studentato Germanicum dove nell’anno 1973 il monaco Sieger Köder studiava e dove in quell’anno ha disegnato quest’immagine sulla parete della mensa della villa.
È un disegno che mi stupisce ogni volta che lo guardo e che in qualche modo è diventato per me come un’immagine della nostra chiesa. Penso che proprio all’inizio di un nuovo anno possa fare bene riflettere sulla nostra base. Su ciò che siamo chiamati a fare come chiesa, ma anche su dove troviamo la nostra forza per tutto ciò che vogliamo fare.
Chi è seduto a questo tavolo? Iniziamo a destra.
C’è un Africano, un ragazzo del cosiddetto terzo mondo. Ha il braccio rotto, forse si è fatto male in qualche guerra di cui è stato vittima. Abbiamo nella nostra città tante persone che hanno dovuto fuggire da situazioni che non garantivano più una vita dignitosa. Abbiamo in mezzo a noi tante persone che portano delle ferite. Loro devono arrivare a quel tavolo per trovare nuova forza, per saziarsi.
C’è una Signora nobile con il velo nero. Forse fa parte dell’aristocrazia romana. Sicuramente conosce bene il suo stato e le sue origini. Anche lei ha il suo posto. Non un posto d’onore, ma un posto, questo è l’unico punto importante perché anche lei ha bisogno di arrivare a questo tavolo.
C’è un intellettuale, uno studioso, uno che mette in dubbio ciò che è consueto, e in questo modo si rende antipatico. Non è facile sopportare in un gruppo le persone che mettono in continuazione in dubbio qualcosa. Possono dare fastidio con le loro domande insistenti. Però possono anche portare ad una riflessione più profonda. Gesù non ha mai invitato ad una fede cieca, ma alla riflessione della volontà di Dio.
C’è l’arlecchino seduto a quel tavolo, quello che con la sua ironia rende la vita quotidiana sopportabile. Lui stesso vive la propria esistenza tra riso e pianto. Talvolta mi sento così, non sapendo se ridere o piangere. Ci sono troppi fatti nella nostra città che mi sembrano assurdi, che fanno piangere o forse ridere.
C’è una vecchietta cieca tra gli ospiti, curva, sta ascoltando perché non vede l’ospite. Forse è una donna che chiedeva soldi davanti a qualche chiesa. Diventano sempre più le persone che chiedono l’elemosina. Ci sono quelli che hanno scoperto nell’elemosina un business e ci sono quelli che veramente non hanno idea di come possano arrivare con la loro pensione minima alla fine del mese.
C’è una signorina nel vestito rosso scollato. È una di quelle che si trovano lungo le nostre strade un po’ buie e appartate. È una bella signora e sono in tanti a cercare donne come lei. Una ragazza di vita. Anche lei trova il suo posto a tavolo.
C’è il rabbi ebreo con la sua sciarpa di preghiera. Uno che sta aspettando il Messia e valuta ancora che cosa l’ospite abbia da dire. Un uomo pio. Uno che cerca di adempiere la legge. Uno che vuole vivere la sua fede.
È un gruppo strano, che raramente si troverebbe nella realtà a un tavolo comune. Ma ogni figura ci fa vedere un pezzo di noi. Tocca a noi di identificarci più con l’uno o con l’altro, con le relative paure e problemi, con le loro passioni. Potete vedervi seduti a questo tavolo?
Vedo la nostra chiesa seduta a questo strano banchetto. Non penso solo alla chiesa di Padova, ma alla nostra chiesa in tutta l’Italia. A viste umane non può funzionare la composizione degli ospiti. Così è anche nella nostra chiesa. Talvolta mi chiedo come riusciamo a tenere insieme così tante nazioni diverse che fanno riferimento alla nostra chiesa, così tanti modi diversi di vivere e di esprimere la propria fede, così tanti modi diversi di leggere e interpretare la Bibbia. Da un punto di vista umano non funziona.
L’ottavo posto al tavolo è quello dell’ospite. Vediamo le sue mani ferite in un gesto di offerta, la sua luce che risplende nel volto degli altri commensali. È Gesù che è in grado di riunire tutta questa gente attorno ad un tavolo. E invita anche noi a fare parte della festa.
Ci piacerebbe prender parte a questa festa? Ci prendiamo il tempo per festeggiare con Gesù? Sentiamo la sua chiamata alla festa o vediamo solo il lavoro che si deve fare?
Penso che la sfida per noi sia proprio di lasciarci coinvolgere nella festa. Di staccare gli occhi e la mente da tutti i problemi umani che ci sono e di fissare invece l’ospite che ci invita a festeggiare insieme con lui. Ed è proprio questo che vogliamo fare adesso quando ci avviciniamo al banchetto che Gesù ha preparato per noi. Lui ci vuole dare nuova forza, vuole unirci tra di noi e con lui, vuole venirci il più possibile vicino.
Diamoci alla festa!
Amen
Ulrike Jourdan