In ascolto: Un giorno una parola – martedì 24 marzo
Sembra che il lavoro sia uno dei problemi più grandi del nostro tempo. Alcuni cercano disperatamente lavoro, fanno dei lavori per i quali non sono assolutamente adatti e si sentono frustrati perché non possono minimamente realizzarsi in ciò che fanno. Altri hanno invece troppo lavoro, cercano un equilibrio maggiore tra la vita con famiglia e amici e la vita lavorativa, ma sembra che la vita privata non debba più essere considerata se si vuole lavorare. Una legge perversa che talvolta penetra anche nelle nostre chiese.
Già nelle prime pagine della Bibbia si parla di lavoro:
Dio il Signore prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo lavorasse e lo custodisse (Genesi 2,15). Questo lavoro però è diverso. Custodire e lavorare il giardino è senz’altro un lavoro faticoso. La Bibbia non proclama il dolce fare niente. Ma chiunque abbia mai visto crescere una pianta conosce anche la grandissima soddisfazione di vedere il risultato della propria fatica. Chi conosce i tempi di un giardino sa che serve anche la pausa, lo shabbat nel quale il lavoro si ferma. Chi vede crescere non solo una pianta, ma anche, per esempio, un essere umano, sa quale grande fatica sia necessaria; sa anche quanto in questa crescita non sia opera nostra, ma pura grazia divina. Questo modo di lavorare porta al lodare Dio.
Il secondo versetto scelto per illustrare il pensiero è della prima lettera ai Corinzi (4,2) Quel che si chiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele.
Solo la parola ‘amministrazione’ mi sembra lontana più che mai dall’ambito della lode di Dio o da un lavoro soddisfacente. E invece no. Anche il lavoro nelle nostre chiese dovrebbe rispecchiare questa prima impronta che Dio ha dato nel giardino di Eden. Un lavoro certamente faticoso per il quale servono giardinieri, amministratori fedeli, ma soprattutto un lavoro piena di gioia che porta alla lode del Signore.
Buon lavoro!
Ulrike Jourdan