Sermone: Vieni presto in mezzo a noi
Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Osservate come l’agricoltore aspetta il frutto prezioso della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell’ultima stagione. Siate pazienti anche voi; fortificate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Giacomo 5,7+8
Cari fratelli e sorelle, questi due brevi versetti mi hanno richiamato alla mente il campo di formazione sulle emozioni, dedicato ad educatori e a persone che ogni giorno sono a stretto contatto con bambini ed adolescenti, che ho frequentato un paio di settimane fa ad Ecumene in quel di Velletri, nei dintorni di Roma. Penso che quasi tutti tra voi sapranno bene cos’è Ecumene, cosa rappresenti per le Chiese Metodiste e Valdesi e che cosa si faccia, per cui non indugerò oltre. Nell’ambito di un culto un po’ particolare, potremmo dire “interattivo”, ci è stata proposta la parabola del buon seminatore lasciando a noi partecipanti la possibilità di fornire risposte e interpretazioni, usando anche dei materiali con cui “drammatizzare” ovvero mettere in pratica la nostra riflessione. Io ho risposto, tramite alcuni disegni, anche se il disegno non è una delle mie espressioni migliori, che Gesù è il seminatore, colui che getta in noi il seme della fede che dovrà poi dare il frutto come l’agricoltore della nostra lettura odierna che aspetta il frutto della terra pazientando. Ecco , a mio avviso, il punto nodale della Scrittura di questa settimana: pazientando. Cari fratelli e sorelle, Gesù Cristo non ha fretta e non ci mette fretta. Il suo tempo non è il nostro tempo. Il suo è il tempo dell’eternità. Mi viene in mente, a questo proposito, un sermone, preparato dalla nostra cara sorella Febe Cavazzutti Rossi che ho avuto il piacere di leggere alcuni mesi fa in questa chiesa. Un sermone legato alla parabola della vedova che, come attestato nell’Evangelo di Luca, pazientemente, con molta pazienza, aspettava in un’aula di tribunale che le fosse resa giustizia. E il cuore di quella predicazione era la perseveranza, la perseveranza quale frutto della fede. Ecco quindi l’invito alla pazienza da parte nostra che ci viene rivolto dalla Parola del Signore anche questa settimana. Una pazienza che però sarà presto ricompensata: la venuta del Signore è vicina! Sì, fratelli e sorelle. Cristo, come dice bene l’inno n. 255 del nostro innario, che abbiamo appena cantato, Dio è qui presente, è qui con noi, ora, adesso, in questo momento! Lo è però in Spirito e tra poco ritornerà a rendersi visibile come ai tempi degli Apostoli e dei primi discepoli nel Nuovo Testamento. Del resto anche il versetto di Luca che abbiamo ascoltato all’inizio di questo culto afferma che la nostra redenzione è vicina. Gesù quindi ci è vicino: lo è ora nello Spirito, lo ripeto, e lo sarà, tra poco, in Carne come lo era duemila anni fa. Ma poco quando? Il tempo di Dio, lo ripeto ancora, non è il nostro. Noi lo misuriamo in un modo e Lui in un altro. Per noi è fatto di attimi, più o meno lunghi, di secondi, di minuti, ore ma anche settimane, mesi, stagioni, anni. E’ legato ai nostri eventi umani mentre Egli ci richiama all’eternità. All’attesa per entrare nel Suo Regno dove potremo finalmente ammirarLo in eterno. L’invito, cari fratelli e sorelle, è quindi alla pazienza ma anche a rinfrancare i nostri cuori. Non facciamo come le cinque vergini stolte della parabola che si erano assopite lasciando spegnere le loro lampade durante l’attesa, durante la veglia. Siamo invece come le cinque vergini sagge che hanno avuto fede e quindi hanno pazientato vegliando. E qui potremmo citare l’inno n. 339 Veglia al mattino che canteremo al termine di questa predicazione. Veglia ogn’ora, prega e sii fedel! Se crediamo nella Sua Parola, se abbiamo fede ovvero fiducia in Lui, perché dobbiamo star qui a preoccuparci? Egli ritornerà! Ma Lui è già qui. Basta ascoltarlo: Egli ci parla con la Sua Parola, ovvero la Scrittura e noi gli rispondiamo con la preghiera e nel culto domenicale anche con il canto. Del resto, anche il Salmo che abbiamo ascoltato in precedenza ci richiama a questo: “risveglia la tua potenza e vieni a salvarci!”. L’invito che rivolgiamo al Signore è ancora una volta quello di venire presto in nostro aiuto. E Lui lo farà, come promesso. Del resto anche l’intera Bibbia si chiude, con il libro dell’Apocalisse, con la parola “Maranatha” che in ebraico vuol proprio dire “Vieni, Signore vieni”. E tornando al versetto dell’Evangelo di Luca con il quale abbiamo aperto questo nostro culto odierno “rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina”. Come vedete, i passi della Scrittura dai quale traspare la promessa di Dio della sua prossima venuta sono molteplici. Noi abbiamo bisogno di Te ma sappiamo anche che Tu già ci sei, o Signore, anche se non Ti vediamo. Perché “là dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sono là in mezzo a loro”. Sempre il Salmo 80, cari fratelli e sorelle, ci richiama ancora una volta: “O Eterno, Iddio degli eserciti, ristabiliscici, fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvati”. Il suo essere presente, dunque, è garanzia di salvezza. Egli fa risplendere il Suo volto su di noi grazie alla sua presenza e alla fiducia che noi abbiamo in Lui. Lo stesso profeta Isaia, come abbiamo in precedenza ascoltato nelle letture odierne, ci viene in aiuto a comprendere tutto ciò: “Dove sono il tuo zelo, i tuoi atti potenti? Il fremito delle tue viscere e le tue compassioni non si fan più sentire verso di me. Nondimeno, tu sei nostro padre”. Eh già, nondimeno tu sei nostro padre. Anche se non ti vedo tu comunque ci sei. Lo sento. Cari fratelli e sorelle, spesso ci chiediamo: “Ma come è possibile che esista un Dio se sta accadendo ogni sorta di male nel mondo? Dov’è Dio?”. La risposta è che Dio è un padre, non è un padrone. Egli ci lascia liberi di agire secondo il Suo comandamento. Le sue direttive paterne ce le ha date. Egli ci ha parlato e ci parla ancora. Siamo noi che non lo ascoltiamo. Che non leggiamo la Bibbia e non ci comportiamo secondo la Sua parola. O magari lo facciamo ma non in maniera continua. E il profeta Isaia, come abbiamo appena ascoltato, lo sapeva bene anche ai suoi tempi “Noi siamo diventati come quelli che tu non hai mai governati, come quelli che non portano il Tuo nome”. E come la mettiamo però con chi opera il male? Che magari sta meglio di noi che cerchiamo, con le nostre deboli forze umane, di seguire i comandamenti del Signore? “I nostri nemici hanno calpestato il tuo santuario” dice ancora il profeta Isaia. Cari fratelli e sorelle, la vendetta non è di questo mondo, dice il Signore. Lasciatela a me. I conti, in poche parole, si fanno sempre alla fine. E ci penserà Lui. “Il popolo perisce alla minaccia del tuo volto” dice il salmista. Ma aggiunge anche “Signore, Dio degli eserciti, ristoraci, fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvi”. Non a caso l’epiteto, il richiamo è Signore degli eserciti. Un Signore, ci ricorda ancora il profeta Isaia nella lettura odierna, è “come il fuoco che accende i rami secchi, come il fuoco che fa bollire l’acqua” e questo per far conoscere il Suo nome ai Suoi avversari in modo quindi che “le nazioni tremerebbero davanti a te”. La punizione dei malvagi, quindi, sarà alla fine dei tempi, nel grande Giudizio Universale che ci aspetta. Lo abbiamo sentito poco fa con la lettura del Nuovo Testamento proveniente dall’Evangelo di Luca: “Allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire su una nuvola con potenza e grande gloria”. Anche questo è fidarsi, avere fede. Perché, continua l’evangelista Luca, “quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo perché la vostra liberazione si avvicina”. Quindi una fede che, ritorno alla Lettera di Giacomo, al nostro odierno testo di predicazione, noi dobbiamo aver coltivato partendo da quel piccolo seme che Lui, il seminatore, l’agricoltore paziente, ci ha affidato. Il seme era buono, non lamentiamoci poi con chi ce lo ha dato se non siamo stati capaci di far nascere la pianta o di non averla seguita abbastanza bene e averla fatta seccare. La responsabilità della pianta della fede è nostra ed esclusivamente nostra. E dovremo un giorno, quel fatidico giorno che ho appena citato, renderne conto al Signore, al donatore del seme. Fratelli e Sorelle, in alto i cuori: Dio è in mezzo a noi con il Suo Spirito e tra breve lo sarà anche in carne. Alleluia, alleluia. Come abbiamo sentito dal profeta Isaia “Ritorna per amore dei tuoi servi, delle tribù, della tua eredità”. Maranatha, vieni Signore, vieni. Vieni presto in mezzo a noi. Amen
Daniele Rampazzo