IL SOGNO DI SALOMONE

Davide si addormentò con i suoi padri, e fu sepolto nella città di Davide. … Salomone sedette sul trono di Davide suo padre, e il suo regno fu saldamente stabilito.

A Gabaon, il SIGNORE apparve di notte, in sogno, a Salomone. Dio gli disse: «Chiedi ciò che vuoi che io ti conceda». Salomone rispose: «Tu hai trattato con gran benevolenza il tuo servo Davide, mio padre, perché egli agiva davanti a te con fedeltà, con giustizia, con rettitudine di cuore a tuo riguardo; tu gli hai conservato questa grande benevolenza e gli hai dato un figlio che siede sul trono di lui, come oggi avviene. Ora, o SIGNORE, mio Dio, tu hai fatto regnare me, tuo servo, al posto di Davide mio padre, e io sono giovane, e non so come comportarmi. Io, tuo servo, sono in mezzo al popolo che tu hai scelto, popolo numeroso, che non può essere contato né calcolato, tanto è grande. Dà dunque al tuo servo un cuore intelligente perché io possa amministrare la giustizia per il tuo popolo e discernere il bene dal male; perché chi mai potrebbe amministrare la giustizia per questo tuo popolo che è così numeroso?»

Piacque al SIGNORE che Salomone gli avesse fatto una tale richiesta. E Dio gli disse: «Poiché tu hai domandato questo, e non hai chiesto per te lunga vita, né ricchezze, né la morte dei tuoi nemici, ma hai chiesto intelligenza per poter discernere ciò che è giusto, ecco, io faccio come tu hai detto; e ti do un cuore saggio e intelligente: nessuno è stato simile a te nel passato, e nessuno sarà simile a te in futuro. Oltre a questo io ti do quello che non mi hai domandato: ricchezze e gloria; tanto che non vi sarà durante tutta la tua vita nessun re che possa esserti paragonato. Se cammini nelle mie vie, osservando le mie leggi e i miei comandamenti, come fece Davide tuo padre, io prolungherò i tuoi giorni».

Salomone si svegliò, e capì che era un sogno; tornò a Gerusalemme, si presentò davanti all’arca del patto del SIGNORE e offrì olocausti, sacrifici di riconoscenza e fece un convito a tutti i suoi servitori.   (1 Re 2,10-12; 3,5-15)

Il mondo dei sogni è affascinante e incontrollabile. Basta ripensare ai nostri ultimi sogni: a volte ci capita di vivere le situazioni che più temiamo o che non sappiamo come affrontare; altre volte riviviamo situazioni in cui però personaggi, luoghi, tempi sono completamente differenti; altre volte ancora i nostri sogni sono assolutamente incomprensibili: scene sparse, senza alcun legame logico, sono popolate da persone che forse non sarebbe mai possibile riunire insieme. Nei sogni presente, passato e futuro non contano; la razionalità non è necessaria; le distanze non esistono.

Forse è anche per questo che a volte Dio si serve proprio dei sogni per comunicare con gli esseri umani, perché lì è più facile raggiungerci.

Salomone, alla morte del padre, il grande re Davide, si ritrova a capo del popolo che Dio si è scelto. Un compito difficile, tanto che Dio vuole dargli una mano e, durante il sonno, gli dice: “Chiedi ciò che vuoi che io ti conceda”.

Sembra la frase del genio della lampada: un desiderio, ma solo uno, da esaudire, un desiderio che una volta realizzato cambierà la tua vita e tutto andrà bene.

Quanti desideri affollano la nostra mente, desideri per i quali, a volte, saremmo pronti a tutt; quante cose sembra che ci manchino per poter definire soddisfacente la nostra esistenza…

Basta guardarci attorno: tante persone si lasciano tentare da facili guadagni; tante sprecano l’intero stipendio o la pensione nei giochi d’azzardo… (quante pubblicità arrivano sui nostri telefonini?) In televisione vengono trasmessi programmi che si offrono di realizzare ciò che più si desidera: migliorare l’aspetto fisico, rinnovare la casa, organizzare un matrimonio principesco, trascorrere megavacanza in zone esotiche…; quante pubblicità ci ricordano che è facile e veloce realizzare un sogno: basta chiedere un prestito, basta un giorno…

Se ci trovassimo al posto di Salomone, se avessimo la possibilità di chiedere a Dio ciò che vogliamo, che secondo noi ci permetterebbe di vivere bene, ci sentiremmo addirittura in imbarazzo.

E così Salomone pensa: forza militare eccelsa per vincere tutte le battaglie… fondi illimitati per realizzare qualsiasi progetto nel regno… fedeltà assoluta dei sudditi per evitare sommosse… sottomissione dei popoli vicini… oppure qualcosa per se stesso: vita lunga, serena, senza malattie, con molti figli, vera ricchezza di ogni famiglia del tempo, un periodo di regno tranquillo… che cosa scegliere?

Salomone sogna, e nei sogni, come abbiamo notato prima, passato, presente e futuro sono un’unica cosa, e così, prima di rispondere alla domanda di Dio, prima di scegliere, Salomone ricorda. Ricorda la storia del popolo di Israele, a partire dalle promesse fatte da Dio ai patriarchi e rinnovate nella storia gloriosa di Davide; ricorda la sua storia, il suo essere re, e la sua attenzione si sposta verso il futuro. Solo dopo aver considerato il presente, il passato e il futuro, Salomone risponde: dà al tuo servo un cuore intelligente per amministrare la giustizia per il tuo popolo e discernere il bene dal male.

Se Salomone fosse stato sveglio, probabilmente si sarebbe guardato attorno e si sarebbe lasciato condizionare e limitare dalle tante necessità del presente, ma nel sogno tutto è diverso.

Nel sogno davanti a Dio non c’è il re Salomone, con scettro in mano e corona in testa: Salomone è il servo convocato da Dio, non il potente che pretende, ma l’umile che riceve. Salomone è il giovane a capo del popolo di Dio che può riconoscere di essere inesperto e di aver bisogno di aiuto.

Nel mondo reale Salomone deve difendere il suo ruolo imponendosi agli altri, mostrandosi fermo, coraggioso, deciso… il sogno è il mondo in cui Dio ha scelto di incontrarlo per dargli la possibilità di valutare la sua offerta e decidere senza condizionamenti, liberamente. È un dono quello di poter essere se stessi, e non dover mostrare di essere quello che gli altri si aspettano.

E così nel sogno Salomone si riconosce nel popolo in cammino come uno strumento di Dio, non per realizzare il suo sogno personale di potere, ma per guidare se stesso e il popolo verso la vita che Dio ha da sempre in mente per l’umanità.

E solo adesso, finalmente, Salomone fa la sua scelta, che Dio conferma: Salomone riceve un cuore intelligente per compiere la volontà di Dio, sarà ricordato per la sua saggezza nell’ammi­ni­stra­re la giustizia, saprà distinguere il bene dal male.

Così la promessa del passato diventa presente per Salomone e per chi verrà dopo di lui. Ma Dio fa ancora di più: Oltre a questo io ti do quello che non mi hai domandato: ricchezze e gloriaSe cammini nelle mie vie, osservando le mie leggi e i miei comandamenti come fece Davide tuo padre, io prolungherò i tuoi giorni, ti benedirò, ti sosterrò.

Strana questa fine del dialogo fra Salomone e Dio: sembra che Dio con queste parole ponga una condizione alla realizzazione della promessa (se cammini nelle mie vie, se osservi le mie leggi…).

Ma, in fondo, Dio non chiede altro che quello che Salomone ha proposto: avere la saggezza per fare la sua volontà. E se Salomone ad un certo punto dovesse tentennare, sbagliare, e riporrà in altri la propria fiducia, come in effetti accade, che cosa succederà? La magia si spezzerà e la sua proverbiale saggezza lo abbandonerà?

La risposta è nella stessa frase: Dio propone Davide come modello di fedeltà. Se sfogliassimo i libri di Samuele, ci renderemmo conto che Davide non è stato proprio un credente perfetto, sempre fedele, da imitare in ogni cosa… anzi… Eppure Dio ha continuato ad amarlo e non gli ha rifiutato la promessa fatta.

Dio non torna indietro, non si lascia condizionare dalle risposte e dai comportamenti umani, e come è stato fedele alla sua promessa nel passato, con Davide, lo sarà anche con Salomone. E lo è ancora con noi oggi. Perché Dio forse non ci parlerà così chiaramente come ha fatto con Salomone, ma ogni giorno ci interpella chiedendoci di riflettere sulla nostra vita e sul nostro mondo e, alla fine, ci chiede: cosa vuoi che io ti conceda?

E qui la storia la fa ognuno di noi: sappiamo vincere la tentazione di considerare Dio un genio della lampada? Riusciamo a non lasciarci condizionare e limitare dal presente? Sappiamo chiedere qualcosa per il futuro e per la vita del popolo di cui facciamo parte, o ci limitiamo a inseguire la nostra sopravvivenza giornaliera?

Sappiamo chiedere a Dio di realizzare anche per noi la sua promessa, ricordando il passato e senza temere per il domani, o siamo così spaventati dal presente da non riuscire a fidarci della Parola di   Dio? Vogliamo chiedere a Dio la sua saggezza per fare la sua volontà?

Che Dio non si stanchi di rivolgerci ancora la sua parola, che non si stanchi di ricordarci il suo amore, che non si stanchi di proporci la sua volontà e di donarci la sua saggezza; che continui ad invitarci a partecipare al suo regno, un regno che in Gesù ha inaugurato per tutti coloro che a lui affidano la propria vita.

Che Dio ci accompagni verso il suo regno con la sua benedizione. Amen

Pastora Daniela Santoro

IL SANTO BACIO

“Del resto, fratelli, rallegratevi, ricercate la perfezione, siate consolati, abbiate un medesimo sentimento, vivete in pace; e il Dio d’amore e di pace sarà con voi. Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio. Tutti i santi vi salutano. La grazia del Signore Gesù Cristo e l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”.  (2 Corinzi 13,11-13)

“Quella domenica i banchi della chiesa rimasero semi vuoti. Noi giovani, reduci dal ballo, cercavamo di soffocare gli sbadigli, mentre gli anziani bisbigliavano tra loro il peccato e la dissolutezza. Il pastore ci ammonì contro le tentazioni del periodo estivo, esortandoci a stare in guardia dai demoni che ci attiravano sulla via più larga. Per l’ennesima volta nominò l’alcol come la più grossa radice del male, e condannò senza pietà tutti i tavernieri clandestini che facevano affari nella zona infischiandosene della devastazione che provocavano”. (Mikael Niemi, Cucinare con l’orso, Iperborea 2018).

Lars Levi Laestadius, il protagonista del libro che vi ho citato, è un esperto botanico e anche un carismatico pastore di origini sami, fondatore del movimento detto Il Risveglio che a partire dalla metà dell’800 si diffonde nell’estremo Nord della Svezia e della Finlandia. L’amore per il ministero pastorale vede Laestadius sporcarsi le mani con le cose più orribili che la vita porta con sé, senza mai perdere la fede, né la voglia di testimoniare l’amore di Dio, nonostante i banchi della chiesa fossero, ogni domenica, per lo più vuoti o pieni di persone addormentate o annoiate.

“I banchi della chiesa domestica sono vuoti”, sembra urlare Paolo poco prima dei versetti che ci accompagnano questa mattina. “Non sono fisicamente con voi, sono in Macedonia, ma lo so che sono vuoti”, dice Paolo. È vero, i banchi sono vuoti! Allora come ora. Sono vuoti a causa del fatto che si manifestano degli apostoli arroganti, che si definiscono super apostoli e che mettono in dubbio le credenziali e l’autorità di Paolo. Qualcuno dice infatti: «Le sue lettere sono severe e forti; ma la sua presenza fisica è debole e la sua parola è cosa da nulla» (10, 10). I banchi sono vuoti!

E Paolo ci tiene a ricordare ai cristiani di Corinto che l’arroganza, manifestata dagli falsi apostoli, è l’opposto della debolezza attraverso cui Dio preferisce lavorare come ha dimostrato attraverso la croce di Cristo. I banchi sono vuoti perché quelli di Corinto non hanno voglia di praticare un discepolato responsabile. Come Laestadius, Paolo, si sporca le mani, si espone, si arrabbia perché quelli di Corinto hanno bisogno, per la seconda volta, che venga fatto il punto su cosa è la fede e su come deve essere vissuta. Ed è per questo che in poche frasi prepara un programma composto da una premessa e da 4 punti, precisi e motivazionali.

La premessa: “Infine, fratelli rallegratevi”. Come è possibile che i banchi siano vuoti! Non avete voglia di rivedere i vostri fratelli e le vostre sorelle? La parola adelphos può significare un fratello con gli stessi genitori fisici, ma anche fratello spirituale, un fratello o una sorella figli dello stesso Dio. I cristiani nel primo secolo si riferivano l’un l’altro come fratelli della stessa fede.

Paolo ha mantenuto uno spirito gioioso nonostante le avversità che ha affrontato (Atti 16:25, Filippesi 1:18, 2:17, 4:10). La sua gioia si basa sulla sua relazione con Cristo. Ora chiama la comunità di Corinto a rallegrarsi per la stessa ragione. È come se dicesse: “Voi non siete soli! Non potete non sentire lo sguardo amorevole di Cristo che si posa su di voi. Ed è quello sguardo che rende lieve la vostra vita nonostante affrontiate difficoltà, dolori, incomprensione. In Cristo, con Cristo, in ogni caso, è impossibile non essere rallegrati”.

Paolo offre poi un programma in quattro punti che può servire anche a noi:

  1. “ricercate la perfezione” (katartizo): la parola katartizo viene usata quando un artigiano fa un restauro di qualcosa di vecchio e danneggiato e ridà forma e valore ad un oggetto. L’idea che vuole qui illustrare Paolo riguarda il fatto che è davvero necessario essere spiritualmente in forma. Bisogna ridare valore alla nostra spiritualità, coltivarla con esercizio e passione. Bisogna andare al culto, occorre la lettura delle Scritture, è necessaria la comunione con la propria comunità. E tutto ciò solo perché non possiamo fare a meno dell’essere rallegrati nel Signore insieme alle altre e agli altri!
  2. “siate consolati” (parakaleo): la parola greca parakaleo combina due parole, para (a lato di) e kaleo (chiamare), e significa “chiamare di lato” o “incoraggiare” o “confortare”. Statevi vicino, coccolatevi, amatevi come per primo vi è vicino, vi coccola, ci ama Cristo. Sì è proprio Cristo che ti chiama, a te, personalmente, da parte, e ti dice le parole di cui hai bisogno al momento giusto.
  3. “abbiate un medesimo sentimento”. Certo Paolo lo sa che ogni comunità ha le sue caratteristiche e che all’interno di esse vi possono essere molte incomprensioni. Però Paolo sa anche, che Cristo, chiede di portare le proprie diversità nelle chiese e che le chiese stesse devono trovare il mondo affinché esse possano dialogare. Non si tratta qui di omologarsi ma di mettere in dialogo le differenze che possono pregare lo stesso Dio, lo stesso Cristo.
  4. “vivete in pace” (eirene): la pace (eirene) è una parola significativa, che è presente quasi cento volte nel Nuovo Testamento. Ha le sue radici nella parola ebraica shalom, che è stata usata frequentemente nell’Antico Testamento. Ma sia l’eirene che lo shalom possono anche riferirsi l’assenza di rancore o violenza tra individui o nazioni.

Paolo chiama i cristiani di Corinto e noi a vivere in armonia e tranquillità l’uno con l’altra. Solo seguendo questo programma di Paolo i banchi non saranno più vuoti ma pieni di gente motivata e alleggerita dal peso della vita grazie alla fede e alla comunità. Ma attenzione Paolo non parla solo dell’attenzione dovuta alla spiritualità. Paolo parla anche dei corpi delle donne e degli uomini e ricorda loro che la perfezione o il sentirsi consolati, che l’avere un medesimo sentimento e il vivere in pace hanno bisogno di esprimersi attraverso i nostri corpi. “Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio” (v. 12).

Nella nostra cultura, i baci sono riservati a persone con le quali si ha un rapporto romantico o di parentela. Se noi però ci riconosciamo come fratelli e sorelle, siamo intimi in Cristo e quindi abbiamo un vincolo gli uni con le altre dato dalla fede! Nel Nuovo Testamento, il santo bacio era un simbolo dell’amore cristiano (l’amore che cerca il benessere dell’altra persona) piuttosto che l’eros (amore romantico). Era anche il simbolo della comunione cristiana. Gesù rimproverò Simone per non averlo salutato con un bacio (Tu non mi hai dato un bacio; ma lei, da quando sono entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. Luca 7:45). Nella chiesa primitiva, il santo bacio divenne parte della liturgia. Col passare del tempo, a causa di un uso improprio, la pratica si estinse nella chiesa occidentale, anche se è ancora viva nelle chiese ortodosse orientali.

Ma nulla è perduto! Possiamo ricominciare a darci il santo bacio, e vi invito a farlo, ora. Noi attraverso il santo bacio ci siamo riconosciuti in Cristo e ci sentiamo legati l’uno l’altra dalla nostra fede in Cristo.

Alla fine Paolo parla di grazia, associata a Gesù, di amore, associato a Dio, e di amicizia, associata allo Spirito Santo. Basta solo questo per riempire le nostre panche!  Le panche diventeranno piene, non scoraggiamoci!

Che Dio sia con noi nei nostri giorni e ci aiuti a riempire i banchi delle nostre chiese, che sia possibile non cadere nella trappola della tristezza; che sia possibile ripete, ogni giorno, il nostro “sì” convinto alla vita e soprattutto alla fede in colui che ci ha donato un nuovo respiro per stare al mondo con agio e sovranità.  AMEN

Pastora Daniela De Caro (sermone al culto di chiusura Assemblea II Distretto 2019)