Sermone: Il mio re

Iniziamo un nuovo capitolo, un nuovo anno liturgico che prima di tutto ci porta verso il Natale. L’avvento è un periodo di preparazione alla grande festa. Però per quest’anno sono previsti molti testi dell’Antico Testamento. Si potrebbe dire che non sono adatti al periodo dell’Avvento. Con l’arrivo di Gesù inizia qualcosa di totalmente nuovo, non dobbiamo più rimanere legati ai vecchi racconti che sono superati. Abbiamo vissuto dei periodi storici nei quali questo è stato il pensiero di vari teologi. Oggi cerchiamo di valorizzare le nostre origini, di vedere da dove è spuntato il messaggio di Dio, la sua parola che a Natale si farà carne.

Ascoltiamo una parola del profeta Geremia nel 23 capitolo i versetti da 5-8.

5 «Ecco, i giorni vengono», dice il SIGNORE, «in cui io farò sorgere a Davide un germoglio giusto, il quale regnerà da re e prospererà; eserciterà il diritto e la giustizia nel paese.  6 Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele starà sicuro nella sua dimora; questo sarà il nome con il quale sarà chiamato: SIGNORE-nostra-giustizia.  7 Perciò, ecco, i giorni vengono», dice il SIGNORE, «in cui non si dirà più: “Per la vita del SIGNORE che condusse i figli d’Israele fuori dal paese d’Egitto”,  8 ma: “Per la vita del SIGNORE che ha portato fuori e ha ricondotto la discendenza della casa d’Israele dal paese del settentrione, e da tutti i paesi nei quali io li avevo cacciati”; ed essi abiteranno nel loro paese».

Geremia scrive: Ecco, i giorni vengono», dice il SIGNORE, «in cui io farò sorgere a Davide un germoglio giusto, il quale regnerà da re e prospererà; eserciterà il diritto e la giustizia nel paese. Questo è il messaggio dell’Avvento. È la notizia dell’arrivo di un re, e non solo di un re, ma del re dei re.

Se penso ai re o alle famiglie reali, mi vengono in mente quasi in automatico i giornali che leggo dal parrucchiere. Ci sono queste storie di grandi amori e di grandi lotte, e alla fine rimane una sola impressione: i reali sono una truppa strana, talvolta affascinante con le loro abitudini antiquate, talvolta solamente strana. Già da tanto tempo hanno perso la loro funzione. Oggi quasi tutte le nazioni sono governate da presidenti e non più da un re. Così i re hanno perso anche i loro sudditi, che sono diventati cittadini liberi. I reali possono ancora rappresentare il loro Paese, ma non devono più regnare. Fanno ancora vivere un sogno del passato che però non corrisponde più alla realtà di oggi.

Si potrebbe pensare che questa perdita di potere faccia perdere anche qualcosa all’immagine del re, che ci viene presentata nella Bibbia. Ma non sembra che sia così. In qualche modo il re sembra essere un’istituzione che conosciamo, che ci serve, che ci fa bene e da stabilità.

Se guardiamo nel nostro innario, si trovano tanti inni che cantano del re, per esempio quello che abbiamo cantato oggi ‘Lode all’Altissimo’ che professa Dio come: ‘re dell’immenso creato’. E soprattutto nel periodo natalizio quest’immagine regale per Dio è molto utilizzata.

Sembra che anche nel 21° secolo l’attributo ‘reale’ non si lasci sostituire. Quest’aura, il prestigio, lo status, la provenienza non sono intercambiabili. Il mito del mondo dei re porta con sé un fascino che non si lascia cancellare, proprio perché è così fuori dal nostro mondo.

Già nella Bibbia troviamo questi due volti della monarchia. C’è gloria pura quando Davide fa di Gerusalemme la sua capitale o quando Salomone inaugura il tempio. Ma c’è anche molta meschinità quando uno come Erode mente ai Magi per sapere dove trovare Gesù o, peggio ancora, quando vediamo la fine del re Acab di cui i cani leccano il sangue.

Se pensate alla storia d’Israele, forse ricordate che Israele per lungo tempo non aveva un re ma era guidato dai giudici. Poi c’era una specie di rivolta nel popolo che diceva a Samuele: tutti gli altri popoli hanno un re, lo vogliamo anche noi! – E Dio si offende e risponde loro: così dovete anche convivere con tutti i lati negativi dei re umani.

La Bibbia conosce tutti gli aspetti della monarchia. Conosce i re che non si comportano in maniera particolarmente regale, ma chi è una volta re lo rimane. È così si legano sempre di nuovo delle speranze alla casa reale di Davide, ma nessuno adempie le speranze – fino a quando viene Gesù. Lui è questo re speciale e giusto. Gesù è quello che tutti avevano aspettato, già dai tempi di Geremia.

Ma Gesù non ci tiene a mostrare la sua origine. Saranno i suoi biografi a farlo successivamente. Gli evangelisti Matteo e Giovanni danno molto valore al fatto che Gesù agisca come un re. Lui preferisce essere modesto e quasi nascondersi. L’asino sul quale entra a Gerusalemme è preso in prestito. Non ci sono vessilli, e allora la gente usa foglie di palma. In questo modo Gesù appare come un re strano. Avrebbe tutte le qualità perfette, non solo la sua origine, ma anche il fascino personale – ma decide di rinunciare al potere umano. E noi conosciamo la fine, sappiamo che si lascia incarcerare e crocifiggere. Dal punto di visto umano è un re debole, quasi come i re di oggi che appaiono in uno splendore di tempi passati, ma non possono, di fatto, quasi più decidere nulla. Noi lo sappiamo che non è così, che il suo potere supera quello di tutti i re dell’antichità come quello dei re moderni. Alla croce vince il potere del peccato, vince la forza della morte.

La domanda per noi oggi è questa: come mi comporto io di fronte a questo re?

Incontro spesso persone che mi dicono: Gesù è uno che ha fondato una religione, un uomo giusto, senz’altro speciale, uno che ha fatto una fine tragica. Ma che cosa cambia se confesso oggi Gesù come re giusto? Vuol dire che devo offrirgli questo spazio anche nella mia vita personale, che lui può decidere anche in quelle cose che riguardano me. Solamente se gli diamo questo potere possiamo anche chiamarlo “nostro re”.

È proprio quello che Samuele cercava di spiegare al popolo quando chiedevano un re. Avere un re significa essere disposti a sottomettersi. Il re vuol essere seguito. Il re chiede attenzione.- Noi sappiamo bene che Gesù non è come i re umani che hanno tutti i loro difetti. Ma un re rimane un re. Se confessiamo Gesù come il nostro re, gli spetta il nostro onore, gli spetta la guida della nostra vita, gli spetta ubbidienza.

Il periodo dell’Avvento è un tempo per adorare il re dei re. Ci prepariamo alla sua venuta. Stiamo pulendo le nostre case e anche la nostra chiesa. Vogliamo che tutto sia bello per quest’ospite che verrà: compriamo anche dei regali per ricordarci che grande regalo sia per noi l’avvento del Signore. E ci impegniamo per la giustizia in questo mondo, almeno con le nostre piccole forze, perché vogliamo con questo richiamare l’attenzione sul fatto che Gesù non vuole solo salvare le anime ma cambiare e rinnovare totalmente questo mondo. Lui è il SIGNORE-nostra-giustizia. Per questo aiutiamo quelli che vivono nell’ingiustizia, nella povertà, nella fame. Per questo ci impegniamo nel modo che possiamo, anche con le nostre finanze. E ogni volta che diamo qualcosa, soprattutto quando diamo più di quanto volevamo dare, o addirittura più di quanto dovremmo dare, diamo onore a Gesù.

Ma non è decisivo quello che diamo o riceviamo umanamente in questo periodo dell’Avvento. Per primi siamo noi a ricevere un dono, riceviamo Gesù il re giusto che si è donato per noi, che ha cambiato il peccato con la giustizia.

Durante l’Avvento guardiamo in avanti o come dice Geremia: Ecco, i giorni vengono. Verranno i giorni nei quali vedremo il re in tutta la sua gloria. Possa condurci questo sentimento di gioia nel pregustare questo periodo.

Amen

Ulrike Jourdan