Sermone: Segni e miracoli

Vorrei oggi raccontarvi di una mia amica dei tempi della scuola. Per me è una persona concreta e speciale ma mi pare che il suo atteggiamento nei confronti della fede sia un esempio di qualcosa che possiamo ritrovare in molte persone dei nostri tempi.

Questa mia amica ha poco a che fare con la chiesa e ancora di meno con Dio. E quando parliamo della fede le sento sempre di nuovo dire: “Se Dio volesse veramente che io creda, mi manderebbe un segno inequivocabile.” Un miracolo, un segno in modo chiaro. – Vi confesso che talvolta piacerebbe anche a me avere qualcosa di più concreto in mano che non una fede che talvolta sembra essere astratta. Certe volte vorrei essere stata una delle discepole di Gesù che potevano vedere e toccare e nel suo nome fare dei miracoli che portavano nuovamente persone a Gesù. A me basterebbe qualcosa di poco spettacolare, forse qualche guarigione o qualcosa simile. Un miracolo che basti per generare fede, per far vedere chiaramente che Gesù è il messia che tutti aspettano, il verso salvatore.

Ai tempi di Gesù erano in particolare gli scribi e i farisei a valutare questi segni, perché come custodi della religione era loro il compito di smascherare i ciarlatani. Loro erano responsabili di combattere l’eresia – e parlare nel nome di Dio senza avere il potere da parte di Dio è eresia. Per questo loro pretendono da Gesù un segno che mostri l’autorità divina.

Per me è molto comprensibile ciò che loro fanno. Se qualcuno entrasse qui da noi parlando nel nome di Dio, anch’io pretenderei un segno concreto o forse lo accompagnerei direttamente alla porta. Comunque Gesù si rifiuta di fare vedere dei segni e lo spiega con delle parole che non sono facilmente comprensibili.

Leggo dal vangelo di Matteo 12,38-42

38 Allora alcuni scribi e farisei presero a dirgli: «Maestro, noi vorremmo vederti fare un segno».  39 Ma egli rispose loro: «Questa generazione malvagia e adultera chiede un segno; e segno non le sarà dato, tranne il segno del profeta Giona.  40 Poiché, come Giona stette nel ventre del pesce tre giorni e tre notti, così il Figlio dell’uomo starà nel cuore della terra tre giorni e tre notti.  41 I Niniviti compariranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c’è più che Giona!  42 La regina del mezzogiorno comparirà nel giudizio con questa generazione e la condannerà; perché ella venne dalle estremità della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui c’è più che Salomone!

Questi farisei e scribi danno voce al pensiero di tante persone che vorrebbero di pieno cuore vedere un segno, un miracolo, qualcosa che porta alla fede. Ci piacerebbe vedere dei segni grandi e potenti da parte di Dio.

Qualcuno mi chiede: perché Dio non può guarire la mia mamma che crede profondamente in lui? Perché non fa questo miracolo? Perché Dio non si immischia nei fenomeni naturali così che tutti possano vedere la sua potenza? Perché Dio non fa niente nel nostro mondo segnato da guerre e violenze e disuguaglianze sociali? Perché non dice una parola forte?

Ci sono tante persone che hanno il sogno di vedere chiaramente Dio e la sua volontà, persone che vorrebbero vedere delle prove evidenti dell’esistenza di Dio.

Però io conosco anche la mia amica della quale vi ho parlato e so come lei reagirebbe davanti ad un miracolo del genere. Sarebbe meravigliata, forse contenta o anche entusiasta, ma poi basta. Sono certa che non cambierebbe niente in sostanza, non importa quale miracolo Dio si possa far venire in mente.

Penso che sia proprio questo il motivo per il quale Gesù nega di fare vedere dei segni. Non esistono segni, attestati o prove perché in questo modo Gesù non vuole fare vedere la sua autorità divina. Lui non cerca una fede del genere che si basa soltanto sui segni eccezionali e anomali. Una fede del genere sarebbe al di più un Credere-che-sia-vero, una fede che afferma: “sì, Dio esiste veramente”, una fede domenicale che ha poche conseguenze per la vita quotidiana.

Gesù cerca altro. Lui cerca una vera relazione con i suoi discepoli, un legame vivo che coinvolge tutta la persona e non solo l’intelletto.

Quando qualcuno incontra Gesù per la prima volta, i segni possono essere importanti per superare il primo periodo del cammino nella fede. Vi racconto il mio personale miracolo che è successo tanti anni fa. Era ai tempi della scuola. Dovevo fare una verifica di matematica per la quale avevo studiato tanto e capito poco. Mi ricordo bene che prima di entrare in classe pregavo nel corridoio dicendo: “Gesù se tu esisti e se hai interesse alla mia vita, aiutami con questo compito!” Poi succedeva ciò che era da prevedere. Capivo poco di ciò che mi veniva chiesto, ho iniziato male e fatto un gran disastro. A quel punto accade qualcosa: il mio insegnante si alza, viene da me, si guarda il compito e mi fa vedere dov’era l’errore. Non è mai successo qualcosa del genere, né prima, né dopo. Questo era il mio miracolo. Il momento nel quale Gesù mi ha detto: Tu sei importante per me e i tuoi problemi sono importanti per me. – Oggi sorrido quando vi racconto questo episodio della mia adolescenza. Ma in quel momento è stato importante. È stato il mio punto di partenza, o diciamo meglio uno dei vari punti di partenza nella vita della fede.

Comunque posso sorridere oggi, perché la mia fede non è rimasta legata a questo miracolo, se lo vogliamo chiamare così. La mia fede è cresciuta come io sono cresciuta e oggi spero di non avere più bisogno di miracoli del genere. – Come una relazione tra due persone non può rimanere al punto in cui loro si dicono una volta nella vita un ‘Sì’, così anche la relazione tra noi e Gesù si evolve. L’amore vuol essere vissuto. Questo vale per l’amore tra due persone come per l’amore tra il credente e Dio. – Se parliamo di un matrimonio, è ovvio che debba fallire se dopo il giorno del matrimonio non succede più niente. Vale anche per la relazione con Dio che si fonda su un miracolo iniziale. Dev’esserci di più, sennò fallirà.

Ho pensato varie volte: se Dio potesse dare alla mia amica un bel segno, forse si sveglierebbe. E dopo penso: no, sarebbe nel primo momento la grande emozione, e poi rimarrebbe la domanda: che cosa vuol dire questo miracolo per la mia vita?

E poi mi dico: quanti segni dà Dio che non riusciamo a cogliere? Quanti segni ci deve ancora dare la natura prima che qualcuno capisca che c’è qualcosa che non va? Che cosa deve ancora succedere nella nostra società, prima che qualcuno si svegli? Quante guerre dobbiamo ancora combattere prima di capire che a Dio non piacciono?

Qualcuno vede ancora i segni di Dio? Sono abbastanza sicura che la mia amica sarebbe contenta, o forse avrebbe paura, sarebbe meravigliata e poi tornerebbe alla vita quotidiana. Per questo Gesù si rifiuta di fare il mago davanti ai farisei.

Però… dice Gesù e racconta due storie bibliche che i farisei e gli scribi conoscono bene. La prima è il racconto del profeta Giona che fugge davanti a Dio perché ha paura di predicare il giudizio di Dio ai Niniviti. Questa città era conosciuta per la sua incredulità. Il resto della storia la conosciamo: Giona finisce nel ventre di un pesce dopo che è stato gettato in mare durante la sua fuga, arriva comunque a Ninive e predica la fine entro 40 giorno se loro non si pentono e si convertono a Dio. E guarda, guarda, i Niniviti si convertivano dalla loro malvagità, e (Dio) si pentì del male che aveva minacciato di far loro; e non lo fece. (Giona 3,10) Questo comportamento non piace minimamente al profeta che esclama: “Deh, o Eterno, non era forse questo che dicevo quand’ero ancora nel mio paese? (…) Sapevo che sei un Dio misericordioso e pieno di compassione lento all’ira e di gran benignità, e che ti penti del male minacciato. (Giona 4,2)

Questo è il segno di Giona del quale parla Gesù. Lì dove i credenti si fanno muovere dalla parola di Dio. Dove qualcuno lascia la vecchia via, lì nasce una nuova e viva relazione tra Dio e il credente. Dove qualcuno si pente c’è spazio per la misericordia e per Dio, per la sua compassione e grande benignità.

Ninive è passato. Gesù ci chiede che cosa vogliamo noi lasciarci dietro. Giona annuncia ai Niniviti 40 giorni per il cambiamento. Questo tempo l’abbiamo anche noi. Sono i 40 giorni della Quaresima. 40 giorni per chiedere come sta la nostra relazione con Dio. 40 giorni per cambiamenti, per nuove vie, per esperimenti insieme a Dio.

Il secondo segno che ricorda Gesù è il racconto della regina del Mezzogiorno, la regina di Saba che ci viene presentata nell’Antico Testamento. Lei lascia il suo trono – teniamo presente che è una regina gentile – e affronta il viaggio attraverso il deserto per incontrare il re Salomone della cui saggezza ha sentito parlare. Lascia il trono, affronta le vie sabbiose del deserto per farsi arricchire dalla saggezza di Salomone. È talmente grande il suo desiderio di saggezza che riesce a lasciare dietro di sé tutto ciò che conosce e nel momento in cui incontra Salomone, incontra Dio.

Questo è molto coraggioso: dimenticare il proprio stato sociale, il possesso, il prestigio ed incamminarsi. Questo è un segno di una relazione viva con Dio. Questo desiderio che porta ad attraversare deserti, a lasciare correre le sicurezze, a lasciarsi sconvolgere le idee per incontrare Dio. Questo è il vero miracolo.

Gli abitanti di Ninive e la regina del Mezzogiorno: loro incontrano Dio non in un miracolo, ma piuttosto sulla via. Una via che porta verso la vita. Lì Dio è presente. Lì gli uomini che hanno paura della fine incontrano la misericordia, lì il desiderio trova la saggezza.

Gesù paragona la relazione tra Dio e il suo popolo con un matrimonio. C’è una promessa di fedeltà tra Dio e il popolo d’Israele. Però il popolo ha lasciato la relazione. È una generazione malvagia e adultera (che) chiede un segno.

L’ho già detto all’inizio. Anche in un matrimonio il giorno più importante non è quel primo giorno della festa, ma la somma di tutti i giorni che seguono. Una relazione non conosce solo livelli massimi, ma anche quelli minimi. Per questo non è un unico giorno che può dare stabilità, né a un matrimonio tra due coniugi, né alla relazione tra Dio e i suoi discepoli. È la fedeltà che rende invece stabile, anche in tempi di deserto e anche quando i segni e miracoli sono passati da molto tempo.

I credenti non hanno fondato la loro fede su dei miracoli ma sulla relazione con Dio che sperimenta solo chi si fa muovere e plasmare da quel Dio.

Così Gesù gira la domanda riguardo ai segni e ci chiede della nostra fede. Su che cosa si fonda la tua fede? È fondata su un grande miracolo che ti lascia senza parole davanti a Dio o su un incontro tramite il pentimento e il desiderio della sapienza e misericordia divina. Dio non vuol essere ridotto a un segno da ammirare, vuol essere vivo e intraprendere insieme a noi il cammino verso la vita.

Amen

Ulrike Jourdan