News: SINODO 2013

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Dal 25 al 30 agosto, in quel di Torre Pellice, nel cuore delle storiche Valli Valdesi, si è riunita quella che è la più alta autorità valdese e metodista, cioè l’assemblea generale composta da 180 membri chiamata Sinodo dell’Unione delle Chiese Evangeliche Valdesi e Metodiste.

Di seguito, potrete trovare le impressioni di un membro che ha partecipato ai lavori sinodali ed anche alcune importanti deliberazioni sinodali.

Relazione ed impressioni di una Deputata

In questa relazione non mi propongo certo di fare una rassegna esaustiva di tutti gli argomenti dibattuti al Sinodo; seguendo un criterio molto soggettivo, che comporterà numerose inevitabili omissioni, mi limiterò a segnalare i temi che mi hanno maggiormente colpita e che ritengo possano fornire a tutti noi utili spunti di riflessione. Rimando chiunque desideri un’informazione completa e approfondita al numero 34 di “Riforma”, Speciale Sinodo 2013; qualche annotazione e qualche commento si possono trovare anche nel numero 33 del settimanale. Spero davvero che ciascun membro di chiesa trovi qualche minuto per dare almeno una scorsa al ricco materiale offerto da “Riforma”: mi sembra, infatti, che l’appartenenza alla chiesa locale possa essere vissuta con maggiore consapevolezza se si ha un minimo di conoscenza di quanto avviene in ambito nazionale. Si è riscontrato l’ulteriore aumento delle quote dell’otto per mille, che da quest’anno comprendono – e su questo alcuni membri del Sinodo non hanno nascosto le loro perplessità – anche le quote non espresse, per un ammontare complessivo di circa 38 milioni di euro. Con questa tangibile espressione di fiducia e di stima da parte di un così elevato numero di persone che non appartengono alle nostre chiese, che spesso anzi non appartengono ad alcuna confessione religiosa, contrasta drammaticamente il deficit finanziario delle chiese, le quali, come è noto a tutti, si sono impegnate a non devolvere il ricavato dell’otto per mille alle proprie necessità interne, in primo luogo al campo di lavoro. A queste esigenze dovrebbero sopperire le contribuzioni dei membri di chiesa: ma queste non sono sufficienti, e sono in costante calo. Effetto della crisi, delle difficoltà economiche con cui tutti gli italiani in questi tempi difficili devono confrontarsi? In parte sì, indubbiamente. Sintomo dell’indifferenza e dell’egoismo di tanti membri di chiesa? Anche. Ma esiste una motivazione più profonda: un generale disagio, un diffuso senso di estraneità a una chiesa che molti non riescono più a sentire come la loro “casa”. Lo conferma un altro fenomeno: quello degli abbandoni, delle chiese che si spopolano. Nel corso di un anno, le nostre chiese hanno perso circa 400 membri. Come se fosse scomparsa l’intera chiesa di Angrogna, ha commentato amaramente il presidente del Sinodo, pastore Gianni Genre. Non stupisce allora che anche l’Editrice Claudiana sia in deficit e che il settimanale “Riforma-Eco delle Valli” subisca un calo costante di abbonamenti. Il Sinodo ha lanciato una serie di proposte per reagire a questa situazione, per evitare che le difficoltà finanziarie riducano al silenzio la piccola voce di una realtà culturale di minoranza, e appunto per questo quanto mai preziosa per l’Italia, come quella del protestantesimo storico. Risente di problemi finanziari anche la Facoltà Valdese di Teologia, della quale è stata illustrata l’intensa, vivace attività; nonostante alcuni pareri contrari emersi nel corso del dibattito, il Sinodo è arrivato alla decisione di consentire che l’attività di studio e di ricerca della Facoltà possa venire finanziata da alcuni progetti otto per mille. Le conseguenze delle difficoltà finanziarie che affliggono le nostre chiese si fanno sentire in modo particolarmente pesante nel settore del campo di lavoro. Al Sinodo 2013 due nuovi pastori e una diacona sono stati consacrati, ma le forze pastorali non sono sufficienti. Dal Sinodo sono partite alcune proposte per far fronte a questa ormai cronica carenza: le chiese autonome (quelle, cioè, che hanno diritto di scegliersi il pastore) sono state invitate a tener conto anche delle esigenze delle altre chiese, quelle non autonome, presenti nel loro territorio; si è auspicata una più stretta collaborazione tra chiese, e una riscoperta/rivalutazione dei talenti dei vari membri di chiesa; si è suggerito alla Tavola di introdurre anche in Italia l’uso, in vigore oltralpe, di un anno di “vacanza” ad ogni cambio pastorale. Dopo un vivace dibattito in più riprese, il Sinodo ha approvato inoltre un nuovo trattamento di emeritazione per pastori e iscritti ai ruoli. Molti problemi, dunque: non certo nuovi, ma che sempre più vanno aggravandosi. Sono problemi che meriterebbero di essere presi in seria considerazione da parte del Sinodo – meriterebbero a mio avviso (ma non sono la sola a pensarla così) un intero Sinodo dedicato a valutarli con l’attenzione che meritano. Questo, purtroppo, continua a non avvenire, dato che troppi sono gli argomenti sui quali ciascun Sinodo è chiamato a pronunciarsi e inevitabilmente i dibattiti, anche i più interessanti e promettenti, a un certo punto devono essere interrotti per lasciare spazio  al successivo punto all’ordine del giorno. L’intera formula del Sinodo andrebbe ripensata: anche dicendo questo non faccio altro che ripetere quanto ho sentito dire a Torre Pellice, da voci molto autorevoli. Tra gli altri ordini del giorno emanati dal Sinodo, oltre a quelli contro l’omofobia e contro il “femminicidio” o, meglio, contro la violenza di genere, mi è apparso quanto mai opportuno il richiamo allo Stato italiano a prendere provvedimenti contro l’intollerabile situazione delle carceri: un tema sul quale ritengo che l’attenzione delle chiese dovrebbe essere costantemente focalizzata. Tra le iniziative culturali organizzate in occasione del Sinodo, l’incontro a più voci nel Tempio sul tema “Santa ignoranza”. Gli italiani, il pluralismo delle fedi, l’analfabetismo religioso ha richiamato un foltissimo pubblico. Il più forte elemento di attrazione era costituito dalla presenza di Cécile Kyenge, ministra per l’integrazione, che anche in questa occasione si è dimostrata notevole per la
calma, la fermezza e la volontà costruttiva con cui affronta i continui attacchi di cui viene fatta oggetto a causa del colore della sua pelle e della sua stessa appartenenza di genere. Chiudo queste considerazioni con un caloroso invito a leggere, nel n. 34 di “Riforma”, la bella predicazione tenuta dalla pastora Maria Bonafede in occasione del culto di apertura, sul tema “Entrate per la porta stretta” (Mt 7: 13-14). Ne riporto un brevissimo stralcio: “Davvero noi valdesi siamo quelli della porta stretta, capaci di percorrere un sentiero impervio? Non lo so, ma in preghiera mi auguro che quella porta stia nel nostro cuore come l’opportunità del nostro presente e come il futuro che vogliamo”. Sia questo l’augurio anche per la nostra chiesa, dinanzi alle sfide e alle opportunità con le quali dovrà confrontarsi nel nuovo anno di lavoro che si è appena aperto.

Federica Ambrosini (Chiesa Valdese di Venezia)

ATTI DEL SINODO

Art. 120 – Il Sinodo, informato della situazione economica della Tavola valdese e del Comitato permanente OPCEMI in relazione al disavanzo tra contribuzioni e necessità finanziarie del campo di lavoro; informato altresì che le prospettive future vedranno diminuire progressivamente le entrate
provenienti dalla gestione degli stabili a causa della fisiologica necessità di accantonamenti e dell’aumento dell’imposizione fiscale; consapevole che la testimonianza cristiana nasce dal dono gratuito di Dio che chiama, ma al
contempo è esigente, e che l’uso del denaro è generalmente specchio dell’esistenza; ricordando che “dov’è il tuo tesoro, lì sarà anche il tuo cuore” (Matteo 6:21, Luca 12:34), invita i membri delle nostre chiese a riflettere sul loro rapporto con la Chiesa anche a partire dal proprio impegno contributivo; invita i consigli di chiesa e i concistori a studiare iniziative che motivino i membri di chiesa a contribuire generosamente, ricordando a tutti il vincolo liberamente scelto ed espresso anche nelle nostre Discipline; invita la Tavola e il Comitato permanente OPCEMI a studiare nuove strategie di
finanziamento, prendendo in considerazione anche le esperienze di altre chiese evangeliche europee e nordamericane. Ringrazia le chiese sorelle all’estero e i comitati di amici che, attraverso i loro generosi doni, hanno
permesso la chiusura in pareggio del bilancio.

Art. 123 – Il Sinodo approva il nuovo trattamento di emeritazione per gli iscritti nei ruoli amministrativi allegato al presente atto con le seguenti specificazioni: l’applicazione integrale inizia con gli iscritti e iscritte nei ruoli consacrati a partire dal 1 gennaio 2010; agli iscritti e iscritte nei ruoli che sono cittadini stranieri, per i quali è stato possibile versare i contributi solo a partire dal 2000, è riconosciuta l’anzianità dall’anno di entrata nei ruoli; agli iscritti e iscritte nei ruoli consacrati dal 1 gennaio 1996 al 31 dicembre 2009 e che al compimento del 70° anno di età non raggiungono i 40 anni di contributi, non potrà essere applicata una riduzione del trattamento di emeritazione superiore al 12,5%. Il Sinodo incarica la CR di predisporre i necessari adeguamenti regolamentari.

Art. 136 – Il Sinodo, richiamandosi a una predicazione cristiana che annuncia che il Signore ci ha accolti al di là del nostro genere, provenienza geografica, orientamento sessuale, come espresso nella parola biblica: “Non c’è qui né Giudeo né Greco; non c’è né schiavo né libero; non c’è né maschio né femmina perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù” (Galati 3:28) e che ci chiama a condividere questa gioia che invita all’amore per il prossimo; consapevole di rappresentare una chiesa che dialoga, al suo interno e con la società, riafferma il proprio impegno di contrasto a ogni forma di discriminazione, da realizzare anche attraverso percorsi di crescita comuni e di confronto sulle relazioni affettive. Richiama le chiese all’attenzione e all’ascolto delle esperienze di ogni persona vittima di sopruso omofobo. Invita le chiese a proseguire nell’organizzazione di momenti di crescita spirituali che sottolineino la centralità dell’accoglienza nella nostra spiritualità, anche organizzando veglie e culti in occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia (17 maggio) come già iniziato da anni in alcune chiese metodiste e valdesi e come avviene in molte chiese sorelle. Ringrazia la commissione Fede e omosessualità, che ora coinvolge anche le chiese battiste, per il lavoro svolto e per il materiale prodotto e invita le chiese a utilizzarlo, così come la lettera della CEPPLE sul tema della benedizione delle coppie dello stesso sesso. Richiama, di fronte ai gravi episodi omofobici degli ultimi mesi, la necessità che anche l’Italia, in coerenza con l’art. 3 della Costituzione della Repubblica, adotti al più presto una chiara legislazione contro la violenza omofoba.

Art. 137 – Il Sinodo, consapevole che il fenomeno della prevaricazione e della violenza di genere (verbale, psicologica, fisica) contro le donne è frutto di una secolare cultura patriarcale e sta emergendo quale problema sociale pericolosamente diffuso e trasversale rispetto alle convinzioni politiche, gli strati sociali e l’ubicazione geografica; che la sua degenerazione estrema, il femminicidio, si sta rivelando in tutta la sua gravità; che per contrastare questo stato di violenza sulle donne non è sufficiente agire con l’inasprimento delle pene, ma è urgente favorire un cambiamento culturale della società tutta, in cui la chiesa ha la sua parte di responsabilità; che è necessario un lavoro all’interno delle chiese metodiste e valdesi sul fronte della formazione alle relazioni e dell’ascolto delle situazioni sommerse perché queste non trovano voce neppure al nostro interno, anche per la difficoltà delle chiese d’intervenire nelle relazioni familiari; preso atto che una riflessione sulla maschilità esiste nelle nostre chiese e può essere una risorsa per ripensare i ruoli e le identità di genere; chiede agli organismi territoriali e alle chiese locali d’impegnarsi fortemente nel riaprire la discussione sulle questioni di genere e nell’affrontare i fenomeni di prevaricazione e violenza a tutti i livelli e con tutti gli strumenti a disposizione, al fine di favorire la crescita di una cultura che permetta di accettare le scelte dell’altro/a anche quando la relazione di coppia si rompe.
Chiede alla Tavola, agli organismi territoriali e alle chiese locali di appoggiare iniziative di sostegno (sia psicologico, sia finanziario) alle vittime di violenza.

Art. 140 – Il Sinodo, richiamando l’appello biblico di Genesi 2:15: “Dio prese dunque l’essere umano e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse”, le riflessioni proposte in questi anni dalla Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia sui temi della salvaguardia del creato, la Carta ecumenica del 2001 che esortava sia a riconoscere “con gratitudine il dono del creato, il valore e la bellezza della natura” sia a “impegnarci insieme per realizzare condizioni sostenibili di vita per l’intero creato”; ritenendo che l’impegno per la salvaguardia del creato sia uno dei compiti prioritari delle nostre chiese e che i nostri stili di vita e le nostre azioni, anche piccole, abbiano delle conseguenze globali, chiede alle chiese di mettere in pratica queste riflessioni attraverso azioni concrete come quelle proposte dalla Commissione GLAM con le esperienze di comunità ecocompatibili e/o con l’esperienza di certificazione ambientale come quella ottenuta dalla Chiesa valdese di Milano col progetto “Gallo verde”.

Art. 142 – Il Sinodo, anche alla luce della recente sentenza pilota della Corte europea dei diritti umani “Torreggiani contro Italia” che condanna la Repubblica per avere, nelle proprie carceri, violato le norme contro i trattamenti inumani e degradanti; nella consapevolezza che il grado di civiltà e di progresso sociale di un Paese si misuri anche dalla sua capacità di trattare in maniera dignitosa quanti sono per motivi penali privati delle libertà personali, denuncia la vergognosa situazione in cui versano le carceri italiane,luoghi di detenzione, ma, è bene ricordarlo, anche di lavoro, dove ai reclusi è sostanzialmente impedito l’accesso ai diritti fondamentali e dove operatori e agenti sono costretti a lavorare in condizioni indicibili. Auspica che le istituzioni della Repubblica, già più volte richiamate in tal senso da diversi organi internazionali, intervengano energicamente al fine di rimuovere tutti gli ostacoli all’accesso ai diritti fondamentali a quanti vivono l’esperienza della detenzione, nella convinzione che tali ostacoli tradiscano in maniera evidente lo spirito costituzionale della pena come trattamento finalizzato alla rieducazione del reo. Invita le chiese metodiste e valdesi italiane, nei propri territori, a partecipare a quanti più progetti tesi a promuovere il reinserimento sociale di detenuti ed ex detenuti, l’assistenza e
l’accompagnamento delle vittime di reato, la riconciliazione, anche sulla scorta delle esperienze avviate dalle chiese già impegnate in tale ambito e dalle opere diaconali.