In ascolto: Un giorno una parola – venerdì 27 marzo

Il popolo venne da Mosè e disse: “Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti”. E Mosè pregò per il popolo (Numeri 21,7)

Se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto (I Giovanni 2,1)

I due testi ci parlano di un mediatore tra l’uomo e Dio. Per il popolo d’Israele è Mosè il mediatore che deve parlare con Dio e che deve trovare una soluzione per la minaccia dei serpenti. Mosè deve forgiare e innalzare un serpente simile a quelli velenosi in modo tale che chi rivolga lo sguardo ad esso, dopo essere stato morso, continui a vivere. Eppure anche Mosè, che si assume questo compito di mediatore, non è in grado di offrire vita alle persone; esse ricevono vita solo da Dio.

È facile scegliere un leader che si assuma la responsabilità per la mia vita e anche per la mia fede. È invece quasi impossibile essere questo leader. I riformatori hanno sempre posto l’accento sul fatto che non servono mediatori tra Dio e l’uomo, perché abbiamo già Gesù Cristo, il giusto, che è nostro avvocato presso il Padre.

Ora la questione interessante è se ci piace tutto ciò o se non sarebbe molto più facile che qualcun altro si assumesse la responsabilità per le nostre faccende spirituali. – Forse sì, forse no.

Sì, sento anch’io il desiderio di un aiuto e proprio per questo Gesù ha mandato lo Spirito Santo come aiuto per i credenti. No, perché sono grata di potermi avvicinare direttamente a Dio. Lui mi capisce, non servono ulteriori mediatori umani. Posso venire a lui, riconoscendo il mio peccato, e trovare aiuto.

Mosè innalza il serpente. Quest’immagine è legata direttamente all’immagine del Cristo crocifisso. Io guardo la croce e so che lì trovo perdono, pace e nuova vita. La via verso Dio è aperta e nessun’altro me la può aprire se non Gesù.

Ulrike Jourdan