Sermone: La corsa della vita

Siamo entrati in un anno d’Olimpiadi. Non so se v’interessa lo sport e se tra di voi ci sono persone che seguiranno in estate le gare che si terranno a Rio de Janeiro. Comunque, pian pianino, sentiremo sempre più parlare dei grandi giochi. Arriveranno i gadget nei negozi e, se nei primi mesi dirò che non mi servono, alla fine so che avrò almeno una maglietta con le facce delle mascotte di quest’anno nell’armadio.

Il mondo si prepara al grande evento. Gli atleti invece si allenano già da tempo e in modo duro. Le Olimpiadi non sono una gara qualsiasi. Hanno qualcosa di “giocoso”, ma è un gioco da prendere sul serio.

Perché vi parlo delle Olimpiadi? Perché anche Paolo ne parla quando cerca di spiegare alla chiesa di Corinto il grande gioco della vita.

Leggo dalla 1 lettera ai Corinzi 9,24-27

24 Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio, corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. 25 Chiunque fa l’atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile. 26 Io quindi corro così; non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l’aria; 27 anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato.

Forse era anche per Paolo l’anno delle Olimpiadi quando scrisse la sua lettera. Infatti, a Corinto non avevano luogo i giochi olimpici ma quelli istmici, delle “piccole olimpiadi”, un evento speciale per tutta la zona.

Non m’immagino che Paolo fosse un grande fan della corsa, della lotta greco-romana o della ginnastica. Piuttosto, con quest’immagine dello sport, vuole passarci un’idea più profonda sul gioco della nostra vita.

Che cos’è la vita? È un gioco o è cosa seria? È più importante il divertimento ora o la meta da raggiungere? Vale: ‘l’importante è partecipare’ o è più importante vincere il premio? Forse Paolo direbbe: la vita è un gioco sì, che però si gioca su serio!

Adesso c’è forse qualcuno tra di voi che s’intende di teologia evangelica e mi dice: ma scusa, non è che noi cristiani riceviamo il premio per grazia e non per le nostre opere? Che cos’è questa storia che adesso devo correre e allenarmi, devo trattare duramente il mio corpo e alla fine non sono neanche certo di ricevere il premio?

Avete ragione. Non sono le opere, ma solo la fede in Gesù Cristo che salva. Nessuno lo sa meglio di Paolo. Ma lui non vede grazia e disciplina in contrapposizione. Paolo conosce qualcosa come una grazia della disciplina o la disciplina della grazia. Non veniamo salvati per le nostre opere, ma non veniamo neanche salvati senza aver compiuto delle opere. Non è che Paolo propone un metodo di auto-salvataggio, ma sottolinea che la grazia, anche se è grazia donata, non è mai grazia a buon mercato ma sempre grazia a caro prezzo.

Infatti, Dietrich Bonhoeffer – vi ricordate, anche di lui abbiamo parlato l’altra settimana, è quel teologo tedesco morto in un campo di concentramento – scrive nel suo libro ‘Sequela’: “La grazia a buon mercato è la nemica mortale della nostra chiesa. Ciò per cui noi oggi lottiamo è la grazia a caro prezzo. Grazia a buon mercato significa grazia come merce in vendita promozionale, significa svendita della remissione, del conforto, del sacramento; grazia come riserva inesauribile della chiesa, a cui attingere a piene mani, senza problemi e senza limiti; grazia senza un prezzo e senza un costo. … (La grazia) è a caro prezzo, perché chiama alla sequela; è grazia, perché chiama alla sequela di Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché costa all’uomo il prezzo della vita, è grazia, perché proprio in tal modo gli dona la vita; è a caro prezzo, perché condanna il peccato, è grazia, perché giustifica il peccatore. La grazia è a caro prezzo soprattutto perché è costata cara a Dio, perché gli è costata la vita di suo figlio».

Vivere nella grazia di Dio non è un gioco. – Adesso qualcuno potrebbe chiedere: Com’è, vince solo il migliore nella corsa della vita? O vincono solo in pochi il premio? Sono solo gli eletti, che saranno salvati, solo coloro che riescono ad apprezzare la grazia a caro prezzo? Tutto questo Paolo non lo dice. Egli usa con l’immagine della corsa una metafora che non è traducibile con il nostro pensiero consumistico.

Vivere nella grazia non è un gioco. La grazia è a caro prezzo. Quali sono le conseguenze? Una conseguenza è questa disciplina degli atleti di cui parla Paolo. Dice di trattare duramente il suo corpo per poter prender parte al gioco della vita. – Forse questo è un pensiero lontano per noi, il fatto che vivere nella grazia ci costi anche della fatica.

Prima del nostro testo Paolo fa una lunga discussione sul possibile utilizzo di carni degli olocausti per il proprio consumo e decide che non sarebbe un problema per la sua fede personale, ma per la fede di altri fratelli e sorelli sì, e per questo si astiene da queste mense.

John Wesley aveva nelle prime chiese metodiste una percentuale altissima di alcolisti. Per questo si decise a non bere alcolici, con l’eccezione di un bicchiere di vino all’anno – contro la superbia. Gli piaceva il vino e avrebbe potuto berlo senza problemi ma decise di non farlo per amore delle persone attorno a lui.

Chiediamoci quale disciplina della fede è richiesta oggi da noi. Chiediamoci come possiamo allenare noi la nostra fede in modo che regga la corsa fino alla fine.

Anche alla fede serve una certa prassi di allenamento. Servono canali per mettersi sempre di nuovo in collegamento con Dio e questo funziona soprattutto se uno lo fa con regolarità, disciplina e determinazione.

Quante volte sento delle persone che dicono: a me la preghiera non dice nulla. Non ho mai sentito nessuna risposta. Ogni due/tre anni mi viene il desiderio di provarlo ma rimango sempre deluso. – Avete colto il problema? Anche a me viene ogni due/tre anni il desiderio di correre una maratona e dopo i primi 400 metri capisco che non è fatto per me. Proverò di nuovo fra due anni.

O qualcuno che non riesce a leggere la Bibbia perché queste parole sono vecchie e non si capisce mai niente. Dico solo: regolarità, disciplina e determinazione. – Mi ricordo che durante gli studi dovevo preparare una lezione su uno scritto filosofico di Heidegger. L’ho letto una volta e non ho colto niente. L’ho letto una seconda volta, una terza volta, niente. Sono andata dal mio professore che mi diceva di rileggerlo. L’ho letto per una settimana ogni giorno, niente. Sono di nuovo andata dal professore per farmi cambiare il tema e mi ha rimandato a leggere queste quattro/cinque pagine ogni giorno. – Dopo quasi un mese era tutto chiaro. Non ho mai più dimenticato la profondità di queste parole.

La Bibbia non è un libro filosofico. Per questo non dobbiamo fidarci solo del nostro intelletto quando la leggiamo, ma Dio ci dà il suo Spirito Santo che ci vuole aprire il significato delle sue parole. Regolarità, disciplina e Spirito Santo sono insieme un team invincibile! Ma una certa disciplina ci vuole.

Paolo stesso corre ancora un’altra corsa. Egli partecipa alla corsa del vangelo sulle strade dell’impero romani fino alle estremità della terra. Questa è la sua corsa personale che gli costa tanto in termini di disciplina e sudore. La corsa è dura per Paolo. Egli viene contestato, perseguitato, imprigionato. Qualcuno si fa beffe di lui, altri lo ammirano, gli chiedono delle cose e poi viene scacciato vita. Paolo chiede molto a se stesso e riesce a non fermarsi perché non si tratta di se stesso. Non gli importa della fama, di stare sul podio alle luci della ribalta, non fa tutto ciò perché potrebbe trarne un qualche vantaggio personale. Si spende completamente per la causa di Cristo. La corsa di Paolo ha inizio sulla strada verso Damasco quando il risorto gli chiede: Saulo, Saulo perché mi perseguiti? Da lì Paolo ha solo una meta, cioè portare il vangelo nel mondo. Questo è per lui una fonte di motivazione e gli dà la sua forza. Paolo sa che la sua vita ha una meta e che Gesù gli dà la forza per terminare la corsa.

Anche noi siamo invitati ad accertarci da dove veniamo e in quale direzione andiamo. Ogni corsa della vita ha una meta. Non viviamo senza meta o senza senso. Non dobbiamo neanche fare questa corsa da soli e non dobbiamo essere più veloci degli altri. Chiunque riesca ad attraversare la linea di traguardo, ha vinto il cielo. Amen

Ulrike Jourdan