Sermone: La risurrezione di Tommaso

A Potsdam si trova un quadro di Caravaggio intitolato ‘Tommaso tocca le stigmate di Gesù’. In piena luce è visibile il torace di un giovane. Sotto il suo petto sulla destra si vede tra due lembi di pelle un buco. Con la sua mano destra toglie il vestito così che si possa vedere – e toccare bene. Con la mano sinistra porta la mano di qualcun altro vicino in modo tale da toccare la ferita. Altri due stanno dietro di loro e guardano pieni di tensione. Tutti gli occhi sono attratti da questo fatto incredibile. – Il quadro è fatto in modo tale da portare chi lo osserva a chiedersi ‘Ma lo fa davvero? Mette veramente il suo dito nella ferita?’ – C’è un misto di curiosità e orrore, tra oh! e ih! – Forse Caravaggio vuole dire: Attento, se tu sei uno che vuole sapere tutto fino in fondo potresti anche essere impressionato da quello che vedrai. – Ma alla fine sorge la domanda cruciale: questa storia di Pasqua, è vera o qualcuno se l’è inventata? Come si può credere? Forse toccando il Risorto, aiuta questo a comprendere ciò che succede?

Ascoltiamo il racconto della conversione di Tommaso come l’evangelista Giovanni lo riporta nel 20esimo capitolo.

19 La sera di quello stesso giorno, che era il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» 20 E, detto questo, mostrò loro le mani e il costato. I discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono. 21 Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre mi ha mandato, anch’io mando voi». 22 Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo. 23 A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti». 24 Or Tommaso, detto Didimo, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli altri discepoli dunque gli dissero: «Abbiamo visto il Signore!» Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò». 26 Otto giorni dopo, i suoi discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesù venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» 27 Poi disse a Tommaso: «Porgi qua il dito e vedi le mie mani; porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente». 28 Tommaso gli rispose: «Signor mio e Dio mio!» 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai visto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»

Il racconto inizia La sera di quello stesso giorno cioè domenica scorsa, la sera della risurrezione verso l’ora del tramonto. Siamo sempre ancora in quel primo giorno in cui le donne hanno scoperto la tomba vuota e Gesù ha incontrato Maria Maddalena. I discepoli di Gesù s’incontrano in quella serata a porte chiuse per timore dei Giudei. Avevano paura di che cosa sarebbe potuto succedere loro, adesso che il loro “leader” era stato eliminato. Sappiamo come Paolo prima della sua conversione avesse perseguitato i primi cristiani. Non era una paura inventata quella dei primi discepoli. Si trovavano veramente in pericolo, così come oggi tanti cristiani si trovano in pericolo quando vogliono professare la loro fede.

E poi succede ciò che non si erano aspettati. Gesù entra nel loro circolo chiuso, viene in mezzo alle loro paure e li saluta: «Pace a voi!» Giovanni non racconta come Gesù abbia fatto ad entrare, non gli interessa, ma presenta Gesù come un qualsiasi ospite che si mette in mezzo a loro. Non è l’atteggiamento di un fantasma o di uno spirito, Gesù non si presenta come una visione, ma si mette in mezzo così che tutti possano vedere bene. – «Pace a voi!» Gesù si presenta con un tradizionale saluto ebraico, ma anche con le parole che nelle chiese luterane vengono dette ogni domenica prima della predicazione. «Pace a voi!», ecco la parola di Dio. Dio è in mezzo ai suoi discepoli. La pace del regno di Dio che i profeti hanno promesso inizia con la presenza di Gesù Cristo.

Gesù mostra ai discepoli le mani e il costato e loro si rallegrano. Per me è strano questo pensiero di rallegrarsi vedendo le ferite di Gesù, ma chi si può immaginare che uno torni davvero dalla morte. Ci sono state tante idee su che cosa sarebbe successo. Si parlava di visioni che i discepoli avrebbero avuto e nel Corano leggiamo la teoria che qualcun altro sarebbe andato in croce al posto di Gesù. Tanti hanno cercato di spiegare che cosa sarebbe successo davvero attorno a questo famoso Gesù il Nazareno. – La Bibbia ci dice che il Risorto non era solo una visione, ma che colui che aveva i segni della morte in croce era proprio Gesù. Per questo i discepoli si rallegrano. Adesso è chiaro per loro: Gesù vive. Egli è il Signore!

E Giovanni racconta subito anche il passo successivo. Gesù soffia su di loro lo Spirito Santo e li rimanda al servizio. Come il Padre mi ha mandato, anch’io mando voi. Non viene dato del tempo per contemplare questa gioia. Non devono rimanere fermi e chiudersi nel loro circolo. La buona novella dev’essere sparsa in tutto il mondo. Questo è il progetto.

Or Tommaso, detto Didimo, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesù. Tommaso non era con loro. Perché? Non lo sappiamo, ma possiamo proporre due ipotesi. Numero uno: Tommaso era ancora più spaventato degli altri dieci e non è venuto all’incontro con gli altri per paura. Numero due: Tommaso era più coraggioso rispetto agli altri dieci e si trovava fuori dal circolo chiuso per trovare delle prove di ciò che Maria Maddalena aveva riferito della risurrezione. – Dovete decidere voi come volete vedere la figura di Tommaso. Io non voglio metterlo direttamente in cattiva luce solo perché chiede di più. In ogni chiesa si trova qualcuno che chiede più degli altri. Qualcuno che vuole sapere nei dettagli come funzionano le cose, qualcuno che non accetta la prima risposta. È importante sapere che esistono queste persone che vanno in profondità e che si assicurano che le risposte non vengano date con troppa facilità – è anche una sfida per ognuno che sia chiamato a dare delle risposte, ma Gesù non ha paura di affrontare delle domande difficili.

Gesù viene incontro a Tommaso in ogni aspetto. Aveva detto a Maria Maddalena di non trattenerlo, nel greco sta scritto “non toccarmi”. A Tommaso viene invece tanto più vicino di quanto lui si sarebbe aspettato.

Tommaso è chiamato Didimo, cioè gemello. In qualche modo diventa con le sue domande gemello di chiunque chieda di più, gemello di ognuno che non si accontenti delle risposte facili. Non voglio vedere quest’uomo come un miscredente, ma semplicemente una persona sobria che non accetta subito ogni nuova idea. Gli altri gli dicono: Abbiamo visto il Signore! Questo l’avevano anche già detto le donne quando tornavano dalla tomba vuota. Che cosa cambia? Diventa più credibile l’affermazione di dieci uomini rispetto a quella delle donne? Per la legge ebraica sì, per Tommaso no. Tommaso vuole un segno per credere. «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi, e se non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò»

Poi cambia scena. Ci troviamo una settimana dopo, nuovamente la sera, nuovamente a porte chiuse, ma stavolta in undici. E succede come la settimana precedente. Gesù venne a porte chiuse, e si presentò in mezzo a loro, e disse: «Pace a voi!» Ma adesso Gesù si rivolge direttamente a Tommaso e lo esorta a toccarlo. Non viene detto se l’ha fatto, se davvero abbia messo le sue dita sporche nelle piaghe di Gesù per poter credere. Forse è più importante vedere che Gesù è disposto ad offrirsi così che Tommaso possa credere. Gesù non rifiuta la domanda, non porta solo delle parole, ma si lascia toccare anche se fa male. Sì, forse Tommaso ha davvero toccato l’orrore, non solo per sé stesso ma anche per tutti i suoi gemelli che non vogliono credere nei fantasmi, che vogliono avere delle prove visibili e tangibili del fatto che la nostra fede ha un fondamento solido. Forse dovremmo essere tutti quanti grati a Tommaso che si è assicurato per tutti noi della credibilità di questo evento incredibile che chiamiamo risurrezione.

E poi sentiamo dalla bocca di Tommaso le parole: «Signor mio e Dio mio!» È il primo credo pronunciato dopo la risurrezione. Il primo credo viene dalla bocca di uno che sembra avere poca fede. Si può raccontare la fede solo professandola, la fede si vede nel suo effetto non nella sua origine.

Il fatto che Gesù gli sia venuto incontro ha trasformato il miscredente. Diventa un uomo nuovo. Non deve più volere ciò che voleva. Non gli servono più delle prove che deve toccare con le proprie dita per capacitarsi di ciò che era successo. Adesso Tommaso può credere, può affidarsi a Gesù che gli è venuto incontro, così tanto vicino che non l’avrebbe mai creduto.

Giovanni ci racconta qui la risurrezione di Tommaso. Tommaso è diventato una nuova creatura, un credente fiducioso. Tommaso è risorto! Abbiamo detto all’inizio che questa domenica si chiama “Quasimodogeniti” – come bambini appena nati. Così è Tommaso adesso, una nuova creatura. – Adesso ha colto con tutto il suo cuore, con la suo anima e col suo intelletto: l’unico punto importante è la fiducia. Fiducia nell’amore di Gesù che ci viene incontro.

Quando parliamo della risurrezione di Tommaso vediamo una vita nella sua pienezza. Una vita piena di fiducia nei confronti del risorto, una vita che non deve sopprimere i dubbi, né deve abbellire le ferite e offese. Si tratta di una vita con tutte le sue tristezze ed esitazioni. Si tratta di una vita che può vedere anche ciò che è orrendo… Ma dopo la Pasqua si può vedere tutto ciò in una nuova luce, nella luce dell’amore di Dio.

Tommaso non si è fermato. Si è assicurato della solidità della sua fede e poi è partito. Gli scritti antichi dei Padri della chiesa raccontano che avrebbe evangelizzato in Persia; e anche in India si sono trovati dei cosiddetti manoscritti di Tommaso.

Tommaso è partito per raccontare la sua fede, per portare il suo credo al mondo. Si è lasciato mandare, pieno di Spirito Santo, così come Gesù voleva. Tommaso è risorto. Ha cambiato una vita di dubbi e insicurezze in una nuova vita piena di fiducia, amore e certezza.

Questo è la risurrezione che Gesù vuole donare a chiunque venga a cercarlo.

Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: La rivoluzione pasquale

„Gesù è risorto, gioia e gratitudine accompagnano questo giorno; la rivoluzione, l’unica vera rivoluzione della storia è successa; la rivoluzione del mondo tramite l’amore.”

Chi pensate abbia scritto queste parole? – Non è stato un teologo, ma il leader dei gruppi studenteschi in Germania negli anni ’60, anni rivoluzionari. Rudi Dutschke, un giovane studente che aveva una visione non-violenta del socialismo e del comunismo per tutto il mondo. Lui è diventato famoso morendo in seguito in un attentato. In questa citazione possiamo vedere qualcosa della sua impronta di fede. Era evangelico e cercava di mettere insieme le sue visioni politiche con la fede cristiana.

Già la parola ‘rivoluzione’ fa vedere come pensava. E ho l’impressione che con rivoluzione siamo molto vicino a ciò che ci racconta l’evangelista Marco alla fine del suo vangelo. Leggo dal capito 16 i versetti 1-8.

Passato il sabato, Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome comprarono degli aromi per andare a ungere Gesù. 2 La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole. 3 E dicevano tra di loro: «Chi ci rotolerà la pietra dall’apertura del sepolcro?» 4 Ma, alzati gli occhi, videro che la pietra era stata rotolata; ed era pure molto grande. 5 Entrate nel sepolcro, videro un giovane seduto a destra, vestito di una veste bianca, e furono spaventate. 6 Ma egli disse loro: «Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso; egli è risuscitato; non è qui; ecco il luogo dove l’avevano messo. 7 Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete, come vi ha detto». 8 Esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro, perché erano prese da tremito e da stupore; e non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura.

È un rivolgimento, un capovolgimento ciò che Marco ci racconta. Tutto ciò che conosciamo, come cristiani ma anche come persone che fanno esperienza della vita, tutto viene messo sotto sopra. Il racconto di Marco non è logico. Tutto ciò che è chiaro, conosciuto, sicuro viene messo sottosopra – questa è la rivoluzione. La risurrezione di Gesù non sta bene nel nostro mondo, è qualcosa di totalmente diverso che non si può semplicemente accettare e poi andare oltre come se non ci fosse stato niente. L’annuncio della risurrezione lascia delle tracce. – Qualunque esse siano.

L’ordine del giorno lo conosciamo. La vita quotidiana va avanti che ci piaccia o meno. Spesso nessuno ci chiede se vogliamo andare oltre oppure fermarci, perché è la vita che va oltre. E così succede anche per le donne di cui Marco racconta. Fino all’ultimo momento hanno aspettato vicino alla croce, ma non è successo nulla che potesse consolarle. Erano e sono rimaste piene di tristezza, dolore e disperazione. Quello che, secondo le regole del nostro mondo, doveva avvenire è avvenuto. Quando uno è attaccato alla croce non c’è più una via di fuga. Viene la morte, un po’ prima o po’ più tardi, ma viene la morte. E quando questo momento si verifica, si piange, ci si lascia andare alle emozioni e poi in qualche modo ci si arrangia, abituandosi alla nuova situazione, si inizia a preparare il funerale. Si cerca di esprimere l’amore per la persona con questi ultimi onori. È importate fare questi passi conclusivi, ma di più non si può fare. La vita finisce.

Le donne che vengono presto la mattina alla tomba di Gesù hanno già fatto le loro esperienze con la vita e la morte. E come tanti di noi sanno che fa bene avere qualcosa da fare. Avere le mani impegnate aiuta contro pensieri troppo tristi. Non si può annegare nella tristezza fintanto che ci si occupa di fiori e oli profumati e soprattutto quando si può lavorare insieme con altri. È un classico: fino a quando c’è qualcosa da fare e organizzare chi è rimasto sta bene. Il momento davvero duro è quando il funerale è finito e i parenti sono tornati a casa. Si presenta allora il grande buco della solitudine, l’incomprensione e il lutto che fa male e poi i tentativi di accettare la situazione.

Tutto ciò è ancora molto lontano per le donne che vanno la mattina dopo il sabato presto alla tomba di Gesù. Vogliono pensare a qualcosa di bello, vogliono profumare il corpo morto e farlo proprio nelle prime ore del nuovo mattino. Com’è bella una mattina in primavera! Da noi si dice: nuovo giorno – nuova felicità. È proprio questo che cercano queste donne: nuova felicità. Loro vorrebbero vedere tutta la tristezza che hanno passato in un’altra luce. Forse hanno il desiderio che il sole mostri che tutto era solo un incubo che passa nella luce del giorno. La vita va oltre. Il mattino presto con la sua calma, con la natura che si sveglia, sembra portare più vicino al Creatore, sembra di vedere il mondo così com’era all’inizio. Ma poi subentra la realtà.

Passa presto quel momento di serenità e la vita quotidiana rientra con la sua forza. Ad ogni nuovo passo che porta più vicino alla tomba, la speranza che tutto potesse rimanere perfetto com’era il primo mattino diventa sempre più piccola. – E poi viene il pensiero della pietra. Ancora prima di raggiungerla c’è già questa pietra che pesa nell’animo delle donne. La pietra inasprisce la vita, cerca di soffocarla, di bloccarla tra ansie e paure così che non possa svilupparsi. – Anche sulle nostre anime c’è spesso un grande peso, grande quanto quella pietra, così che la gioia e la vita non possono venire fuori. E sappiamo che spesso non ce la facciamo noi da soli a togliere questa pietra. Con quale velocità siamo stanchi da morire, stanchi di questo mondo, stanchi di Dio. Quante volte sembra che la morte sia più potente rispetto all’amore, sembra che tutto sia inesorabilmente finito. La domanda Chi ci rotolerà la pietra dall’apertura del sepolcro non è, in fondo, una vera domanda, ma solo un sospiro che non sa attendere una risposta. Silenzio. La pietra ci chiude la bocca.

Ma gli occhi sono aperti e vedono ciò che non si potrebbe vedere, ciò che non è possibile – la pietra non c’è. Ciò che era sicuro al massimo grado, così opprimente, così vincolante, così gravoso non c’è più. – Talvolta ci capita di leggere scritto attorno ad un orologio in latino ‘mors certa, hora incerta’. Niente è più sicuro nella vita della morte. Così sicuro come la pietra davanti alla tomba, una pietra che è troppo pesante per essere rimossa.

La pietra non c’è più. Tutte le certezze non ci sono più. Tutto è diverso, tutto è sottosopra, rivoluzionato. Il fondamento più sicuro è stato tolto al mondo. L’impossibile è diventato possibile. – Adesso che non c’è più la pietra è possibile vedere l’angelo. La tomba non è vuota. Sullo sfondo delle ansie, delle insicurezze e dell’angoscia si vede la veste candida. La luce entra nel buio quotidiano – e le donne reagiscono con spavento. Chi è in grado di affrontare la rivoluzione della vita con calma? Tutto quello che sembra fermo e stabile inizia a tremare quando l’angelo dice un’unica parola, in italiano sono tre: egli è risuscitato. Non basta la nostra lingua, sia l’italiano o il greco per esprimere con parole umane che cosa vuol dire la risurrezione di Gesù.

Chi l’avrebbe pensato quando Maria cantava ancora prima della nascita di suo figlio: “ha detronizzato i potentiLuca 1,52 . Ha detronizzato addirittura la morte. Succede qualcosa di nuovo come all’inizio della creazione. Dal nulla sorge la vita, dalla morte sorge la vita. Il creatore si mette in gioco come all’inizio. Fa risuscitare il suo figlio unigenito, e lo porta dalla morte in una vita nuova.

Il filosofo francese Voltaire era conosciuto per le sue beffe – potremmo dire anche cattiverie – sulla fede cristiana. Ma quando venne interrogato a proposito della risurrezione diede una risposta che non ci aspetteremmo. Una donna gli domandò come fosse possibile che esistessero delle persone che davvero credevano nella risurrezione. Voltaire rispose: “Madame, la risurrezione è la cosa più facile del mondo. Colui che ha fatto una volta l’uomo può farlo anche una seconda volta.” È così facile – e nello stesso tempo rivoluzionario – perché con la risurrezione di Gesù Dio ha posto un nuovo inizio. Dio ha messo fine alla fine mortale, perché il suo inizio è più potente rispetto la morte. Quella mattina della prima pasqua è il nuovo inizio cristiano.

La base della vita di queste donne che sono venute ad ungere il corpo di un morto è cambiata quando hanno visto la tomba liberata dal potere della pietra. La loro via le porterà verso il loro Signore. Senza grande parole seguiranno la buona novella, andranno e vedranno Gesù il risorto.

Questa rivoluzione ha delle conseguenze. Il mondo non è più com’era prima di Pasqua quando la morte aveva l’ultima parola. Adesso è cambiato: la vita dice l’incisiva e ultima parola. Se parliamo adesso di speranza, non è più una speranza che verrà una volta alla fine, ma è una speranza attuale. Il nuovo ha già avuto inizio e ci dona in continuazione nuovi inizi. Ogni volta quando qualcuno sente l’evangelo c’è la possibilità di questo nuovo inizio che porta verso la vita. Ogni volta che ci mettiamo sotto la benedizione di Dio, il Signore vuole donare un nuovo inizio, ogni volta che veniamo alla mensa del Signore, la fine mortale cede il passo e si apre un nuovo inizio per la comunione con Gesù Cristo.

Ogni ora della nostra vita può adesso diventare un nuovo inizio, nessuno è definitivamente fallito, c’è sempre la possibilità di iniziare da capo. Tutto ciò ha fatto Dio – a noi spetta di accettare e fare parte di questa rivoluzione dell’amore.

Le donne alla tomba erano mute, così spaventate da non dire neanche una parola. Eppure la buona novella si è sparsa velocemente ed è arrivata fino a noi: il nostro Dio ha vinto la morte. Per puro amore ha messo sottosopra le regole di questo mondo: se accettiamo questo, il nuovo inizio vale anche per noi.

Amen

Ulrike Jourdan

In ascolto: Hai riempito le mie mani

Chagall

Vorrei che oggi insieme riflettessimo su un disegno di Marc Chagall. Un artista nato nel 1887 in Russia bianca. Forse nei tratti di queste persone si può vedere qualcosa che ricorda la Russia. Sono una coppia, stanno molto vicino, addirittura le loro teste si toccano. La donna tiene nella mano destra una candela accesa. L’uomo ha un libro in mano. Sono circondati da simboli che hanno a che fare con la loro vita.

Vediamo a sinistra il crocifisso, che sembra quasi sorvolare i due personaggi. Guarda dall’alto verso di loro due e apre le braccia in un gesto di benedizione. L’artista ci mostra Gesù come ebreo con lo scialle di preghiera intorno ai fianchi. La tavola che riporta le parole Iesus Nazarenus Rex Iudorum, ci ricorda che Gesù era Nazareno e che viene mandato alla croce perché visto come il re degli ebrei. L’aureola ci dice che quest’uomo sulla croce è il Messia, il servo sofferente come ci viene presentato da Isaia.

Anche la pendola è un motivo che Chagall ha usato spesso come simbolo del tempo che passa e come avvertimento della vanità della vita.

In questa prospettiva possiamo anche interpretare la candela che la donna tiene nella mano. La fiammella della vita è minacciata, deve essere protetta. La vita si può spengere facilmente.

Rimangono ancora come simboli la luna che nel suo ritmo crescente e calante fa pensare nuovamente alla fugacità della vita e poi il libro in mano all’uomo. Senz’altro questo libro è la bibbia ebraica. Questo testo era il filo conduttore della vita nel ghetto ebraico dove cresceva il giovane Marc Chagall.

La vita dell’uomo e della donna in questo disegno è compresa tra la pendola borghese e le sofferenze del crocifisso, tra il suono dell’orologio e il grido: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Marco 15,34) Loro due, come anche noi, vivono nel campo di tensioni tra la bellezza generale e il progressivo degrado, tra l’amore e la morte. Vivono la loro vita, scandita dalla luna con il libro dei libri in mano, che è il filo conduttore della loro vita.

Questo quadro si intitola: Mi hai riempito le mani. Sì, Dio ha riempito anche le nostre mani. Con la fiammella della vita che ci dato e con la sua parola d’amore che ci conduce in questa vita.

Ulrike Jourdan