Sermone: L’agire dello Spirito Santo ieri e oggi

Che cos’è l’evento che festeggiamo oggi insieme? Lo chiamiamo Pentecoste ma che festa è?

Nel libro degli Atti nel capitolo 2 ci viene raccontato della prima Pentecoste cristiana. Che cosa succede in questo racconto? È una storia particolare che però potrebbe situarsi anche oggi, qui a Padova. Inizia così: Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo. Ci sono delle persone che per vari motivi si trovano nel tempio di Gerusalemme. Ci sono quelli che frequentano regolarmente il tempio, persone che sono affezionate ai discorsi che si possono sentire dai vari sacerdoti e tra di loro ci sono altre persone che forse si trovano lì per la prima volta. In quello shabbat c’è una festa. Noi festeggiamo la Pentecoste – penta/cinque-coste/è il decimale, cinquanta – giorni dopo la Pasqua. Gli ebrei festeggiavano e festeggiano Schawuot, la festa delle settimane. Questa festa, che si celebra sette settimane dopo la Pasqua, ha un carattere gioioso per la prima raccolta del grano, per cui si esprime il profondo ringraziamento a Dio. All’epoca si offrivano le primizie del grano come sacrificio nel tempio. – Per questo c’era tanta gente diversa nel tempio per festeggiare e ringraziare Dio per tutte le cose buone che lui offre ogni giorno. Non erano venuti solo i soliti frequentatori del tempio ma tante persone anche da lontano. Persone credenti, persone curiose, israeliti e stranieri persone che volevano vedere e festeggiare.

Tutti quanti trovano uno spazio nel tempio. Questo rimane così ancora oggi. Ognuno è venuto per i suoi propri motivi ma tutti si trovano insieme. Forse i singoli gruppi si guardano ancora da lontano, non sanno ancora bene che cosa pensare gli uni degli altri. Ma tutti quanti si trovano insieme in quello spazio dedicato a Dio.

E poi succede, quel giorno della prima Pentecoste ciò che nessuno probabilmente si era aspettato. Vi leggo la prima parte del racconto di Pentecoste dal libro degli Atti nel 2 capitolo.

Quando il giorno della Pentecoste giunse, tutti erano insieme nello stesso luogo.  2 Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov’essi erano seduti.  3 Apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano e se ne posò una su ciascuno di loro.  4 Tutti furono riempiti di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi.  5 Or a Gerusalemme soggiornavano dei Giudei, uomini religiosi di ogni nazione che è sotto il cielo.  6 Quando avvenne quel suono, la folla si raccolse e fu confusa, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua.  7 E tutti stupivano e si meravigliavano, dicendo: «Tutti questi che parlano non sono Galilei?  8 Come mai li udiamo parlare ciascuno nella nostra propria lingua natìa?  9 Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia,  10 della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia cirenaica e pellegrini romani,  11 tanto Giudei che proseliti, Cretesi e Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue».  12 Tutti stupivano ed erano perplessi chiedendosi l’uno all’altro: «Che cosa significa questo?»  13 Ma altri li deridevano e dicevano: «Son pieni di vino dolce». 

È una storia che nessuna di quelle persone nel tempio si era aspettata. Così come neanche voi vi aspettereste che in questo culto scendano lingue di fuoco su di noi che ci riempiono di Spirito Santo. Lì c’erano uomini che parlavano in estasi in varie lingue, ma in qualche modo tutti potevano capirsi. E poi c’è la domanda: «Che cosa significa questo?». E qualcuno ha già la risposta pronta: «Son pieni di vino dolce». Questa è la nostra solita risposta quando succede qualcosa che non ci possiamo spiegare. Devono essere ubriachi!

Anche noi oggi nel nostro culto siamo un gruppo molto diverso. Siamo qui insieme cristiani evangelici e cattolici, abbiamo anche in mezzo a noi persone che forse non sanno bene che cosa vogliono credere. Siamo qui insieme: giovani e anziani, italiani e stranieri da vicino e lontano, persone che vivono in maniera molto diversa la loro vita, anche la vita affettiva. – In teoria dovremmo dire: lasciamo perdere non si capiranno mai. È troppo difficile, troppo diverso, non ha nessun senso tentare un dialogo. Tu pensi di poter mettere insieme opinioni tanto diverse? Devi essere ubriaco!

Il racconto della prima Pentecoste prosegue:

14 Ma Pietro, levatosi in piedi con gli undici, alzò la voce e parlò loro così: «Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo, e ascoltate attentamente le mie parole.  15 Questi non sono ubriachi, come voi supponete, perché è soltanto la terza ora del giorno;  16 ma questo è quanto fu annunziato per mezzo del profeta Gioele:  17 “Avverrà negli ultimi giorni”, dice Dio, “che io spanderò il mio Spirito sopra ogni persona; i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni, e i vostri vecchi sogneranno dei sogni.  18 Anche sui miei servi e sulle mie serve, in quei giorni, spanderò il mio Spirito, e profetizzeranno.

Pietro lo dice chiaramente: non sono ubriachi, è lo Spirito Santo che opera in loro.

In questi giorno si svolge la conferenza generale della United Methodist Church, la Chiesa metodista unita. Noi qui in Italia non ne facciamo parte, ma è comunque una nostra grande chiesa sorella. Ci sono vari temi in discussione ma uno dei temi caldi è proprio quello della possibilità di benedire coppie gay e lesbiche in chiesa e di aprire il ministero pastorale anche a persone dichiaratamente omosessuali. È il tema che il nostro sinodo italiano ha già affrontato nel 2010. Sul livello della UMC è una discussione che va avanti da quasi quarant’anni, e tanti dicono che sarebbe venuto proprio ora il momento di farla finita e di dividersi se non si trova una soluzione. Sarebbe necessario formare due gruppi perché comunque le persone non riusciranno mai a capirsi. È già tutto detto, è troppo difficile parlarsi, non ha nessun senso. – Non ho idea di che cosa si deciderà ancora durante la prossima settimana ma prego fortemente che lo Spirito Santo faccia quel miracolo di unire persone diversissime e far loro capire che cosa dicono e credono gli uni e gli altri. È un miracolo quando persone diverse riescono ad ascoltarsi, un miracolo come lo era alla prima Pentecoste quando scendevano le lingue di fuoco.

Anche oggi ci sono tanti che mi risponderebbero: ma sei ubriaca? Ma che credi? Alla fine è tutto politica. Decideranno i soldi. – Io credo che lo Spirito Santo possa e voglia agire in noi e nelle nostre chiese, anche nelle nostre assemblee e nelle nostre discipline.

Nella storia della chiesa, anche della nostra chiesa ci sono stati tanti momenti nei quali lo Spirito Santo ha agito con potenza. Ha agito contro il parere del mondo ma in vista della lode a Dio.

Penso per esempio alla decisione di combattere contro la schiavitù. Quante persone avranno citato 1 Pietro 2,18 Servi, siate con ogni timore sottomessi ai vostri padroni, non solo ai buoni e giusti, ma anche agli ingiusti. Lo Spirito Santo voleva un cambiamento – per la lode di Dio.

Penso alla decisione di ammettere le donne al ministero pastorale. Quante persone avranno citato 1 Corinzi 14,34 Tacciano le vostre donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono essere sottomesse. Lo Spirito Santo voleva un cambiamento – per la lode di Dio.

Forse è venuto nuovamente il momento di fare dei cambiamenti nelle discipline della chiesa.

In quella prima Pentecoste è stato donato lo Spirito Santo a tutti i credenti. Oggi sta a noi dire come vogliamo interpretare quest’evento. Sta a noi decidere quanto spazio vogliamo dare alla potenza di questo Spirito. La Bibbia ci dice che questo Spirito può soffiare dolcemente o anche scombussolare tutto come una forte tempesta. Questo Spirito divino riesce a farci fare delle cose che al mondo sembrano ‘da ubriachi’. Ma questo è il mistero della fede che possono succedere delle cose che noi non abbiamo in programma o che nemmeno ce le possiamo immaginare. Io voglio credere che lo Spirito di Dio agisca anche oggi, agisca anche in noi.

Che cos’è successo in quella prima festa di Pentecoste? Si sono messi a lodare Dio. Vorrei anch’io che lodassimo Dio non solo con le nostre parole, ma con tutta la nostra vita. Vorrei che lodassimo Dio interagendo con altre persone così come ce l’ha mostrato Gesù. Vorrei che lodassimo Dio con la capacità di liberarci dalle potenze e i pensieri di questo mondo che cercano di portarci sotto il loro potere.

Il mondo cerca di dirci che va bene trattare le persone come oggetti, come materiale umano che deve lavorare ed essere produttivo. Se lo Spirito Santo ci aiuta a dire una parola contro questa logica è pura loda a Dio.

Il mondo ci vuole fare credere che esistono esseri umani di prima e seconda categoria. Ci sono quelli che hanno avuto la fortuna di nascere in determinati Paesi e ci sono gli altri dei quali non dobbiamo preoccuparci troppo. Lo Spirito Santo vuole aprirci gli occhi per poter vedere tutte le creature di Dio con i suoi occhi.

Il mondo vuole farci credere che sia pericoloso aprire la tradizionale forma di essere famiglia ad altre forme che le persone trovano per stare insieme come famiglia. Lo Spirito Santo ci rassicura invece che Gesù non ha mai mostrato paura di fronte a scelte di vita diverse della sua. E forse lo Spirito di Dio vuole darci anche le parole per comunicare a persone che vivono altri modelli di famiglia che cosa vuol dire che nell’amore famigliare si rispecchi l’amore di Dio verso l’umanità.

Non lo so quali progetti ha lo Spirito Santo né per la mia vita, né per la nostra chiesa. Ma voglio essere aperta a sentire e fare agire questo vento dal cielo che può spazzare via la polvere vecchia e fare brillare l’essenziale – per la lode di Dio!

Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: Potentemente fortificati!

Corridoi umanitariMa quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli testimonierà di me; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.

«Io vi ho detto queste cose, affinché non siate sviati. Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi, l’ora viene che chiunque vi ucciderà, crederà di rendere un culto a Dio. Faranno questo perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose affinché, quando sia giunta l’ora, vi ricordiate che ve le ho dette. Non ve le dissi da principio perché ero con voi.

Giovanni 15,26-16,4

 

Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell’amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Or a colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo, a lui sia la gloria nella chiesa, e in Cristo Gesù, per tutte le età, nei secoli dei secoli. Amen.

 

Ad una prima lettura può sembrare che i brani di oggi siano astratti e in qualche modo lontani dalla nostra realtà quotidiana, mentre invece io credo che possano parlarci profondamente e arricchire concretamente la nostra esistenza. Infatti, mi pare di poter dire che il messaggio che ci arriva, forte e chiaro, è che:

  • il Signore che proclamiamo essere il Creatore e il Redentore ama tutta l’umanità senza preclusioni di alcun genere, e la ama così com’è: cioè formata di persone piccole, imperfette e peccatrici;
  • il nostro compito è rispondere al Suo amore affidandoci con fiducia alla potenza dello Spirito Santo, alla potenza che agisce in noi e attorno a noi, anche proprio nei momenti di maggiore scoraggiamento e sfiducia.

Proprio in questi giorni è arrivato a Fiumicino il nuovo gruppo di esuli che sono stati sottratti alla guerra attraverso i corridoi umanitari. Mai come in queste bellissime occasioni sento dentro di me tutta l’amarezza e il dolore dell’impotenza.

Guardo questi volti di bambini felici, e penso alle migliaia che sono rimasti laggiù, osservo gli sguardi spauriti degli adulti e immagino quanto dolore si lascino alle spalle, quanta paura e quanta nostalgia. Provo a pensare a come mi sentirei io al loro posto: certamente felice e sollevata perché probabilmente così ho salvato me stessa e i miei figli, ma piena anche di ripianto e nostalgia perché non riuscirei a non pensare a tutti gli altri, ai parenti, agli amici, agli sconosciuti, legati a me dalla cultura, dalla lingua dalla storia, forse anche dalla religione, sconosciuti né migliori né peggiori di me che sono rimasti laggiù. Non potrei non piangere pensando alla mia vita spezzata, agli oggetti abbandonati o distrutti, ai miei libri, ma anche ai miei vestiti, alla mia tazza preferita, piccole cose banali che riempiono la nostra esistenza.

Certo, cosa significa tutto ciò a fronte dell’aver salva la vita? Niente, ma cerchiamo per un attimo, solo per un attimo, di immaginare cosa questo significherebbe per noi. Cosa vorrebbe dire lasciare dietro a sé tutta la propria storia, il proprio Paese, tutto quello che fino ad oggi si è conosciuto ed amato. Nonostante stiamo comunque parlando di gente relativamente fortunata, di coloro che hanno potuto arrivare in Italia, coloro che non hanno dovuto affrontare ore e ore di cammino, il freddo, la pioggia, la neve. Parliamo di persone che a causa delle loro fragilità (si tratta di bambini e persone malate con le loro famiglie) hanno potuto salire su un aereo di linea e aver salva la vita. Avranno dei documenti in regola, un tetto, del cibo. Ma pensate allo strazio di sperare di essere in quel gruppo di fortunati e temere di non farcela e, se si è scelti, pensate al senso di colpa nei confronti di tutti gli altri, le migliaia che resteranno là dove c’è la guerra, la morte, la disperazione. Pensate a tutti coloro che partono nella speranza di fuggire ad una morte certa e che spesso vanno incontro ad un’altra morte, per fame, per stenti, per fatica, per annegamento.

Pensate a tutti costoro, al loro dolore, alla loro fatica e pensate che anch’essi sono creature del Signore. Anch’essi sono stati creati da Dio, dal nostro Dio, se davvero crediamo che Egli sia il Signore, colui dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, anch’essi sono destinatari di quell’amore incommensurabile di Cristo, talmente enorme che non se ne possono conoscere le dimensioni, tanto è vasto e profondo e alto e lungo. O abbiamo pensato che questo amore fosse solo per noi, abbiamo creduto che il nostro Dio ama solo noi e che gli altri si arrangino. Abbiamo potuto ipotizzare che il Dio dei cristiani si occupi solo dei cristiani e che tutti gli altri possono anche morire di fame, di ferite non curate, di terrore, sotto la tortura o nei campi di concentramento? Abbiamo davvero creduto di poter gridare “Dio è con noi!”?

Ebbene, io credo, al contrario, che il Signore, se è il Signore, ama tutti noi uomini e donne, peccatori spesso neppure consapevoli del nostro peccato, ma più spesso neppure pentiti di tutti gli orrori che facciamo o che altri fanno, ma che noi non denunciamo o che non guardiamo perché grazie ad essi noi possiamo concederci di vivere nel benessere, come in effetti viviamo.

Se siamo radicati nel Suo amore, allora possiamo percepirne tutta la forza e l’enormità siamo resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza.

Se sento davvero l’amore che il Signore ha per me, allora percepisco anche, che il Creatore ama perdutamente, infinitamente, tutte le sue creature, anzi tutto il creato, tutta la vita che esiste accanto e dentro ognuno e ognuna di noi. Ma questo amore, dice il nostro testo, sorpassa ogni conoscenza, cioè non è realmente conoscibile da noi, non è decodificabile. E’ talmente altro rispetto a quello che noi siamo anche solo in grado di ipotizzare, che la nostra mente non può neppure immaginarlo. In effetti, noi spesso non siamo capaci di amare neppure i nostri figli, e i giornali sono pieni di episodi che ce lo raccontano, non siamo capaci di amare chi ci sta vicino e ci assomiglia, in una parola non siamo davvero capaci di amare ma, ed è questo il messaggio forte e gioioso di questa mattina, siamo stati amati, siamo amati, siamo accolti e voluti così come siamo: imperfetti e peccatori. Noi e tutti i nostri fratelli e sorelle, tutti coloro che abitano vicino e lontano da noi, tutti coloro che commettono il bene e il male, tutti coloro che ci assomigliano e quelli che sono diversi, quelli che hanno alle spalle la nostra storia e quelli che non ce l’hanno. Quelli che si dichiarano cristiani e quelli che non lo sono,  quelli che hanno una casa e quelli che non ce l’hanno.

Ma dunque cosa possiamo fare, vi starete chiedendo, cosa significa tutto ciò per me, per noi, oggi e domani e sempre? Queste riflessioni possono facilmente condurci al nichilismo o alla depressione. Io sono piccolo e peccatore non riesco a fare nulla di veramente importante, non sono capace di amare e in fin dei conti non mi sento neppure amata e allora tanto vale che non ci provi neppure a essere diversa. Non è forse questo lo stato d’animo che spesso ci impedisce di andare avanti e di procedere? Non è forse questo senso di impotenza e inutilità che ha allontanato dalle nostre chiese tanti fratelli e sorelle? Non è forse questo vuoto dentro di noi che ci spinge a riempirci di cibo e di oggetti che ci facciano sentire meno inutili e soli?

Ma, fratelli e sorelle, non è assolutamente questo il messaggio che abbiamo ascoltato oggi: sia Gesù nel vangelo secondo Giovanni che successivamente Paolo scrivendo agli Efesini ci dicono che non dobbiamo avere paura, che non dobbiamo sentirci abbandonati e delusi, che non dobbiamo lasciarci andare. Che l’amore di Gesù è talmente vasto e profondo che certo non è per noi neppure immaginabile, ma invece ci abbraccia completamente e ci fortifica e ci incoraggia.

Infatti, come ci ricorda l’apostolo Paolo Egli è Colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo.

Il mondo compie il male perché non ha riconosciuto né il Padre, né Gesù: tante volte anche noi compiamo il male perché non riusciamo a sentire che Gesù dimora in noi. Pensate, Cristo abita nei nostri cuori: è una immagine potentissima, tale per cui possiamo lasciare indietro le nostre paure, il nostro senso di solitudine. Possiamo totalmente abbandonarci a questo amore che ci avvolge e protegge, possiamo tentare di non omologarci ad un mondo che non ha saputo riconoscere il proprio Creatore e, pur consapevoli di essere isolati in un mondo che non crede, possiamo proclamare la nostra fede e dare la nostra testimonianza.

Ecco allora che il minuscolo gesto dei corridoi umanitari che certo non impediscono che le guerre continuino ad esserci, che non salvano altre migliaia di persone, che non risolvono di per sé il problema del futuro per tutti questi esuli, acquista tutto il suo significato. Pur essendo un piccolo gesto che non riesce neppure a smuovere la chiusura e l’egoismo dei governi, delle persone che ci circondano e quella che abbiamo anche noi nei nostri cuori, è un gesto potente perché proclama che anche se cadiamo e ricadiamo e cadiamo ancora però il Signore ci dona il diritto e l’occasione per sentirci  potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo e possiamo percepire che Cristo abita nei nostri cuori e che riusciamo ad abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo che ci permette di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza e quindi a testimoniare al mondo che ci circonda e non ci ama, ai nostri vicini e ai nostri figli che sì, ci sentiamo ricolmi di tutta la pienezza di Dio. Amen!

Erica Sfredda (Predicatrice locale, Verona)