Sermone: Potentemente fortificati!

Corridoi umanitariMa quando sarà venuto il Consolatore che io vi manderò da parte del Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli testimonierà di me; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio.

«Io vi ho detto queste cose, affinché non siate sviati. Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi, l’ora viene che chiunque vi ucciderà, crederà di rendere un culto a Dio. Faranno questo perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose affinché, quando sia giunta l’ora, vi ricordiate che ve le ho dette. Non ve le dissi da principio perché ero con voi.

Giovanni 15,26-16,4

 

Per questo motivo piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell’uomo interiore, e faccia sì che Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, perché, radicati e fondati nell’amore, siate resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza, affinché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Or a colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo, a lui sia la gloria nella chiesa, e in Cristo Gesù, per tutte le età, nei secoli dei secoli. Amen.

 

Ad una prima lettura può sembrare che i brani di oggi siano astratti e in qualche modo lontani dalla nostra realtà quotidiana, mentre invece io credo che possano parlarci profondamente e arricchire concretamente la nostra esistenza. Infatti, mi pare di poter dire che il messaggio che ci arriva, forte e chiaro, è che:

  • il Signore che proclamiamo essere il Creatore e il Redentore ama tutta l’umanità senza preclusioni di alcun genere, e la ama così com’è: cioè formata di persone piccole, imperfette e peccatrici;
  • il nostro compito è rispondere al Suo amore affidandoci con fiducia alla potenza dello Spirito Santo, alla potenza che agisce in noi e attorno a noi, anche proprio nei momenti di maggiore scoraggiamento e sfiducia.

Proprio in questi giorni è arrivato a Fiumicino il nuovo gruppo di esuli che sono stati sottratti alla guerra attraverso i corridoi umanitari. Mai come in queste bellissime occasioni sento dentro di me tutta l’amarezza e il dolore dell’impotenza.

Guardo questi volti di bambini felici, e penso alle migliaia che sono rimasti laggiù, osservo gli sguardi spauriti degli adulti e immagino quanto dolore si lascino alle spalle, quanta paura e quanta nostalgia. Provo a pensare a come mi sentirei io al loro posto: certamente felice e sollevata perché probabilmente così ho salvato me stessa e i miei figli, ma piena anche di ripianto e nostalgia perché non riuscirei a non pensare a tutti gli altri, ai parenti, agli amici, agli sconosciuti, legati a me dalla cultura, dalla lingua dalla storia, forse anche dalla religione, sconosciuti né migliori né peggiori di me che sono rimasti laggiù. Non potrei non piangere pensando alla mia vita spezzata, agli oggetti abbandonati o distrutti, ai miei libri, ma anche ai miei vestiti, alla mia tazza preferita, piccole cose banali che riempiono la nostra esistenza.

Certo, cosa significa tutto ciò a fronte dell’aver salva la vita? Niente, ma cerchiamo per un attimo, solo per un attimo, di immaginare cosa questo significherebbe per noi. Cosa vorrebbe dire lasciare dietro a sé tutta la propria storia, il proprio Paese, tutto quello che fino ad oggi si è conosciuto ed amato. Nonostante stiamo comunque parlando di gente relativamente fortunata, di coloro che hanno potuto arrivare in Italia, coloro che non hanno dovuto affrontare ore e ore di cammino, il freddo, la pioggia, la neve. Parliamo di persone che a causa delle loro fragilità (si tratta di bambini e persone malate con le loro famiglie) hanno potuto salire su un aereo di linea e aver salva la vita. Avranno dei documenti in regola, un tetto, del cibo. Ma pensate allo strazio di sperare di essere in quel gruppo di fortunati e temere di non farcela e, se si è scelti, pensate al senso di colpa nei confronti di tutti gli altri, le migliaia che resteranno là dove c’è la guerra, la morte, la disperazione. Pensate a tutti coloro che partono nella speranza di fuggire ad una morte certa e che spesso vanno incontro ad un’altra morte, per fame, per stenti, per fatica, per annegamento.

Pensate a tutti costoro, al loro dolore, alla loro fatica e pensate che anch’essi sono creature del Signore. Anch’essi sono stati creati da Dio, dal nostro Dio, se davvero crediamo che Egli sia il Signore, colui dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome, anch’essi sono destinatari di quell’amore incommensurabile di Cristo, talmente enorme che non se ne possono conoscere le dimensioni, tanto è vasto e profondo e alto e lungo. O abbiamo pensato che questo amore fosse solo per noi, abbiamo creduto che il nostro Dio ama solo noi e che gli altri si arrangino. Abbiamo potuto ipotizzare che il Dio dei cristiani si occupi solo dei cristiani e che tutti gli altri possono anche morire di fame, di ferite non curate, di terrore, sotto la tortura o nei campi di concentramento? Abbiamo davvero creduto di poter gridare “Dio è con noi!”?

Ebbene, io credo, al contrario, che il Signore, se è il Signore, ama tutti noi uomini e donne, peccatori spesso neppure consapevoli del nostro peccato, ma più spesso neppure pentiti di tutti gli orrori che facciamo o che altri fanno, ma che noi non denunciamo o che non guardiamo perché grazie ad essi noi possiamo concederci di vivere nel benessere, come in effetti viviamo.

Se siamo radicati nel Suo amore, allora possiamo percepirne tutta la forza e l’enormità siamo resi capaci di abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo e di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza.

Se sento davvero l’amore che il Signore ha per me, allora percepisco anche, che il Creatore ama perdutamente, infinitamente, tutte le sue creature, anzi tutto il creato, tutta la vita che esiste accanto e dentro ognuno e ognuna di noi. Ma questo amore, dice il nostro testo, sorpassa ogni conoscenza, cioè non è realmente conoscibile da noi, non è decodificabile. E’ talmente altro rispetto a quello che noi siamo anche solo in grado di ipotizzare, che la nostra mente non può neppure immaginarlo. In effetti, noi spesso non siamo capaci di amare neppure i nostri figli, e i giornali sono pieni di episodi che ce lo raccontano, non siamo capaci di amare chi ci sta vicino e ci assomiglia, in una parola non siamo davvero capaci di amare ma, ed è questo il messaggio forte e gioioso di questa mattina, siamo stati amati, siamo amati, siamo accolti e voluti così come siamo: imperfetti e peccatori. Noi e tutti i nostri fratelli e sorelle, tutti coloro che abitano vicino e lontano da noi, tutti coloro che commettono il bene e il male, tutti coloro che ci assomigliano e quelli che sono diversi, quelli che hanno alle spalle la nostra storia e quelli che non ce l’hanno. Quelli che si dichiarano cristiani e quelli che non lo sono,  quelli che hanno una casa e quelli che non ce l’hanno.

Ma dunque cosa possiamo fare, vi starete chiedendo, cosa significa tutto ciò per me, per noi, oggi e domani e sempre? Queste riflessioni possono facilmente condurci al nichilismo o alla depressione. Io sono piccolo e peccatore non riesco a fare nulla di veramente importante, non sono capace di amare e in fin dei conti non mi sento neppure amata e allora tanto vale che non ci provi neppure a essere diversa. Non è forse questo lo stato d’animo che spesso ci impedisce di andare avanti e di procedere? Non è forse questo senso di impotenza e inutilità che ha allontanato dalle nostre chiese tanti fratelli e sorelle? Non è forse questo vuoto dentro di noi che ci spinge a riempirci di cibo e di oggetti che ci facciano sentire meno inutili e soli?

Ma, fratelli e sorelle, non è assolutamente questo il messaggio che abbiamo ascoltato oggi: sia Gesù nel vangelo secondo Giovanni che successivamente Paolo scrivendo agli Efesini ci dicono che non dobbiamo avere paura, che non dobbiamo sentirci abbandonati e delusi, che non dobbiamo lasciarci andare. Che l’amore di Gesù è talmente vasto e profondo che certo non è per noi neppure immaginabile, ma invece ci abbraccia completamente e ci fortifica e ci incoraggia.

Infatti, come ci ricorda l’apostolo Paolo Egli è Colui che può, mediante la potenza che opera in noi, fare infinitamente di più di quel che domandiamo o pensiamo.

Il mondo compie il male perché non ha riconosciuto né il Padre, né Gesù: tante volte anche noi compiamo il male perché non riusciamo a sentire che Gesù dimora in noi. Pensate, Cristo abita nei nostri cuori: è una immagine potentissima, tale per cui possiamo lasciare indietro le nostre paure, il nostro senso di solitudine. Possiamo totalmente abbandonarci a questo amore che ci avvolge e protegge, possiamo tentare di non omologarci ad un mondo che non ha saputo riconoscere il proprio Creatore e, pur consapevoli di essere isolati in un mondo che non crede, possiamo proclamare la nostra fede e dare la nostra testimonianza.

Ecco allora che il minuscolo gesto dei corridoi umanitari che certo non impediscono che le guerre continuino ad esserci, che non salvano altre migliaia di persone, che non risolvono di per sé il problema del futuro per tutti questi esuli, acquista tutto il suo significato. Pur essendo un piccolo gesto che non riesce neppure a smuovere la chiusura e l’egoismo dei governi, delle persone che ci circondano e quella che abbiamo anche noi nei nostri cuori, è un gesto potente perché proclama che anche se cadiamo e ricadiamo e cadiamo ancora però il Signore ci dona il diritto e l’occasione per sentirci  potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo e possiamo percepire che Cristo abita nei nostri cuori e che riusciamo ad abbracciare con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità dell’amore di Cristo che ci permette di conoscere questo amore che sorpassa ogni conoscenza e quindi a testimoniare al mondo che ci circonda e non ci ama, ai nostri vicini e ai nostri figli che sì, ci sentiamo ricolmi di tutta la pienezza di Dio. Amen!

Erica Sfredda (Predicatrice locale, Verona)