Sermone: IL RINNOVO DEL PATTO
Carissimi,
Il culto di oggi ha come argomento il rinnovo del patto, quell’alleanza che Dio ha contratto con l’uomo, quella promessa che ci è stata confermata più volte dai profeti.
Tradizionalmente, nelle nostre chiese si festeggia il rinnovo del patto con l’inizio dell’anno nuovo, ma da qualche tempo nella nostra comunità viene ricordato nella domenica più vicina al primo gennaio.
Oltre alla lettura di Genesi 9:8-17 che abbiamo appena sentito, leggiamo il passo sul quale oggi rifletteremo, tratto dall’evangelo di Giovanni al capitolo 14:1-6.
«Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei detto forse che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi; e del luogo dove io vado, sapete anche la via».
Tommaso gli disse: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo sapere la via?»
Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me.»
Nella prima lettura, quella di Genesi, abbiamo visto la costituzione del patto, dell’alleanza fra Dio e l’uomo. Dopo una terribile catastrofe (il diluvio), riferita come una punizione per la grande ira di Dio a causa dell’infedeltà dell’uomo, il Signore si ricrede, torna sui suoi passi, comprende bene che l’uomo è una sua creatura, una creatura che Egli ha lasciato libera di agire come crede, libera perfino di ribellarsi alla Sua legge e, con una descrizione favolistica e poetica, ristabilisce il rapporto con un segno: l’arcobaleno.
Pace fatta? Sì, temporaneamente, perché l’uomo non riesce a coltivare un cuore puro, non riesce a vivere in pace nella fedeltà al Signore, nemmeno quando il Signore lo soccorre e viene in suo aiuto per farlo uscire dal paese d’Egitto. In Esodo ci viene detto che l’uomo è di memoria labile e facilmente si converte ad altri idoli. E il Signore si fa sentire attraverso Mosè, dando semplici regole, i comandamenti.
Ma l’uomo continua pervicacemente a vivere la propria vita, infischiandosene ampiamente del condursi nella vita in correttezza, rettitudine e fratellanza.
Certo, magari riconosce a parole l’autorità di Dio e la sua benevolenza, ma rimane ancorato a comportamenti egoistici, prevaricatori, ingiusti e talvolta sceglie altri idoli.
Nello svolgersi delle scritture dell’Antico Testamento noi vediamo che questo schema si ripete, nonostante le esortazioni e le raccomandazioni dei profeti.
Ma l’uomo è fatto così, nella sua stessa indole c’è sempre presente la tendenza alla trasgressione, al peccato, all’oltraggio al Signore, il quale alternativamente si arrabbia furiosamente con la sua creatura e poi torna a perdonarlo, perché Egli sa bene che solo un Suo riavvicinamento con l’uomo può portare quest’ultimo alla salvezza, alla redenzione.
Un riavvicinamento che, nel Nuovo Testamento, ci viene presentato come il dono più grande che il Signore fa all’uomo, nel tentativo che il cuore umano finalmente si converta: la venuta di Gesù, Figlio di Dio, in terra. La venuta in terra non su un carro infuocato, ma con la semplice nascita di uomo fra gli uomini, perché il genere umano è fatto da esseri stolti e limitati, che hanno bisogno di sentirsi dire e ripetere quale sia la volontà del Signore.
E quando l’uomo, il credente, si rende conto della propria infedeltà, del susseguirsi dei propri insuccessi nel seguire le vie del Signore cosa succede?
Può accadere una cosa assai negativa: interiorizza il proprio senso di inadeguatezza, coltivando sensi di colpa e insoddisfazione costante, fino ad arrivare alla mancata accettazione di se stesso.
Ma può accadere anche che, per autodifesa, si neghi la presenza di Dio nella propria vita, passando a gestire l’esistenza come se Lui non ci fosse, come se il messaggio che magari abbiamo un tempo ricevuto sia stato dimenticato o nascosto al nostro pensiero, dando così la preferenza ad una vita più utilitaristica e meno solidale, oppure addirittura negando Iddio, risolvendo tutto ad una dimensione puramente orizzontale e non prendendo in considerazione che questo scampolo di anni di vita terrena può non essere il tutto della nostra stessa esistenza.
Ecco allora che, da fedeli, possiamo comprendere quanto sia stato grande l’amore di Dio per l’uomo che viene ad essere il destinatario di un grandissimo dono: il perdono. Quel perdono gratuito che ci dà la possibilità di rasserenarci, di cominciare da capo, di sentirci amati nonostante il nostro essere infedeli e peccatori. Quel perdono segno di grande amore per ciò che siamo, di infinita accettazione del nostro essere.
Proprio così, Dio ci conosce e ci ama e ci accetta per come siamo. E su questo dovremmo forse fare una riflessione: perché spesso noi non ci accettiamo? Forse perché siamo più concentrati ad osservare la differenza fra ciò che siamo e ciò che avremmo voluto essere? Ma quello che avremmo voluto essere non è forse un modello, direi quasi un fantasma, che ci siamo costruiti nella giovinezza, ma che in realtà non ci appartiene? Impariamo dunque ad accettarci! Certo dobbiamo rimanere vigili per limitare i nostri comportamenti negativi, ma dobbiamo anche riconoscere ciò che di buono c’è in noi, in ciascuno di noi e forse così eviteremo di proiettare sul prossimo le nostre insoddisfazioni e impareremo a coltivare la pazienza e la tolleranza.
Dio rinnova costantemente il suo patto con noi. E lo fa non certo togliendoci le nostre responsabilità, né tantomeno limitando la nostra libertà, ma lo fa concedendoci la grazia di essere suoi figli, accogliendoci così come siamo, proprio come il padre misericordioso accoglie e fa festa per il figliol prodigo.
E se questo non bastasse, ci viene data anche rassicurazione, come abbiamo letto nelle parole di Gesù: “Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”.
Con queste parole Gesù ci invita a dissipare il nostro turbamento, a guardarci dentro e, ripeto, provare ad accettare noi stessi, così come il Signore ci accetta per ciò che siamo, sollecitandoci magari ad una conversione, ad ammorbidire il nostro cuore di pietra perché da Lui viene la forza per tornare ad un cuore di carne.
Gesù è l’incarnazione del rinnovato patto, della rinnovata alleanza fra Dio e l’uomo e, nonostante l’uomo, è colui che dice anche “Quando vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi”.
Non solo, ma anche la risposta all’insipienza di Tommaso è come se fosse dedicata a noi. Tommaso, proprio come noi, non ha ben capito la portata della figura di Gesù. Tommaso non ha capito, noi non abbiamo capito, oppure spesso la nostra mente e il nostro cuore sono altalenanti fra comprensione e incredulità, fra accettazione e rifiuto di Dio nella nostra vita.
La risposta di Gesù è chiara: “Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”.
È chiara questa risposta? Direi di sì.
Ci crediamo a questa risposta? Come credenti dovremmo crederci e non dovremmo nutrire dubbio alcuno. Se invece non ci crediamo, nell’assoluta libertà che abbiamo, dovremmo essere intellettualmente onesti e non definirci cristiani.
Ma c’è anche un altro aspetto, un’idea costante che mi ha assillato nella riflessione durante la preparazione di questo culto per il rinnovo del patto.
Qual è la valenza particolare della conferma dell’alleanza fra Dio e l’uomo manifestata e proclamata da Gesù Cristo. In effetti nell’Antico Testamento più volte il Signore ha rinnovato il suo patto, più volte ha dovuto Lui riavvicinarsi all’uomo (es. Giosuè, Geremia).
Credo sia una lettura corretta e ve la propongo in tutta umiltà: con la venuta di Gesù, col grande dono del perdono gratuito, Dio guarisce il nostro cuore di pietra e ci dà la possibilità di interpretare la legge dell’amore e della fratellanza non come una norma esteriore, esterna all’essere umano, talvolta forse oppressiva. Con il perdono gratuito Dio ci vuol dire che la legge dell’amore è anni luce distante dai semplici comandamenti di Mosè, perché la legge dell’amore, dell’accettazione, del perdono, non è scritta su tavole di pietra, ma è incisa nel cuore di carne, nel nostro cuore, quel cuore che la fede fa cambiare.
Ecco allora, sorelle e fratelli, che ancora una volta possiamo solo innalzare al Signore la nostra preghiera di lode e ringraziamento perché il rinnovo del patto, la conferma dell’alleanza è per tutti noi, collettivamente e individualmente.
Con questo spirito quindi, possiamo augurarci fraternamente buon anno nuovo nel Signore.
AMEN
Liviana Maggiore