Sermone: Il sacrificio del pedone

Chi gioca a scacchi sa che cos‘è il sacrificio del pedone. Si verifica quando è necessario perdere un pezzo minore per vincere qualcosa di più prezioso. Talvolta si deve perdere zavorra per poter continuare il viaggio. Tanti di noi hanno già dovuto fare dei sacrifici nella propria vita per raggiungere una determinata meta. L’hanno raggiunta ma hanno perso contemporaneamente qualcosa di amato.

Talvolta dobbiamo prendere delle decisioni difficili. Talvolta si deve pronunciare un giudizio – dopo una lunga riflessione e talvolta anche contro ciò che dice la pancia e il cuore.

Il testo che vi ho portato oggi parla di qualcosa di simile. Una commissione ecclesiastica deve prendere una decisione, deve esprimere un giudizio e non è facile. Così quelli che fanno parte del sinedrio sono in seduta a porte chiuse. C’è un unico punto all’ordine del giorno: un tale fa dei segni, dei miracoli – e tutto il popolo segue questo adescatore. Tutta la struttura del potere tra tempio e stato potrebbe crollare. Una rivolta da parte dei suoi seguaci e la repressione dello Stato potrebbe distruggere tutto il piccolo mondo attorno al tempio. Tutte le prerogative potrebbero essere perse. Il sinedrio deve decidersi. Si deve pesare bene questa decisione. È meglio che perisca uno che non tutto il sistema. Non prendere la decisione sarebbe anche una decisione. C’è timore che un piccolo gesto sbagliato possa portare alla catastrofe.

In un certo senso capisco i farisei e sacerdoti che emettono la loro sentenza che ora voglio leggervi. La troviamo nel vangelo di Giovanni 11,47-53

47 I capi dei sacerdoti e i farisei, quindi, riunirono il sinedrio e dicevano: «Che facciamo? Perché quest’uomo fa molti segni miracolosi.  48 Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui; e i Romani verranno e ci distruggeranno come città e come nazione».  49 Uno di loro, Caiafa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla,  50 e non riflettete come torni a vostro vantaggio che un uomo solo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione».  51 Or egli non disse questo di suo; ma, siccome era sommo sacerdote in quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione;  52 e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire in uno i figli di Dio dispersi.  53 Da quel giorno dunque deliberarono di farlo morire.

Gesù era diventato troppo famoso. Il suo ultimo miracolo, la risurrezione di Lazzaro non poteva più essere negato. Ricordiamoci: Lazzaro era già morto e messo nella tomba quando Gesù l’aveva richiamato in vita. Le persone presenti a questo miracolo volevano trattenere Gesù e gli dicevano: Non andare alla tomba – dobbiamo intendere una cava, una grotta dove si poteva entrare. Non entrare, gli dicono, puzza già! È veramente morto.

Però il potere di Gesù è più forte della morte. E questo è ciò che tutti dovevano accettare quando Gesù riportava il fratello alle sue amiche Maria e Marta. Questo segno era talmente potente e chiaro che nell’uno o nell’altro modo le autorità del tempio dovevano prendere posizione. O questo Gesù è il figlio di Dio, il Salvatore, come affermano i suoi discepoli, o è un imbroglione e delinquente che fa i suoi miracoli basandosi su un potere satanico. Altre soluzioni non ci sono. Gesù non poteva essere solo una buona persona o un esempio nella fede. Anche noi dobbiamo decidere chi sia Gesù per noi.

Il ragionamento del sommo sacerdote Caifa è sensato. Meglio sacrificare uno per poter salvare tutto il popolo. E l’evangelista Giovanni è d’accordo: Sì, doveva essere così. Gesù doveva morire per il popolo, ma anche per riunire in uno i figli di Dio dispersi. Vediamo che il piano di Dio non era di dare inizio con Gesù ad una rivolta contro i romani e al regno di Dio inteso come regno di questo mondo. Il messaggio di Gesù tratta qualcosa di più grande e qualcosa a lungo termine. Questo messaggio non si può ridurre ad un singolo momento o ad una lotta specifica.

Gesù vuole che gli uomini cambino interiormente. Gesù vorrebbe che noi trovassimo Dio liberamente e questo non si può fare utilizzando la forza.

Però Gesù deve raggiungere Gerusalemme, perché tutti i cambiamenti importanti che riguardano gli ebrei, si annunciano a Gerusalemme nel tempio. Gesù deve andare a Gerusalemme per proclamare lì la sua pretesa di essere il figlio di Dio, il Salvatore. E lì, a Gerusalemme, Gesù si mette tra i fronti. Deve morire. Dev’essere consegnato al sinedrio e dev’essere messo in croce se l’alternativa è di dare inizio ad una rivolta che porterebbe ad un bagno di sangue; e questo sarebbe ovviamente contro tutto ciò che egli aveva cercato di predicare. Non ci sono alternative a questa morte se Gesù non vuole rinunciare al suo incarico. Per l’evangelista Giovanni è molto chiaro: le sofferenze e la morte di Gesù erano predeterminati e fanno parte del piano di Dio. Gesù è morto, per dare vita al popolo e a tutte e tutti che credono in questa via di salvezza. Gesù è morto, così che noi che oggi poniamo la nostra fede in lui, possiamo vivere.

Con la vita e la morte di Gesù ha inizio qualcosa di nuovo che vale questo sacrificio. Che cos’è questo momento nuovo e grande che ha un impatto a lungo termine e porta verso il futuro, che cambierà tutto, ma non subito? Il nostro testo ci dice: Gesù doveva morire per il popolo e per riunire i figli dispersi di Dio. E questo è successo effettivamente. Da tutte le nazioni, da tutti gli angoli della terra si riuniscono da 2000 anni delle persone nel nome di questo Dio. Anche noi facciamo parte di questa riunione. Dalle nazioni sparse è nata la nuova Israele.

Talvolta mi guardo la nostra chiesa, non solo quella qui a Padova ma anche in tutta l’Italia e penso: perché siamo tanto pochi, perché siamo così deboli e perché si ascolta così poco ciò che abbiamo da dire? C’è ancora qualcuno che ci ascolta quando parliamo di temi sociali, ma che questa chiesa avesse anche un messaggio biblico da portare non viene più colto. Il messaggio del Cristo morto e risorto non suscita grande interesse.

A Vicenza c’è un predicatore evangelico, un africano che predica in piazza Signori. Quando l’ho conosciuto, utilizzava ancora una Bibbia in inglese e nessuno si fermava da lui. Dopo qualche anno ha cambiato e parla ora in italiano, però non vedo quasi mai qualcuno che si ferma per ascoltarlo. Sarà il modo che non va, però dobbiamo anche ammettere che noi abbiamo smesso di portare il messaggio salvifico in questo modo nel mondo perché è difficile, perché uno si sente impotente davanti alle masse che credono tutt’altro, perché questo messaggio non è facile da portare nella nostra società.

Però è proprio questa buona novella che la chiesa racconta da 2000 anni. Le società sono sempre cambiate, il messaggio no. Talvolta la chiesa ha vissuto dei periodi privilegiati, talvolta ha dovuto nascondersi, il messaggio è sempre rimasto lo stesso. E poi succede che comunque questo messaggio di Dio trova delle persone che sono disposte a sentirlo, persone che rimangono colpite e trovano conforto in questo messaggio che ci dice: Gesù Cristo è morto per abbattere le frontiere. Nella sua morte la tenda nel tempio si è spezzata, la via verso il padre è aperta, possiamo venire liberamente verso un Dio che ci ama. Un Dio che non vede più tutto ciò che ci separa da lui, perché Gesù ha risanato questa separazione.

Mi rendo conto che questo è un concetto vecchio e oggi non più facilmente comprensibile. Alla fine, la maggior parte delle persone non sente tanto la separazione da Dio, questo peccato che ci allontana dal Dio d’amore. I peccatori sono gli altri, noi siamo brava gente, non facciamo niente di male.

L’evangelista Giovanni che scrive il nostro testo, l’apostolo Paolo e poi i Riformatori, loro hanno sentito fortemente il distacco tra l’uomo e Dio, cioè il peccato. Loro hanno sentito che questo distacco è un vero abisso che noi esseri umani non riusciamo a superare, che serve l’intervento di Dio. – L’uomo naturale deve morire, è questo il suo destino. Paolo dice: il salario del peccato è la morte. Questa è la natura, finisce tutto. Noi crediamo invece che con la morte di Gesù che è morto per noi ha avuto inizio qualcosa di nuovo, noi che crediamo in questo Dio che è morto e risorto abbiamo vita eterna. Vita eterna che ha inizio già adesso. Vita eterna che ci apre una nuova prospettiva sulla nostra vita, perché non c’è più la fine minacciosa, la via è libera verso l’eternità. Non c’è più la tenda dietro la quale non sappiamo bene che cosa succede. Dio ha tolto la tenda e si è dato un volto che è quello di Gesù. Un volto d’amore che ci dà speranza.

Gesù è andato in croce per aprire questa via. È stato da solo, forse ha perso lui stesso la speranza, forse ha pensato anche lui di non poter fare niente essendo solo. – Noi invece non siamo soli. Noi siamo stati uniti da Cristo, abbiamo altri membri di questo corpo di Cristo attorno a noi con i quali possiamo vivere insieme la nostra fede. Viviamo insieme per poterci confortare a vicenda, per poterci confrontare e per indirizzarci sempre di nuovo verso Dio. Abbiamo altri che per noi possono essere un esempio e noi possiamo a nostra volta essere esempio per altri. Insieme formiamo la chiesa, quest’unità che si è formata dai figli dispersi di Dio. Insieme possiamo ricordarci che Gesù ci ha aperto la via verso il Dio d’amore che ha così tanto amore che ha scelto addirittura di subire la morte per procurare vera vita per i suoi figli.

Amen

Ulrike Jourdan