Sermone: Le spalle e il volto di Dio

Il testo della predicazione di oggi è molto antico e non così facile da capire a prima vista. Si tratta di un dialogo tra Mosè e Dio. Ci troviamo nel libro dell’Esodo, cioè ancora all’inizio dei racconti biblici. Mosè ha portato il popolo d’Israele fuori dall’Egitto. Hanno attraversato il mare e adesso si trovano nel deserto; gli Israeliti mormorano perché la libertà non è così bella come loro se l’aspettavano. Hanno stabilito un patto con Dio sul Monte Sinai e l’hanno subito tradito costruendosi un idolo, il vitello d’oro. Volevano vedere Dio, dimenticandosi tutto quello che avevano visto succedere in Egitto. Il nostro testo si trova in un dialogo nel quale Mosè sta discutendo con Dio. Dio non vuole più condurre personalmente il popolo, vuole mandare un suo messaggero che camminerà davanti a loro. Mosè invece implora che Dio stesso stia vicino alla sua gente.

Quante volte chiediamo a Dio di starci vicino? E quante volte ci siamo già chiesti se è veramente vicino a noi o se la nostra preghiera rimane solo nelle parole. Quante domande vorremmo porre a Dio, guardandolo negli occhi. Mosè vorrebbe tanto vedere Dio faccia a faccia, e così si sviluppa il dialogo che vi leggo dal libro dell’Esodo al capitolo 33 a partire dal versetto 17.

Il SIGNORE disse a Mosè: «Tu hai trovato grazia agli occhi miei, e ti conosco personalmente».  18 Mosè disse: «Ti prego, fammi vedere la tua gloria!»  19 Il SIGNORE gli rispose: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del SIGNORE davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà».  20 Disse ancora: «Tu non puoi vedere il mio volto, perché l’uomo non può vedermi e vivere».  21 E il SIGNORE disse: «Ecco qui un luogo vicino a me; tu starai su quel masso;  22mentre passerà la mia gloria, io ti metterò in una buca del masso, e ti coprirò con la mia mano finché io sia passato;  23 poi ritirerò la mano e mi vedrai da dietro; ma il mio volto non si può vedere».

Tantissime persone hanno lo stesso desiderio di Mosè: vedere Dio. Il poeta tedesco Rainer Maria Rilke descriveva la vita con Dio come quella di due amici che si percepiscono solamente attraverso una tenda pesante. Si sente quello che fa l’altro ma non si vede mai. Rilke avrebbe avuto il desiderio di attraversare questa tenda, ma anche lui nella sua superbia si rendeva conto che non era possibile. Noi esseri umani vogliamo vedere, vogliamo vedere almeno dei segni, come quello di cui abbiamo sentito nella lettura neotestamentaria. Il primo miracolo che Gesù fece a Cana. Così il Dio invisibile si rende visibile per noi uomini. Forse posso aggiungere che trovo questo primo miracolo molto simpatico, in questo si vede che Gesù capiva bene i bisogni della vita e anche i bisogni di una festa che non deve mancare in una vita buona.

Ma ritorniamo al nostro testo. Mosè chiede a Dio: “Ti prego, fammi vedere la tua gloria”. E Dio gli dà tre risposte. La prima è: «Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà, proclamerò il nome del SIGNORE davanti a te; farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà». La bontà di Dio, la sua grazia e pietà diventano quasi i suoi vestiti nei quali egli si mostra e, allo stesso tempo, si nasconde. Ciò che è buono e bello diventa quasi come una metafora per Dio. In tutte le cose buone che Israele ha vissuto, ha anche incontrato Dio. E anche il vino buono di cui abbiamo sentito è un segno di questa bontà di Dio. Così il Dio invisibile si dà un volto di bontà e grazia.

Mi ricordo di una signora anziana alla quale ho fatto qualche visita in una casa di riposo. Stava male, non aveva figli né parenti prossimi, e la maggior parte del suo tempo la passava da sola nella struttura. Non mi sarei stupita se lei si fosse lamentata della sua situazione, ma non ho mai sentito lamenti. Al contrario, era piena di gratitudine per le cose buone che Dio aveva fatto nella sua vita. Era grata per ogni persona che veniva a trovarla, per ogni pezzo di torta che qualcuno le portava, e per le infermiere che venivano ad aiutarla. Prendeva tutte queste cose, potremmo dire queste piccolezze, come regali del suo grande Dio.

Talvolta non è facile vedere la bontà di Dio. Lo vediamo anche nell’Antico Testamento. Quante volte il popolo d’Israele ha dimenticato Dio? Quante volte pensava di poter andare per la propria strada? Quante volte ha fallito? Quante volte non voleva vedere la grazia e la bontà di Dio e non capiva che la vita diventa dura e senza gioia quando non c’è più gratitudine in essa? E quante volte anche noi facciamo esattamente come il popolo di Israele, incapaci di vedere la bontà di Dio e pronti a chiederci soltanto dove sarebbe questo Dio?

La seconda risposta alla richiesta di Mosè di poter vedere la gloria di Dio, contiene una restrizione. C’è una frontiera che non si può oltrepassare. Dio risponde a Mosè «Tu non puoi vedere il mio volto, perché l’uomo non può vedermi e vivere» Trent’anni fa usciva un film nei cinema: ‘Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta’. Forse l’avete visto anche voi. Parla di un gruppo di persone che cercano l’arca dell’alleanza. I cattivi la trovano per primi e quando l’aprono non possono sostenere la vista di ciò che appare e, per questo motivo, muoiono.  Solo l’eroe del film, Indiana Jones appunto, sa che cosa bisogna fare e comanda alla sua compagna incatenata di chiudere gli occhi davanti alla gloria di Dio per non morire.

Noi uomini non possiamo vedere Dio in maniera immediata. Possiamo vedere la sua bontà, la sua grazia, la sua pietà, possiamo sentire il suo nome, ma egli stesso rimane un mistero. E tutte le immagini che ci facciamo sono diverse da Dio stesso perché conosciamo sempre solo una sua parte. È addirittura pericoloso scambiare le immagini di Dio con Dio stesso perché ci porta a definirlo, ad appropriarci di lui e, quindi, a strumentalizzarlo e manipolarlo – e questo vuole dire in ultima istanza, cercare di asservire Dio al nostro progetto.

Forse, e già di nuovo utilizzo un’immagine, forse potremmo paragonare il volto di Dio al sole. Ci fa benissimo metterci al sole. Proprio in questo periodo buio a me manca il sole, mi manca il suo calore, mi manca la luminosità e so benissimo che il primo giorno di primavera in cui farà caldo, mi prenderò i bambini e mi metterò con loro su una panca nel parco a goderci il sole. Ma so anche che il sole in estate mi fa male. Ho un’allergia al sole e quando prendo troppo sole la mia pelle si gonfia dappertutto, fa malissimo. Ecco, forse in questo c’è la somiglianza con Dio. Ci fa bene stargli vicino, ma Dio stesso ci dice: “c’è un limite oltre il quale noi esseri umani non possiamo reggere”.

Anche Mosè deve accettare questa frontiera. Anche noi dobbiamo accettarla. Non saremo mai in grado come essere umani di vedere il volto di Dio. Non possiamo capire tutte le sue azioni, non saremo mai sullo stesso livello di Dio. So che questo è duro da accettare per persone che sono abituate ad avere quasi tutto quello che si vuole. Di fatto, ci viene quasi insegnato che se si hanno abbastanza soldi o gli amici giusti si può fare tutto. Con Dio non funziona questo gioco. Egli rimane nascosto e noi non possiamo fare niente per cambiare questo fatto. Egli fa grazia a chi vuole fare grazia – è totalmente libero nelle sue azioni. Nei cieli potremo porre le nostre domande a Dio o forse non ci saranno neanche più domande quando potremo essere al suo cospetto.

Solo a chi si accontenta della schiena di Dio, saranno aperti gli occhi. Questa è la terza risposta che riceve Mosè. C’è un luogo fermo, sicuro, su una roccia sulla quale la mano di Dio diventa un tetto di protezione per Mosè quando Dio passa vicino a lui. Quando noi uomini incontriamo Dio siamo indifesi davanti a lui. Ci serve che Dio stesso ci protegga con la sua mano. Ci serve la sua benedizione. Questo non deve sperimentarlo solo Mosè ma anche noi possiamo vederlo nella nostra vita quando ci affidiamo a Dio.

Noi non conosciamo i progetti di Dio, non possiamo capire le sue azioni. Ma quando diventa buio attorno a noi, potrebbe essere che proprio Dio ci protegga con la sua mano. Solo in questo modo Dio può essere visto, nel passato, quando è passato. Quando guardiamo le sue orme, quando le seguiamo, quando sentiamo quello che egli ci dice, quando facciamo quello che lui ci mostra. Epifania è sequela. Solo da dietro possiamo vedere la bontà e la grazia di Dio. In seguito tante domande troveranno risposta e tante azioni avranno un senso. Dopo. Dovrei ricordare questo fatto quando la prossima volta chiederò: Perché Dio?

A noi rimane ancora una domanda: che cosa ha a che fare l’epifania del Dio maestoso, pieno di potenza e minaccioso, con il Dio di cui abbiamo festeggiato l’avvento tre settimane fa? Proprio in questa diversità vediamo quale grande dono Dio ci ha fatto. Per Mosè il nome di Dio era ancora: farò grazia a chi vorrò fare grazia e avrò pietà di chi vorrò avere pietà. Un nome mistico, un nome esclusivo. Per noi oggi Dio ha un altro nome, cioè Gesù Cristo. E come cristiani noi abbiamo parte a questo nome per dare oggi visibilità al Dio invisibile per questo mondo.

Amen

Ulrike Jourdan