Venite a fare colazione

Inizio questo giorno con gioia 
certo che sei con me in ogni passo del cammino,
certo che c’è uno scopo per ogni mio respiro,
certo che c’è una speranza, verso cui cammino.

Inizio questo giorno con fede:
Tu sei la forza da cui dipendo,
Tu sei l’amore che mi abbraccia e custodisce,
è la tua pace che calma la mia anima.

Inizio questo giorno lodando:
sono certo che il tuo Spirito
illumina il mio pensiero, ispira le mie parole, guida le mie azioni.
Spero che il mio pensiero, le mie parole e le mie azioni
possano essere testimonianza del tuo amore per l’umanità;
spero che la tua grazia, attraverso la mia testimonianza,
possa raggiungere altri cuori.
(J. Birch)

Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli era-no insieme. Simon Pietro disse loro: «Vado a pescare». Essi gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Uscirono e salirono sulla barca; e quella notte non presero nulla. Quando già era mattina, Gesù si presentò sulla riva; i discepoli però non sapevano che era Gesù. Allora Gesù disse loro: «Figlioli, avete del pesce?» Gli risposero: «No». Ed egli disse loro: «Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete». Essi dunque la gettarono, e non potevano più tirarla su per il gran numero di pesci. Allora il discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!» Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse la veste, perché era nudo, e si gettò in mare. Ma gli altri discepoli vennero con la barca, perché non erano molto distanti da terra (circa duecento cubiti), trascinando la rete con i pesci.
Appena scesero a terra, videro là della brace e del pesce messovi su, e del pane. Gesù disse loro: «Portate qua dei pesci che avete preso ora». Simon Pietro allora salì sulla barca e tirò a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci; e benché ce ne fossero tanti, la rete non si strappò. Gesù disse loro: «Venite a fare colazione». E nessuno dei discepoli osava chiedergli: «Chi sei?» Sapendo che era il Signore. Gesù venne, prese il pane e lo diede loro; e così anche il pesce. Questa era già la terza volta che Gesù si manifestava ai suoi discepoli, dopo esser risuscitato dai morti.
(Giovanni 21,2-14)

Vado a pescare… Veniamo anche noi con te.
Questa volta i discepoli sono tutti concordi: torniamo a lavorare.
E perché no? I discepoli devono lavorare, provvedere al loro mantenimento; non possono continuare a girovagare in attesa che qualcuno si occupi di loro: devono darsi da fare. Gesù è morto e risorto, ma non è con loro, non è più come prima, la loro vita deve continuare.
Lo capiamo bene noi che dopo due mesi cerchiamo di ritrovare quelle occupazioni, quei gesti, quella routine che bruscamente ci è stata tolta. È un modo per scacciare la paura, per incoraggiarsi e guardare al futuro con ottimismo; è un modo per mettere nella scatola dei brutti ricordi un periodo difficile, in cui ci siamo inaspettatamente sentiti impotenti, deboli, vittime. E quindi, sì, perché no? Torniamo a lavorare e riprendiamoci la nostra vita.
Eppure questa loro decisione ci mette a disagio. Mentre Pietro parla, sentiamo chiaramente in sottofondo il rammarico, la rassegnazione, la tristezza; e nelle parole dei suoi compagni traspaiono la stanchezza e lo smarrimento, il bisogno di recuperare un punto di riferimento, qualcuno che proponga e diriga il lavoro.
… e questo non lo capiamo! Com’è possibile che dopo gli eventi degli ultimi giorni, dopo aver vissuto l’emozione della Pasqua e aver visto il Cristo risorto, i discepoli tornino, come se niente fosse accaduto, alla loro vita di prima? Come possono farlo?
Forse come facciamo anche noi, anno dopo anno, ogni volta in cui, dopo aver ricordato la Pasqua, lasciamo che la nostra vita proceda nel solito modo; quando nonostante tutte le nostre riflessioni e convinzioni, lasciamo che la Parola di Dio resti solo parola e non le permettiamo di agire, non ci lasciamo coinvolgere e guidare dalla sua forza.
Dopo aver ricordato le tappe più importanti della salvezza operata da Dio per il suo popolo, vorremmo fare qualcosa in più provando a condividere con gli altri e le altre la gioia, la fiducia, la serenità che riceviamo dall’Evangelo… ma è difficile, non ci riusciamo, e allora come Pietro, ci accontentiamo del prima. Gesù è nato, ha condiviso la nostra esistenza, ci ha testimoniato l’amore di Dio morendo e risuscitando, possiamo sentire la sua presenza … ma tutto questo spesso rimane un’emozione, una disposizione spirituale, una consolazione interiore che non ha sbocco nella quotidianità. Nulla cambia.
Anzi, tutto sembra tornare indietro, al tempo in cui i discepoli erano semplici pescatori di pesci.
Li possiamo vedere mentre preparano la barca, la mettono in acqua e vi salgono cercando di recuperare quei gesti conosciuti, quei pensieri familiari, quelle attenzioni che da tempo avevano messo da parte.
Ma proprio nella ricerca del conosciuto, si accorgono che c’è qualcosa di diverso.
In loro? Nel mare? Nella barca? Forse non lo sanno neanche loro! Eppure quello che sapevano fare meglio, ciò a cui si erano dedicati per tutta la vita, quello in cui si rifugiano quando sono disorientati e bisognosi di sicurezza, proprio quello non funziona. Provano a pescare tutta la notte, ma non ne ricavano niente. La soddisfazione che si aspettavano di ricevere non arriva e con la delusione, lo sappiamo per esperienza, arrivano invece la rabbia e la tristezza.
Figlioli, avete del pesce?        Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete.
Quanto può essere fastidioso che gli altri si accorgano di ciò che non riusciamo a fare… e lo è ancora di più se pretendono di correggerci, di insegnarci come farlo!
La frase di Gesù sembra quasi una presa in giro: destra o sinistra, cosa vuoi che cambi? Pesce non ce n’è!
Eppure le reti vengono buttate, forse più per sfida che per convinzione. E quando si riempiono di pesce, allora i discepoli riconoscono Gesù.
Non lo riconoscono dall’aspetto, nonostante fosse la terza volta che Gesù si presentava loro; non lo riconoscono dalla parola, una parola che voleva essere d’aiuto e invece viene compresa come una messa in discussione della loro competenza; non lo riconoscono dall’intenzione, dal voler condividere con loro un’esperienza negativa per redimerla… i discepoli lo riconoscono dal miracolo. Forse sono così chiusi nella delusione, nella frustrazione, nella poca fiducia nel futuro che li aspetta, che non riescono a vedere Dio se non in ciò che è fuori dalla loro esperienza, fuori da ciò che riguarda il loro mondo.
Venite a fare colazione.
Il Signore risorto non solo entra di nuovo e in modo deciso nella loro vita, ma li invita a condividerla nelle azioni più banali della quotidianità: prima pescare, ora fare colazione.
I discepoli non sono soli nel lavoro, non sono soli nel mangiare… non devono lavorare da soli e non devono neanche preparare loro la colazione.
Il Dio della creazione, dell’incarnazione, della resurrezione è anche il Dio della quotidianità. Quel mattino, quando i discepoli scendono dalla barca, si accorgono che Gesù ha già preparato la brace, il pesce sta cuocendo e il pane è già pronto.
Eppure Gesù chiede ai discepoli di portare un po’ del pesce che hanno pescato.
Dio potrebbe offrire tutta la colazione, ma preferisce condividere. Nel rapporto con Dio non esiste il mio e il tuo, ma il nostro: lui condivide ciò che possiede con noi, ma anche ci chiede di mettere a disposizione sua e degli altri ciò che noi possediamo, perché ogni cosa ci è donata da lui, dal suo amore… i discepoli hanno il pesce solo grazie all’intervento di Gesù.
La Pasqua è passata. Le nostre solite attività a poco a poco ricominceranno e anche noi cercheremo di ritrovare la nostra vita di prima. Ma oggi ci viene ricordato che Gesù ci si avvicina per condividere la nostra vita in ogni situazione, nell’emergenza come nella routine della quotidianità che tanto ci manca. Ci avvicina non per metterci in difficoltà, ma per accompagnarci nei successi, come nelle delusioni; ci indica i segni della sua presenza e del suo amore. E alla fine, per ognuno di noi, c’è l’invito: Venite a fare colazione: il pesce è sulla brace, il pane è pronto… mancate solo voi.
Avviciniamoci a Dio e gli uni e le une agli altri e alle altre, così come siamo, pronti a condividere ciò che abbiamo e ad accogliere ciò che ci viene offerto, per vivere insieme, con lui, la nostra vita. Amen.
(Past. Daniela Santoro)

Signore, salvaci da noi stessi.
Continuiamo a fare sempre le stesse cose,
aspettandoci risultati diversi:
abbiamo paura del nuovo e ci rifugiamo nel passato.
Signore, salvaci dal fare troppo.
Andiamo a pescare ogni giorno
e non ci accorgiamo che tu ci aspetti sulla spiaggia
e hai già preparato la colazione per noi.

Signore, salvaci dal fare troppo poco.
Ti diciamo che ti amiamo,
eppure spesso trascuriamo le tue pecore.
Signore, salvaci da noi stessi.
Aiutaci ad ascoltarti e a risponderti con gioia
quando ci dici: “Vieni e seguimi”.

(N. Decker, Preghiera sul cap.21 di Giovanni)

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