Sermone: Dio si rende palpabile

In Germania questo periodo tra Natale e capo d’anno si chiama il tempo ‘tra gli anni’. Sono sempre giorni speciali, più tranquilli del solito. Sono giorni che non sanno ancora decidersi bene se preferiscono ricordare la bellezza della grande festa appena passata o se è già venuto il momento di guardare in avanti verso l’anno nuovo. Siamo, infatti ‘tra gli anni’. – Anche qui in chiesa vediamo la discrepanza tra le belle decorazioni che ci ricordano il grande culto di due giorni fa e il culto d’oggi: se ci guardiamo intorno non troviamo più tutta la gente che è venuta a festeggiare “il compleanno di Gesù bambino”. La festa è finita. Che cosa è rimasto? Rimane qualcosa se non ricordare con malinconia i giorni festivi? O addirittura ricordare con orrore, perché, forse, tutte le nostre attese non si sono avverate?

L’Apostolo Giovanni scrive alle sue chiese a proposito di ciò che ha avuto inizio a Natale e come saranno le conseguenze di questo evento. Leggo dalla prima lettera di Giovanni nel primo capitolo i primi quattro versetti:

Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita 2 la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata, 3 quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. 4 Queste cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia completa.

Talvolta incontro qualcuno che mi dice: ‘Credo solo in ciò che posso vedere!’ Per me è un’affermazione sciocca perché anche l’aria attorno a me non posso vederla, ma credo profondamente che mi serva per vivere anche se non la posso vedere. – Poi arrivano questi che mi dicono che credono nel Big Bang e che la Bibbia sarebbe in contrasto con la scienza moderna. Certo, non è un libro di scienze. O ci sono quelli che mi raccontano che solo le persone deboli credono in Dio mentre loro sono illuminati e grandi e non hanno bisogno di queste favole bibliche.

Penso che tante persone usino queste frasi come giustificazioni per non dover credere. Talvolta mi sembra addirittura di sentire in queste parole un languore di vera vita. Troppe persone fondano la propria vita su cose o persone che promettono vita, ma non portano a una meta. Queste frasi semi-razionaliste li aiutano a dare alla loro vita un qualche fondamento.

Leggendo il nostro testo biblico possiamo vedere quanto è attuale la Bibbia e quanto poco siano cambiati i desideri umani. Giovanni racconta nella sua lettera quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita.

Già per i discepoli di Gesù non bastavano dei discorsi belli e pii. Loro vivevano in pieno questa vita. Avevano un lavoro, una casa, una famiglia, amici. Chi voleva offrire loro un’altra vita, doveva avere qualcosa in mano. Loro cercavano una vita diversa sì, ma una vita che potesse durare, una vita tangibile. E poi incontrano Gesù. Lui li ha portati per un lungo periodo con sé. Loro potevano fare la prova se ciò che proclamava Gesù fosse valido. I discepoli potevano vedere, ascoltare, toccare la buona novella. Ricordatevi il versetto di questa settimana: La Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi. La buona novella che ha portato Gesù non è solo parola ma una parola incarnata.

Gesù propone una vita diversa, nuova, eterna. Non una vita speciale per qualche giorno che dopo la grande festa diventa nuovamente vita ordinaria. Non propone neanche una vita interessante che verrà ricordata nei libri di storia, e comunque finisce con la morte. Gesù non cambia la vita dei suoi discepoli secondo criteri umani, ma dà nuova vita, vita eterna, vita che deriva da Dio e porta nuovamente verso Dio. Vita eterna che inizia ora.

I discepoli e tra loro soprattutto Tomaso, quell’uomo pieno di dubbi, potevano toccare Gesù. Quel Gesù che era morto, ma ora vive da eternità in eternità. Questo è il messaggio del Natale. Dio viene in questo mondo per donarci una vita in collegamento con lui.

Le feste vanno e vengono, la vita con Dio rimane. Quest’offerta vale anche quando abbiamo già messo nuovamente l’albero di Natale nello scatolone. Chi crede in questa parola che si è fatta carne, chi crede nella parola della vita, chi si può fidare di ciò che ci dicono coloro che l’hanno vista con i loro occhi, coloro che hanno potuto ascoltare e toccare – chi crede questo può trovare la vita.

A Natale Dio è diventato palpabile. A Natale la vita eterna è diventata tangibile in Gesù Cristo. Chi cerca la relazione con Gesù nella preghiera, nella sua parola, trova tramite lui l’accesso a Dio padre.

Non so se cogliamo ancora lo scandalo quando diciamo questa frase: ‘Dio è diventato umano’. Forse per noi è talmente normale vedere il bambino nella mangiatoia che non ci facciamo più problemi con quest’affermazione. Vorrei solo ricordarvi che per dei credenti di altre religioni non è per nulla accettabile che Dio possa nascere da una donna e vivere su questa terra per portarci salvezza. Provate a spiegare tutto ciò a un musulmano o a un ebreo credente. Per lui è uno scandalo identificare Dio con un bambinetto o ancora peggio con l’uomo sulla croce. Questo non può, non deve essere.

Noi crediamo che a Natale sia proprio successo ciò che non può essere. Dio diventa umano, si fa vedere e toccare. Dio ci viene vicino per tirarci a sé. Non siamo noi che dobbiamo cercare Dio, ma Dio va alla ricerca del suo creato, va alla ricerca di me, di te. Questo è Natale.

La domanda interessante è che cosa succede se qualcuno ha trovato questo accesso al padre, alla vita eterna. –Succede come a Giovanni nella sua lettera: è pieno di gioia che vorrebbe trasmettere agli altri. Per questo scrive: la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza. Ci servono testimoni che parlano di questa nuova vita. Ci servono testimoni che raccontano con le loro parole come hanno visto e udito il Signore.

In un racconto africano si chiede ad un uomo anziano: ‘Come sai che esiste Dio?’ E lui risponde con la contro-domanda: ‘Come so che nella notte è entrato un asino alla mia capanna? Lo capisco dalle impronte. Anche nella mia vita si trovano delle impronte. Impronte di Dio.’

Ci servono persone che rendono testimonianza delle impronte che Dio ha lasciato nella loro vita. Chi festeggia veramente il Natale, tocca in questa festa la vita che Dio ci vuole donare, tocca il Salvatore che è venuto per guidarci in questa nuova vita. E chi fa entrare Gesù Cristo nella propria vita, lo dirà anche ad altri dove possono trovare questo Salvatore. Il Natale non finisce quando il panettone è mangiato. Il Natale va oltre e s’inserisce nella vita quotidiana.

Noi come cristiani siamo già entrati in questa vita nuova. Lo sentiamo? Lo sento io? O sono troppo preso con tutto ciò che c’è da fare in chiesa o altrove, tanto da non cogliere neanche più la differenza. Se fosse così, abbiamo oggi ancora una volta la possibilità di festeggiare un vero Natale: di meravigliarci che Dio diventa umano, che Gesù ci apre una via verso il Padre, che Dio nasce per salvare l’umanità.

Giovanni termina la prefazione della sua lettera con una frase curiosa: Queste cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia completa. Molti di quelli che hanno copiato questa frase hanno cambiato ‘la nostra gioia’ in ‘la vostra gioia’. Non dovrebbero essere i destinatari che gioiscono leggendo? Sembra che Giovanni voglia dirci che la gioia non è solo quella dei destinatari, ma soprattutto dei mittenti. Loro gioiscono perché possono raccontare agli altri di questo meraviglioso Dio che hanno incontrato.

Spero che anche noi possiamo percepire questa gioia raccontando alla gente attorno a noi quel che abbiamo visto e udito.

Amen

Ulrike Jourdan