Sermone: In vino veritas

Un amico con il quale ho studiato teologia, dopo essere diventato pastore, è stato mandato in una comunità dove esisteva ancora lo stabile che non si riusciva a vendere, ma non c’erano più persone. Che si fa? – Una delle decisioni importanti tra tanti altri cambiamenti è stata: ‘Se la gente non viene in chiesa, andiamo noi dalla gente.’ Non è un’idea nuovissima, ma serve tanto impegno e convinzione per metterla in pratica. Questo mio amico è un buon gustaio, un tipo conviviale, al quale piace bersi una birra o anche due. Lui si è girato tutte le trattorie della zona e ne ha trovata una dove si mangia bene e a buon prezzo, dove c’è uno spazio esterno per i bambini e una saletta che sarebbe in teoria per le feste di famiglia. In quella saletta ha iniziato a fare dei culti. – Anche questa non è un’idea nuova, così hanno lavorato le missioni metodiste in Germania e anche qui in Italia quando non esistevano ancora locali di chiesa. Comunque, quello che mi stupisce è che a questi incontri nella trattoria vengono adesso, dopo cinque anni di lavoro, circa 70 persone che dopo il culto rimangono ancora insieme per il pranzo e forse anche per una passeggiata insieme con i bimbi.

Mi è venuto da pensare a questi incontri nella trattoria quando ho lavorato sul testo della nostra predicazione di oggi che racconta del collegamento tra annunciare e gustare, tra messaggio e festa, tra la presenza di Dio e la vita buona.

Leggo dal vangelo secondo Giovanni nel secondo capitolo i primi 12 versetti

Tre giorni dopo, ci fu una festa nuziale in Cana di Galilea, e c’era la madre di Gesù. 2 E Gesù pure fu invitato con i suoi discepoli alle nozze. 3 Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno più vino». 4 Gesù le disse: «Che c’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta». 5 Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto quel che vi dirà». 6 C’erano là sei recipienti di pietra, del tipo adoperato per la purificazione dei Giudei, i quali contenevano ciascuno due o tre misure. 7 Gesù disse loro: «Riempite d’acqua i recipienti». Ed essi li riempirono fino all’orlo. 8 Poi disse loro: «Adesso attingete e portatene al maestro di tavola». Ed essi gliene portarono. 9 Quando il maestro di tavola ebbe assaggiato l’acqua che era diventata vino (egli non ne conosceva la provenienza, ma la sapevano bene i servitori che avevano attinto l’acqua), chiamò lo sposo e gli disse: 10 «Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto abbondantemente, il meno buono; tu, invece, hai tenuto il vino buono fino ad ora». 11 Gesù fece questo primo dei suoi segni miracolosi in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui. 12 Dopo questo, scese a Capernaum egli con sua madre, con i suoi fratelli e i suoi discepoli, e rimasero là alcuni giorni.

Giovanni ci racconta di un miracolo che potremmo quasi definire un miracolo di lusso, comunque non un miracolo dettato da una reale necessità. Non c’è una persona malata, nessuno soffre, non c’è un pericolo incombente se non quello degli sposi di fare brutta figura davanti agli amici. Gesù c’è comunque e si mette anche in gioco. Aiuta e lo fa in abbondanza.

Mi è stata sempre simpatica quest’immagine di Gesù. Uno che va alle feste, uno che sa stare tra la gente senza dover sempre discutere e tirare fuori dei problemi, uno che sa mettere insieme la buona novella con la bontà fisica. Forse per questo mi è venuto in mente questo mio amico di cui vi ho parlato prima. Forse abbiamo da troppo tempo dimenticato ciò che per un ebreo è evidente, che non si può distinguere la testa dalla pancia o, detto diversamente, non giova distinguere la festa dall’annuncio. Siamo come esseri umani tutt’uno. Il messaggio buono di Dio non vuole raggiungere solo il nostro intelletto ma tutta la persona.

Questa festa di cui racconta Giovanni inizia al terzo giorno. Vi ricordate che cosa abbiamo sentito nella prima lettura biblica? Il terzo giorno è il momento dell’incontro con Dio. Il popolo d’Israele si doveva preparare per due giorni, il terzo giorno viene Dio in persona così che il popolo possa sentire le sue parole. (Esodo 19,11) Forse vi ricordate anche la storia del profeta Giona che il terzo giorno veniva sputato fuori dal ventre del grande pesce, finalmente pronto per annunciare la parola di Dio. E ancora, il collegamento che forse ci viene per primo in mente perché lo confessiamo nel nostro Credo, che Gesù discese nel soggiorno dei morti e il terzo giorno risuscitò. Il terzo giorno è la domenica, il giorno della risurrezione. Il terzo giorno è il simbolo per l’incontro con Dio.

Il terzo giorno a Cana è il più bel giorno del mondo. Una festa di piena presenza che non viene interrotta dalla necessità del quotidiano. Incontriamo a Cana la vita non per come si presenta la vita di ogni giorno, ma così come potrebbe essere; la vita buona. Il predicatore Qoèlet scrive: Va’, mangia il tuo pane con gioia, e bevi il tuo vino con cuore allegro, perché Dio ha già gradito le tue opere. Siano le tue vesti bianche in ogni tempo, e l’olio non manchi mai sul tuo capo. Godi la vita con la moglie che ami. Ecclesiaste 9:7-9 È qualcosa di questa vita semplice e buona che possiamo incontrare a Cana.

Quando Gesù si mostra per la prima volta in pubblico con i suoi discepoli, viene come ospite e non ci sono persone bisognose a questo matrimonio. Nessuno ha fame, tutti hanno già bevuto. Che cosa succederebbe se adesso non ci fosse più da bere? Sul fondo del calice si vede già di nuovo la faccia del quotidiano. La festa è quasi finita, i calici sono già vuoti. Non ce n’è più, è tutto bevuto. È così – non si dice che bisogna smettere proprio nel momento più bello?

È bastato? Questo è la domanda che troviamo incisa sul fondo del calice della vita. Ti è bastata la tua vita o ti saresti aspettato di più, o forse qualcosa di meglio?

Nel romanzo ‘Rosso’ di Uwe Timm viene raccontato di un commerciante di vino che chiede e afferma contemporaneamente: ‘Ma questa vita di xxx non può essere stato tutto?!’. Questo personaggio è uno che ha fatto la bella vita e in seguito ha perso tutto. Alla fine si trova in un sacco a pelo nel suo appartamento vuoto, a bere vino buono da un piatto di minestra. E poi quel personaggio fallito chiede: ‘È stato tutto?’

Ce lo chiediamo anche noi. È bastato? È stato tutto? Essere bambini, scuola, studio, matrimonio o forse no, famiglia o forse no, pensione, vecchiaia? Qualcuno pone la domanda nel corso della vita, altri solo alla fine. È bastato? È chetata la sete quando il calice della vita è svuotato?

Quando vedo in tv i mille programmi che cercano di spiegarmi come devono essere preparate le nozze perfette con il vestito bianco che fa piangere la sposa, con la ‘location’ perfetta e il DJ di moda, e soprattutto con le foto che fanno il più bel giorno della vita una cosa indimenticabile. Quando sento di questi tentativi di preparare qualcosa perfetto ho l’impressione di sentire la nostalgia di una bella vita, un languore di pienezza, nella consapevolezza che la festa cede velocemente e dopo torna la vita di ogni giorno.

Un’antica profezia sul Leone di Giuda dice: Egli lega il suo asinello alla vite e il puledro della sua asina alla vite migliore; lava la sua veste col vino e il suo mantello col sangue dell’uva. Egli ha gli occhi rossi dal vino e i denti bianchi dal latte. (Genesi 49,1f)

Alla festa di Cana, ci sarebbe abbastanza vino da immergersi, per lavarsi le vesti col vino. Gesù ha trasformato non solo un po’ di acqua in vino, ma sei grandi contenitori. – Si racconta la storia di uno schernitore che avrebbe chiesto al padre della chiesa antica Girolamo se gli ospiti delle nozze di Cana avrebbero bevuto tutti i 600 litri di vino, considerando che anche prima ne avevano già bevuto parecchio. E Girolamo avrebbe risposto con calma: ‘No, ne beviamo fino ad oggi.’

Gesù è presente. La festa va oltre, questo interrompere con la vita quotidiana persiste anche per noi. Possiamo bere di questo vino fino a oggi. Per chi è in comunione con Gesù, la festa non è finita.

Alle nozze di Cana in tanti non si sono neanche accorti del cambiamento, e molti altri non se ne accorgeranno. Uno solo si meraviglia, il maestro di tavola. Egli è un intenditore di vino e s’intende anche di chi beve il vino. Egli sa che spesso conta solo la quantità e non la qualità. Questo vale per il vino, ma vale anche per la vita. Spesso si sente la domanda sul ‘quanto?’ e sul ‘quando?’ e non il ‘cosa?` o ‘come?’

Alle nozze di Cana nessuno deve preoccuparsi se il vino è sufficiente. I calici sono pieni fino a traboccare, non si deve risparmiare o calcolare bene quanto si possa bere. C’è tutto in pienezza e sovrabbondanza. 600 litri di vino, molto migliore di quello che si beveva prima. C’è Gesù e con lui il vino buono, la vita buona. I calici non si svuotano. Perché Gesù dice: Io son venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. (Giovanni 10,10) Questo vale dalle nozze di Cana fino ad oggi.

Amen

Sermone: Seguivano la luce per trovare grande gioia

La settimana scorsa abbiamo parlato dell’importanza di avere una meta nella vita. Abbiamo paragonato la vita ad una barca che viene mossa dalle onde e dicevamo quanto sia importante che questa barca abbia un timone, una bussola, un porto verso cui puntare. Abbiamo anche riflettuto sulle persone che cercano un punto d’appoggio per la loro vita, cercando orientamento negli oroscopi, che si trovano proprio in questo periodo di inizio anno un po’ dappertutto.

Oggi ci viene proposto un testo che parla proprio di persone che prendevano sul serio gli oroscopi. Sono chiamati magi, forse potremmo dire anche astrologi.

Ascoltiamo Matteo 2,1-12

Gesù era nato in Betlemme di Giudea, all’epoca del re Erode. Dei magi d’Oriente arrivarono a Gerusalemme, dicendo: 2 «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo». 3 Udito questo, il re Erode fu turbato, e tutta Gerusalemme con lui. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informò da loro dove il Cristo doveva nascere. 5 Essi gli dissero: «In Betlemme di Giudea; poiché così è stato scritto per mezzo del profeta: 6 “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto la minima fra le città principali di Giuda; perché da te uscirà un principe, che pascerà il mio popolo Israele”». 7 Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, s’informò esattamente da loro del tempo in cui la stella era apparsa; 8 e, mandandoli a Betlemme, disse loro: «Andate e chiedete informazioni precise sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, affinché anch’io vada ad adorarlo». 9 Essi dunque, udito il re, partirono; e la stella, che avevano vista in Oriente, andava davanti a loro finché, giunta al luogo dov’era il bambino, vi si fermò sopra. 10 Quando videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre; prostratisi, lo adorarono; e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra. 12 Poi, avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro paese per un’altra via.

Prima di arrivare a questi famosi magi, parliamo una volta di Erode, perché è lui che in grande parte incide sulla vita quotidiana delle persone. – Mio figlio mi direbbe: ‘Non mi piace Erode! Mamma, perché può uccidere delle persone?’ E io rispondo: ‘Perché è il re. Il re è più potente degli altri.’ Jeanni pensa e mi dice ‘Ma Dio sa che Erode è cattivo.’ E io, anche se non lo dico, mi trovo a pensare: però anche se Dio lo vede, quante persone hanno dovuto subire questo re, Erode il grande.

Erode era un politico di grande successo, tanto da “meritarsi” il nomignolo ‘il grande’. Costruì il porto e la città di Cesarea marittima, Tiberiade al lago e diversi templi in onore di divinità pagane o di Cesare. Si potevano trovare sue costruzioni ad Atene, Sparta, Tiro, Sidone, Damasco, Antiochia. Costruì anche diversi castelli, ma soprattutto innalzò nuovamente il tempio di Gerusalemme del quale oggi è rimasto il famoso muro del pianto. Erode il grande – Un re che assomma in se grandi conquiste insieme a grandissimo peccato.

Erode non era israelita, veniva da una famiglia edomita. Si era sposato con Mariamne, la figlia di un sacerdote e re. In seguito fece uccidere prima il fratello di sua moglie, poi lei, dopo sua madre e infine tutti i maschi della famiglia, per rimanere solo lui con tutto il potere in mano. Erode aveva oltre a Mariamne ancora nove altre donne e col tempo la diffidenza e l’odio nella sua famiglia si fecero sentire sempre più. Poco prima della sua morte fece giustiziare tre dei suoi figli per pura paura di perdere del potere.

Quanto egoismo, quanto peccato, quanta attualità. Mi colpisce sempre di nuovo che la Bibbia ci racconta di personaggi che potremmo incontrare anche oggi. Talvolta ho l’impressione che certe persone perdano il contatto con la realtà, riescono solo più a guardare a se stessi e ad ogni passo che compiono la loro vita diventa peggio. – Forse vi ricordate che Lutero ha descritto il peccatore con un uomo che è incurvato in se stesso, che non riesce più ad alzare gli occhi verso Dio, verso gli altri, ma vede solo più se stesso. – Quanto hanno dovuto subire le persone da Erode, quanto dobbiamo noi subire oggi da certe persone che purtroppo hanno del potere.

In questa realtà crudele arrivano dei magi d’oriente. La tradizione ci fa venire in mente dei re, di cui uno di colore; gli abbiamo dato anche dei nomi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Di tutto ciò la Bibbia non ci dice niente. Sta solo scritto che arrivano dei magi che vengono dall’oriente, che potrebbe essere Babilonia, cioè la zona dell’Iran o dell’Iraq. E davvero le ricerche astronomiche attestano che nell’anno 7 prima di Cristo si poteva vedere una speciale costellazione tra Giove, pianeta che era simbolo del re del mondo, e Saturno che simboleggiava il popolo ebraico.

Permettetemi di aprire una parentesi: sapete che il popolo d’Israele è stato per lungo tempo in esilio in Babilonia. Forse sapete anche che troviamo due racconti della creazione nella Bibbia dei quale uno è stato scritto proprio lì in Babilonia da dove venivano i magi. E visto che l’astrologia era già all’epoca un grande tema in Babilonia viene raccontato che Dio mette il sole, la luna e le stelle come lampade in cielo che devono farci luce. Il messaggio che questo racconto porta è semplice: le stelle non sono delle divinità, le stelle non hanno del potere, non sono niente di più di lampade che Dio ha messo in cielo perché siano utili con la loro luce.

Chiudiamo la parentesi. Ma adesso abbiamo una vaga idea di chi sono questi magi che vengono da Babilonia verso Gerusalemme. Sono dei pagani che credono nella potenza delle stelle, non conoscono il Dio d’Israele, non conoscono le antiche profezie, ma comunque vengono per cercare il messia.

È dove lo cercano? Alla corte del re, nel bel mezzo della crudeltà del mondo cercano la salvezza. Vengono a chiedere Dov’è il re dei Giudei che è nato?. Con queste parole scombussolano Erode, ma anche tutta Gerusalemme. Proprio nell’anno 7 nel quale si poteva vedere queste speciale costellazione, Erode aveva fatto uccidere i suoi figli per rendere sicuro il trono per se stesso. Adesso vengono dei magi da lontano che chiedono: Dov’è il re dei Giudei che è nato? Erode dev’essere rimasto esterrefatto al massimo.

Loro aggiungono: abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo. Vuol dire che Dio ha usato la superstizione di queste persone per portarli a Cristo. Sono partiti con delle coordinate sbagliate, ma con la voglia di trovare, e comunque sono partiti. – È un tema complicato, e in questo la mia formazione teologica mi rende difficile accettare e benedire troppo facilmente delle ricerche spirituali che dal mio punto di vista partono da una base sbagliata; comunque in questo caso dobbiamo ammettere che il fatto importante è che queste persone si sono messe in cammino e questo li ha portati alla fine a Cristo. Hanno visto la stella, una luce nella loro vita e si sono incamminati a cercare di più di questa luce.

Erode chiede ai capi dei sacerdoti e agli scribi del popolo per informarsi dove il Cristo doveva nascere e loro gli rispondono: In Betlemme di Giudea; poiché così è stato scritto. Forse avete già notato il punto interessante. I sacerdoti e gli scribi sanno, dove si aspettava il messia. Al più tardi con la visita dei magi vengono anche a sapere della speciale costellazione, loro credono in Dio, conoscono la scrittura, sanno tutto, ma non si mettono in cammino. Questo fa la differenza.

Mentre dei magi ci viene raccontato: Essi dunque, udito il re, partirono; e la stella, che avevano vista in Oriente, andava davanti a loro finché, giunta al luogo dov’era il bambino, vi si fermò sopra.

Io mi auguro che noi possiamo imparare qualcosa da questi pagani che percepiscono un raggio di Dio e non si fermano fino a quando non arrivano a Cristo. Talvolta ho paura che siamo troppo sicuri di essere dalla parte giusta, di sapere già tutto, di poter guardare gli altri con un’aria di superiorità. La fede non funziona così, la fede è sempre un cammino, mai un possedere. – C’è una bella canzone tedesca che dice più o meno: ‘Chi si è convertito una volta nella vita e poi rimane fermo in quel punto nella fede, mi fa paura. Convertirsi vuol dire cercare Dio ogni giorno di nuovo.’

Voglio sentire questo invito ad alzarmi ogni giorno di nuovo per cercare la stella che illumina la mia vita.

Ancora un’ultima domanda: Che cosa hanno trovato i magi nella loro ricerca? Sta scritto: Quando videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia. Hanno trovato la gioia, non il divertimento, non le burle, lo spasso, ma vera e profonda gioia.

Penso che sia un bellissimo dono quello che loro potevano portare a casa, la gioia nel Signore nella quale noi possiamo vivere ogni giorno, se ci alziamo per andare a cercarlo.

Amen

Sermone: Alla nave in alto mare serve una meta

Tante persone vorrebbero sapere che cosa porterà l’anno che è appena iniziato. Abbiamo tante attese all’inizio di un anno nuovo. C’è qualcuno che spera di trovare finalmente l’amore della sua vita, c’è qualcun altro che è alla ricerca di lavoro, c’è qualcuno che spera semplicemente in una vita serena e tranquilla. Chi sa se quest’anno potrà realizzare questi desideri. Se in questo periodo compriamo dei giornali, possiamo essere sicuri di trovare un oroscopo dentro che ci spiega come sarà l’anno nuovo. Voi li leggete? Io mi ricordo bene che li leggevo al tempo del liceo insieme alle mie amiche. Mi sono divertita molto con queste previsioni, fino al momento in cui ho capito che qualcuno prendeva queste stupidaggini sul serio. Da lì ho smesso di leggere gli oroscopi.

Rimane il fatto, che tante persone all’inizio di un anno nuovo alzano lo sguardo per vedere se c’è qualcosa di stabile in questo mondo. Cercano un appoggio, un aiuto per non annegare nel mare mosso della vita quotidiana.

Il testo biblico previsto per oggi parla della proclamazione di un anno accettevole del Signore. Un anno nel quale gli schiavi diventano nuovamente persone libere, un anno nel quale tutta la terra che era stata venduta viene data in retro al padrone originario, un anno di giubilo davanti al Signore.

Ascoltiamo il vangelo di Luca capitolo 4 i versetti da 16-21.

16 (Gesù) Si recò a Nazaret, dov’era stato allevato e, com’era solito, entrò in giorno di sabato nella sinagoga. Alzatosi per leggere, 17 gli fu dato il libro del profeta Isaia. Aperto il libro, trovò quel passo dov’era scritto: 18 «Lo Spirito del Signore è sopra di me; perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato ad annunziare la liberazione ai prigionieri, e ai ciechi il ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19 e a proclamare l’anno accettevole del Signore». 20 Poi, chiuso il libro e resolo all’inserviente, si mise a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. 21 Egli prese a dir loro: «Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite».

Sarebbe bello entrare nell’anno nuovo con gli occhi fissi in Cristo, come gli ascoltatori della piccola sinagoga di Nazaret. Perché anche noi, che non crediamo alle profezie degli oroscopi, abbiamo bisogno di un punto fermo, anche noi vogliamo fissare gli occhi in qualche cosa o qualcuno.

Mi chiedo se sarebbe possibile vivere senza questo punto fermo. Penso di sì, ma sarebbe una vita lasciata vagare a caso, secondo le circostanze liete o tristi che incontriamo giorno per giorno. Forse esistono più persone di quante pensiamo che vivono la loro vita così, senza meta, senza speranze, senza una linea chiara. Persone che si lasciano trascinare dalla vita senza cercare neanche di trovare un punto fermo. Come una barca che rolla nelle onde della vita, senza timone, senza bussola, senza meta.

Quando Gesù parla nella sinagoga di Nazaret, è all’inizio del suo ministero. Ha già predicato a Capernaum, ha già guarito le prime persone, ma adesso torna nella città nella quale è cresciuto e questo è sempre un momento speciale. Per quasi venti anni egli aveva frequentato questa sinagoga, prima di andarsene via da casa per farsi battezzare da Giovanni e per predicare il vangelo. Le persone lì lo conoscevano così come anche i suoi genitori.

È una cosa incredibile quella che Luca ci racconta. A Gesù viene dato da leggere nella sinagoga il grande rotolo sul quale era scritto il libro del profeta Isaia, lui lo apre e trova, non sappiamo se era il testo previsto o una scelta ispirata – trova il passo «Lo Spirito del Signore è sopra di me; perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato ad annunziare la liberazione ai prigionieri, e ai ciechi il ricupero della vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19 e a proclamare l’anno accettevole del Signore». Fino qui è ancora tutto normale. Era normale che gli uomini – autorizzati da chi presiedeva la liturgia della sinagoga leggessero passi della Torah e potessero anche interpretare questi passi. La cosa incredibile è che Gesù parla di tutte le speranze e dei desideri che si trovano espressi in questa parola profetica e non li interpreta facendo riferimento ad una figura messianica che verrà in futuro. No, dice semplicemente «Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite» A questo punto si conclude anche il testo della predicazione e in tal modo il racconto è ancora più concentrato.

Gli ascoltatori nella sinagoga reagivano con molta probabilità come faremmo anche noi oggi: brontolavano, lanciavano accuse e alla fine – e spero però che questo limite noi non lo raggiungiamo – cercavano di uccidere Gesù che però dopo essere passato tra di loro, se ne andava.

Ma, viene da chiedersi: Gesù gioca con i desideri e le speranze di queste persone? Li prende sul serio con le loro preoccupazioni e i loro affanni? Guardiamo ancora una volta nel testo. Di che cosa si tratta? L’evangelo, la buona novella sarà portata ai poveri. Ai prigionieri sarà annunciata la liberazione, i ciechi ricuperano la vista, gli oppressi saranno rimessi in libertà e sarà proclamato l’anno accettevole del Signore. – In questo programma si trova del materiale esplosivo. In questo programma possiamo trovarci anche noi con i nostri desideri e speranze. E adesso viene uno che dice: Oggi, si è adempiuta questa Scrittura.

No, Gesù non gioca con i sogni degli uomini. Forse li prende addirittura più sul serio di quanto loro li prendano sul serio, ma dá una nuova direzione alla speranza. Gesù dà una meta alla barca della vita che viene mossa dalle onde. E questa meta è lui stesso. Non si tratta di singoli desideri che ognuno di noi ha continuamente. Le aspirazioni non cedono mai e ciò che è bene non sarà mai abbastanza bene. Gesù però non parla di questi singoli desideri, ma dell’essere umano nella sua totalità. Egli ci dice: se voi volete fidarvi di me, se voi volete credere in Dio, così tutto ciò si è adempiuto oggi per voi. Gesù ci parla di un mistero che anche oggi non è facile da comprendere. Anche oggi si può rispondere: ma sono ancora in prigione, sto ancora male, sono sempre povero, sempre oppresso – insomma, non è cambiato niente.

E comunque il cambiamento è possibile. Penso a Dietrich Bonhoeffer che è stato in prigione fino alla morte e comunque era capace di respirare vita e libertà. Penso a tanti malati che non si lasciano abbattere da una malattia, anche da malattie gravi, ma vivono la loro vita così com’è, nella piena speranza nel Signore. Gesù punta al cuore del messaggio biblico in cui tante persone sperano. Lo porta ad una meta e questo vuol dire: affidarsi all’amore di Dio che è diventato visibile, tangibile, comprensibile in Gesù Cristo.

Anche noi siamo in pericolo proprio all’inizio di un anno nuovo, di agire secondo le nostre speranze e desideri così come facevano gli ascoltatori di Gesù nella sinagoga di Nazaret. Hanno pensato troppo in piccolo, non riuscivano a sperare in qualcosa di grande, non potevano vedere tutto, non riuscivano a fidarsi totalmente.

Questo problema umano che ci porta ad avere uno sguardo troppo corto, viene ben sfruttato dalla pubblicità che ci promette le piccole cose della vita. ‘Se compri questo profumo diventi bella e desiderabile. – Se compri questa macchina sei un uomo di classe – Se possiedi questa poltrona ci sarà tranquillità nella tua casa.’ Conosciamo queste promesse e in certi momenti di lucidità possiamo addirittura ridere di tutto ciò che abbiamo e accumuliamo e sappiamo quanto poco queste cose ci servano davvero. Gesù va con il suo programma contro tutti questi piccoli desideri che soddisfanno oggi e fanno venire altre speranze domani.

Oggi si è adempiuto tutto. Anche se rimangono comunque certi singoli desideri. Gesù cambia la prospettiva, ci dà un’altra meta, una meta che è già oggi da intraprendere e che è il fondamento di ogni annuncio cristiano. La meta è Dio, o diciamo: la meta è che noi ci lasciamo orientare in direzione di Dio. Questo orientamento, questa fiducia è ciò che dà un senso e una meta nella vita. La speranza che i nomi dei credenti sono davvero scritti in cielo nel libro della vita e che con questo noi facciamo parte di un altro regno.

Non dobbiamo vivere secondo le leggi che questo mondo vuole dettarci. Non dobbiamo fare tacere le nostre speranze con cose che producono solo nuove speranze e nuovi desideri. Non dobbiamo rollare leggermente in alto mare senza possibilità d’uscita. Siamo liberi, per noi l’anno accettevole del Signore è già iniziato.

Gesù ci fa vedere un punto fermo in questa vita, una meta che è degna di essere seguita, una via che porta fuori dalle tenebre della notte e dell’ubriachezza e porta nella luce del giorno dove possiamo essere sobri e pieni di gioia vera per ciò che rende davvero liberi.

Vorrei che ricordassimo all’inizio di questo nuovo anno dove si può trovare questa libertà. Nell’orientamento verso Dio e nella fiducia nel suo amore. Tenetevi questa meta davanti agli occhi e questa speranza nei vostri cuori. Siamo ancora nel periodo natalizio, solo poco fa abbiamo ascoltato dell’inizio di questa speranza, lasciamola crescere nel corso di quest’anno e plasmiamolo nella speranza dell’amore di Dio.

Amen