Sermone: Cercare e lasciarsi trovare

Quando sono dal parrucchiere mi diverto a leggere quei giornali che di solito non aprirei. E l’ultima volta ho trovato la pagina di un astrologo che risponde alle grandi domande della vita. È impressionante che ci siano delle persone che pongono veramente le loro domande in un giornale e si aspettano lì una risposta. Una donna giovane chiedeva: Che cosa c’è di sbagliato in me? Perché non si sente abbastanza femminile. Un uomo di 50 anni vede la sua vita come un unico fallimento e chiede come dovrebbe proseguire. Lui scrive che da due anni tutto gli va male, sembra essere tutto bloccato e non sa perché. – La risposta dell’Astrologo è geniale. Scrive qualcosa tipo: Caro Luca, lei è capricorno con ascendente toro per questo lei non ha pazienza. Ciò che la blocca da due anni è Saturno, ma da settembre tutto cambierà.

Quando leggo una roba del genere non so se devo ridere o piangere. Per me è assolutamente assurdo, ma contemporaneamente sono anche triste per quante persone credono in questo o in simili sciocchezze.

Vorrei oggi raccontarvi di un uomo di media età, con un lavoro molto ben pagato, capo nel suo reparto. Uno che è diventato ricco attraverso il suo lavoro però ha sempre portato con sé tante di queste domande alle quali nessuno poteva rispondergli. Un uomo contemporaneamente ricco e povero.

Leggo dal Vangelo di Luca 19,1-10

Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città.  2 Un uomo, di nome Zaccheo, il quale era capo dei pubblicani ed era ricco,  3 cercava di vedere chi era Gesù, ma non poteva a motivo della folla, perché era piccolo di statura.  4 Allora per vederlo, corse avanti, e salì sopra un sicomoro, perché egli doveva passare per quella via.  5 Quando Gesù giunse in quel luogo, alzati gli occhi, gli disse: «Zaccheo, scendi, presto, perché oggi debbo fermarmi a casa tua».  6 Egli si affrettò a scendere e lo accolse con gioia.  7 Veduto questo, tutti mormoravano, dicendo: «È andato ad alloggiare in casa di un peccatore!»  8 Ma Zaccheo si fece avanti e disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; se ho frodato qualcuno di qualcosa gli rendo il quadruplo».  9 Gesù gli disse: «Oggi la salvezza è entrata in questa casa, poiché anche questo è figlio d’Abraamo;  10 perché il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto».

Zaccheo è un uomo che viene torturato dalle domande sulla vita. Lui era capo dei pubblicani, cioè un uomo ricco. La provincia di Giudea della quale faceva parte anche Gerico, era direttamente sotto l’amministrazione di Roma. Il sistema delle tasse funzionava in questo modo: Roma affittava la dogana per un prezzo fisso e i pubblicani cercavano di fare il più possibile soldi con questa concessione. Per questo erano doppiamente odiati: come aiutanti dei romani e come doganieri disonesti. Comunque non dobbiamo dimenticare: dovevano essere molto intelligenti, buoni organizzatori, abile nella società e con educazione ellenista. A modo loro facevano parte della classe elevata della società. Gerico era per una capo dei pubblicani il luogo perfetto perché era il punto d’incrocio di varie strade in prossimità dei passaggi del Giordano. Questa zona era una ricca fonte di guadagno. Secondo i nostri parametri di oggi, Zaccheo sarebbe stato milionario. D’altra parte, questo pubblicano era ebreo. Il suo nome viene probabilmente dall’ebraico Sakkai che vuol dire il ‘Giusto’. Che nome per un personaggio come Zaccheo!

Zaccheo si mette alla ricerca. Questo è sorprendente, perché uno potrebbe pensare che ha già ciò che tanti altri vorrebbero avere, cioè soldi, tanti soldi. L’evangelista Luca non ci racconta neanche che cosa scatena questa ricerca. Forse era una semplice curiosità. O forse Zaccheo aveva sentito di come Gesù si era comportato con altri pubblicani. Però che cosa cerca Zaccheo veramente? Luca ci dice: cercava di vedere chi era Gesù. Perché? Forse perché le domande della vita sono diventate per Zaccheo talmente grandi, che doveva per forza porle a qualcuno. Il Figlio dell’uomo è venuto per cercare e salvare ciò che era perduto.

Devo dire che Zaccheo è nella sua ricerca di risposte abbastanza simpatico. È troppo piccolo per vedere e per questo ha l’idea di arrampicarsi come un bambino su un sicomoro. Tanto di capello, che determinazione! Dobbiamo ammettere che Zaccheo investe qualcosa per portare la sua ricerca a buon fine. Cerca di superare gli ostacoli che trova e ci riesce veramente. Cosa dite, trova ciò che ha cercato? Direi piuttosto che lui viene trovato. Ancora prima che Zaccheo possa rivolgersi a Gesù, ancora prima che egli si possa fare un’immagine di chi sia quel Gesù, è lui che si rivolge a Zaccheo. E non solo questo, non è stato solo trovato tra le foglie di un albero ma Gesù verrà a trovarlo a casa e Zaccheo troverà risposte alle sue domande. In quest’incontro con Gesù, Zaccheo trova se stesso. Trova un nuovo accesso a se stesso, alla sua vita così com’era e così come sarà. Trova un nuovo modo di comportarsi con le persone attorno a se. Succede tutto senza che Gesù debba fare grandi prediche. Zaccheo sa bene che cosa non va nella sua vita e sa anche come si può pentire e cambiare via. La metà del suo possesso vuole darla ai poveri. È tanto, però neanche dopo questo gesto Zaccheo sarà veramente povero. Ma fa vedere che non è attaccato ai soldi. Mostra che non sono i suoi beni che comandano sulla sua vita. Zaccheo è in grado di aprire le mani per dare e anche per poter ricevere ciò che Gesù vuole dargli.

Un secondo passo è che Zaccheo vuole risanare le ingiustizie commesse. Secondo il comandamento biblico vuole restituire il quadruplo di ciò che ha preso indebitamente. Questo è un pentimento molto concreto. Ciò che Zaccheo ha in mente di fare è più di una semplice preghierina. Deve presentarsi da ognuno al quale ha fatto un torto. Deve scusarsi e restituire i soldi. – Quanta fatica facciamo noi ad ammettere una volta che abbiamo sbagliato. Zaccheo assume questa fatica su di se.

Però una cosa non la fa. Non dice di voler cambiare il suo mestiere. No. Vuole rimanere pubblicano, capo dei pubblicani. E questo mi piace e lo trovo importante. Non esistono per noi cristiani dei mestieri che non dovremmo fare. Nella Bibbia rimangono i pubblicani pubblicani e i soldati rimangono soldati. Però ogni mestiere può essere svolto in tanti modi e il modo in cui Zaccheo sarà pubblicano in futuro sarà molto diverso.

Ancora una volta: Zaccheo fa una specie di grande confessione davanti a Gesú, anche se non ci vengono riportate le sue parole. Ma vediamo che Zaccheo accetta i comandamenti e cerca di risanare le sue colpe e tutto ciò senza che Gesù lo debba chiedere a lui.

Zaccheo ha trovato durante la sua ricerca Gesù e ha trovato in lui l’impulso di cambiare la sua vita profondamente. Zaccheo ha cercato Gesù ed è stato invece trovato.

Oggi ci sono tante persone che cercano risposte sulle grandi domande della vita. Io direi che ci sono tante persone che cercano Dio, loro forse non lo direbbero così. Cercano, ma non sanno bene che cosa.

Durante questa ricerca ci saranno senz’altro degli ostacoli. Da Zaccheo c’era la folla, che gli impediva di avvicinarsi. Da noi è spesso la folla che influenza i nostri pensieri. La folla ci suggerisce che cosa sia ‘normale’ è che cosa no. È la folla nella quale crescono paure che ci allontanano dal nostro obiettivo. È la folla che può impedire anche a noi di farci trovare da Gesù.

Un altro ostacolo è il tentativo di cedere. Immaginatevi una volta che cosa avrà pensato il milionario Zaccheo prima di salire sull’albero, nel bel mezzo di tutta la gente che poteva vederlo? Che cosa avrà pensato quel uomo ricco e ben educato di essere trovato da un predicatore itinerante su un albero? Zaccheo doveva superare la propria superbia. Doveva farsi piccolo – diventare come un bambino che può salire con naturalezza su un albero. Questa capacità di farsi piccolo ci serve sempre quando noi stessi siamo il più grande ostacolo che ci impedisce di raggiungere la nostra meta. Quando non riusciamo a superare i nostri pensieri statici, i nostri pregiudizi, le nostre pretese, non saremmo in grado di trovare ciò che cerchiamo.

Ma proprio in quel momento quando cogliamo che noi con il nostro volere e potere non arriviamo da nessuna parte, in quel momento ci trova il messaggio di Dio. Quando siamo alla fine con la nostra organizzazione e i nostri piani, quando le nostre risorse sono finite, a quel punto può intervenire Dio. Gesù ci chiama fuori dal labirinto dei nostri pensieri e dà delle risposte alle grandi domande della vita. Non sono sempre risposte facili, ma una domanda profonda ha anche bisogno di una risposta profonda.

La nostra vita da cristiani consiste sia nella ricerca che nell’essere trovato. Vorrei che riscoprissimo la voglia di metterci ogni giorno di nuovo alla ricerca e di lasciarci trovare sempre di nuovo dal nostro Dio.

Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: Santo santo santo

Vorrei ascoltare oggi con voi un testo che è decisamente estraneo alla nostra vita. Forse è proprio quello che mi affascina anche in questo testo, che è diverso dalla nostra quotidianità e parla di un incontro insolito con Dio.

Leggo dal libro del profeta Isaia, 6,1-13

Nell’anno della morte del re Uzzia, vidi il Signore seduto sopra un trono alto, molto elevato, e i lembi del suo mantello riempivano il tempio.  2 Sopra di lui stavano dei serafini, ognuno dei quali aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi, e con due volava.  3 L’uno gridava all’altro e diceva: «Santo, santo, santo è il SIGNORE degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!»  4 Le porte furono scosse fin dalle loro fondamenta dalla voce di loro che gridavano, e la casa fu piena di fumo.  5 Allora io dissi: «Guai a me, sono perduto! Perché io sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; e i miei occhi hanno visto il Re, il SIGNORE degli eserciti!»  6 Ma uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, tolto con le molle dall’altare.  7 Mi toccò con esso la bocca, e disse: «Ecco, questo ti ha toccato le labbra, la tua iniquità è tolta e il tuo peccato è espiato».  8 Poi udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò? E chi andrà per noi?» Allora io risposi: «Eccomi, manda me!»  9 Ed egli disse: «Va’, e di’a questo popolo: “Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, sì, ma senza discernere!”  10 Rendi insensibile il cuore di questo popolo, rendigli duri gli orecchi, e chiudigli gli occhi, in modo che non veda con i suoi occhi, non oda con i suoi orecchi, non intenda con il cuore, non si converta e non sia guarito!»  11 E io dissi: «Fino a quando, Signore?» Egli rispose: «Finché le città siano devastate, senza abitanti, non vi sia più nessuno nelle case, e il paese sia ridotto in desolazione;  12 finché il SIGNORE abbia allontanato gli uomini, e la solitudine sia grande in mezzo al paese.  13 Se vi rimane ancora un decimo della popolazione, esso a sua volta sarà distrutto; ma, come al terebinto e alla quercia, quando sono abbattuti, rimane il ceppo, così rimarrà al popolo, come ceppo, una discendenza santa».

L’ho già detto: la visione di Isaia è totalmente diversa da come io incontro Dio. Anche il messaggio che ad Isaia viene affidato non mi piace tanto. Ma questo non deve interessarci, che cosa mi piace o non mi piace.

Proviamo ad iniziare da capo: fu nell’anno della morte del re Uzzia. Talvolta servono dei cambiamenti anche politici affinché la parola di Dio venga ascoltata nuovamente. Talvolta deve vacillare la stabilità del mondo così che le persone si ricordino nuovamente di Dio. E Dio utilizza anche ciò che succede nel mondo per portare le persone verso di lui.

All’epoca, quando muore il re Uzzia, Dio cercava un messaggero. Penso che questo sia molto simile anche oggi. Forse si dirà fra qualche centinaia di anni: fu nell’anno delle elezioni a Padova che Dio cercò un messaggero. Lui è sempre alla ricerca di persone che portino la sua parola nel mondo. Persone che possono mettere se stesse in seconda fila e testimoniano semplicemente ciò che hanno vissuto con Dio e appreso da lui.

Però per questo serve certamente prima l’incontro con Dio, perché se non facciamo nessuna esperienza personale con Dio non c’è niente che si potrebbe trasmettere. Isaia vive un incontro molto particolare con Dio. Vede Dio in persona seduto sul trono e l’orlo della sua veste riempie tutto il tempio. Sopra di lui volano i serafini che sono angeli simili a dei serpenti con sei ali. Ci viene detto che loro coprivano con due ali i loro occhi, con due i loro piedi e con due volavano. – Quando nell’Antico Testamento si parla dei piedi si intende piuttosto il centro del corpo. L’immagine vuole dirci che questi angeli si coprono i loro occhi perché Dio è troppo santo perché loro possano guardarlo e si coprono la nudità, perché addirittura gli angeli sono ancora impuri davanti a Dio. Questi serafini gridano uno all’altro «Santo, santo, santo è il SIGNORE degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria!» E ci viene raccontato che il tempio veniva scosso dalle loro voci e la casa era piena di fumo. – Il nome serafino deriva dalla parola ebraica utilizzata per dire “bruciare”. Ci sta bene con il fumo nel tempio però penso che si potrebbe anche interpretare dicendo che queste creature avevano uno zelo di servire Dio che bruciava dentro a loro.

Isaia sente che ciò che vive in questo momento con Dio è totalmente diverso da tutte le esperienze umane. Egli riconosce il suo peccato davanti a Dio e vede questa grandissima differenza tra lui, l’uomo, e Dio, il Signore degli eserciti. E Isaia esclama: Guai a me, sono perduto! – È importante che anche noi riconosciamo sempre di nuovo la potenza e la santità di Dio. Certamente conosciamo anche l’altro lato di Dio di cui Gesù ci ha raccontato. Sì, Dio è nostro padre che ci ama e che possiamo chiamare Abba, Babbo. Però non dovremmo arrivare al punto di far diventare Dio il nonnetto rimbambito il cui compito sarebbe di farmi stare bene. Dio è anche il totalmente altro, il misterioso, il signore del cielo e della terra. Egli è colui il cui mantello riempie il tempio e la cui potenza si sente su tutta la terra.

Isaia riconosce la sua impurità e la esprime davanti a Dio. Questa confessione di peccato deve avvenire prima dell’incontro con Dio perché senza confessione non può esserci un vero incontro. Isaia lo vive così che un angelo gli tocca le labbra con un carbone ardente per purificarlo. – L’immagine ci fa capire che la confessione davanti a Dio può fare veramente male. Ci tocca nel profondo quando riconosciamo i nostri peccati e gli diamo voce davanti a Dio.

Oggi sappiamo che Gesù Cristo è morto per il nostro peccato. Sappiamo che egli ha preso il nostro peccato su di sé e ha pagato con il suo sangue per i nostri peccati. Non dobbiamo più pagare con il nostro sangue. Non dobbiamo più sacrificare animali o altro per espiare il nostro peccato. Dobbiamo semplicemente venire da Dio per chiedere perdono. Però anche questo necessità di essere fatto. Non ci viene tolto di aprirci davanti a Dio, di guardare il nostro peccato e di chiedere perdono se vogliamo essere liberati.

Dopo che Isaia si è confessato, si è fatto purificare e ha sentito l’annuncio della purificazione, viene la domanda da parte di Dio: «Chi manderò? E chi andrà per noi?» Non è solo Isaia a cui è rivolta questa domanda. Dio pone questa domanda a tutte le persone, però sono solo pochi in grado di sentire le sue parole, e ancora di meno sono in grado di cogliere e realizzare queste parole. Però Isaia risponde: «Eccomi, manda me!»

Sono convinta che Dio cerca anche oggi delle persone che sono disposte a farsi inviare da lui. Persone che sono disposte a mettere la volontà di Dio al primo posto e solo dopo le proprie idee. Dio cerca anche oggi persone che sono disposte a portare dei messaggi impopolari e a difenderli con vigore. Dio cerca anche oggi delle persone che sono disposte a mettersi al suo servizio senza compromessi e a farsi usare per la sua volontà.

Il messaggio che Isaia deve portare è crudele. Deve indurire il popolo, così che non odano e non capiscano ciò che Isaia dice. In questo troviamo chiaramente ciò che Dio e la persona che scrive questo racconto sanno già: il popolo non vuole comprendere, non vogliono sentire le parole di Dio. Questa situazione rimarrà così finche tutte le città saranno devastate il paese ridotto in desolazione. Però, dice Dio, così come tagliando un albero rimane il tronco, così rimarrà anche di quel popolo un resto. E Dio dice: così rimarrà al popolo, come ceppo, una discendenza santa.

All’inizio di questa visione i serafini cantano “santo santo santo”. Poi Isaia vede ciò che non è per niente santo ed esprime la condanna sopra il suo stesso popolo Israele che non vuole sentire e comprendere e alla fine rimane questo ceppo, la discendenza santa. – Dio ha innestato qualcosa di se stesso nel suo popolo.

Isaia racconta di un incontro che ha cambiato tutta la sua vita. Un incontro che lo ha fatto diventare una persona nuova che va su una via nuova. Questa via non è bella e non è semplice, è piuttosto dura. Isaia parla con persone che non vogliono e non possono comprenderlo. Lui vede arrivare il malanno e non può aiutare. Egli parla e parla ma le persone attorno a lui hanno orecchie sorde. Egli parla di peccato, ma gli altri non vedono nessun peccato. Isaia è molto solo con il suo annuncio e comunque non cede il suo mandato. Egli annuncia la parola di Dio.

Conosco questo pensiero di parlare come contro i muri. Penso che anche voi lo conosciate, perché qui non parliamo solo di profeti a tempo pieno ma di tutte le persone che annunciano in parole e fatti la volontà di Dio. Ci sono tanti che non vogliono sentire o che fanno finta di sentire e non comprendono comunque. In questo vediamo che cosa vuol dire per noi oggi: Va’, e di’ a questo popolo: Ascoltate, sì, ma senza capire. Non posso dirvi perché ci siano così tante persone che ascoltano senza capire. Forse fa parte dei misteri che non dobbiamo e non possiamo sapere.

Però posso dirvi che come per Isaia vale anche per noi il mandato di predicare la volontà di Dio. Di predicarlo sempre di nuovo indipendentemente che la gente colga il significato o no. Indipendentemente se il popolo si converta o no. Questo è il mandato per Isaia, questo è anche il nostro mandato. Non dobbiamo preoccuparci del nostro successo. Forse Dio non ha neanche previsto il successo per il nostro lavoro. Importante è il mandato in sé: Va’, e di’ a questo popolo. Niente di più e niente di meno.

Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: La forza dello Spirito Santo

Da giovane ho letto un libro che racconta il vangelo di Marco come se tutto fosse successo oggi in Germania. Gesù nasce a Kassel. Giovanni Battista porta una camicia di lino, jeans e un vecchio mantello di pelle. Alla fine Gesù viene assassinato a Berlino.

Da giovane mi ha affascinato molto questo libro, forse soprattutto per il desiderio di essere più vicino a questo vecchio racconto dei vangeli che per me era troppo lontano dalla mia vita quotidiana.

Ve lo chiedete talvolta che cosa sarebbe se Gesù passasse qui da noi a Padova? Che cosa avrebbe da dire? Con chi si incontrerebbe? Chi sono i pubblicani e chi sono i farisei di oggi? Gesù si troverebbe bene nella nostra chiesa? – Forse sono solo dei pensieri un po’ tra le nuvole, ma non è facile rispondere a queste domande. Così come non è facile applicare ciò che leggo nella Bibbia alla mia vita.

Talvolta penso: i discepoli di Gesù stavano meglio. Gesù ha parlato la loro lingua, non si doveva prima tradurre il suo pensiero dall’aramaico al greco all’italiano. Gesù ha anche utilizzato delle immagini che loro conoscevano, sapeva quali sono i loro problemi, viveva nella loro cultura. I primi discepoli erano ancora vicini a Gesù e potevano chiedere quando non era chiara una cosa. Per loro era facile.

Non sarebbe ora che Dio Padre mandi nuovamente qualcuno per rinfrescare il vangelo? Sarebbe una specie di ‘Gesù parte 2’. Per tutti quelli che hanno pensieri del genere, leggiamo il testo biblico della nostra predicazione di oggi.

Leggo dal vangelo di Giovanni 16,5-15

«Ma ora vado a colui che mi ha mandato; e nessuno di voi mi domanda: “Dove vai?”  6 Invece, perché vi ho detto queste cose, la tristezza vi ha riempito il cuore.  7 Eppure, io vi dico la verità: è utile per voi che io me ne vada; perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò.  8 Quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.  9 Quanto al peccato, perché non credono in me;  10 quanto alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più;  11 quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato.  12 Ho ancora molte cose da dirvi; ma non sono per ora alla vostra portata;  13 quando però sarà venuto lui, lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità, perché non parlerà di suo, ma dirà tutto quello che avrà udito, e vi annuncerà le cose a venire.  14 Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.  15 Tutte le cose che ha il Padre, sono mie; per questo ho detto che prenderà del mio e ve lo annuncerà.

La Pentecoste è la nostra festa! A Natale abbiamo festeggiato la venuta di Dio in questo mondo. Il Venerdì Santo abbiamo visto Dio toccarci nella nostra umanità passando per noi persino attraverso la morte, nel punto più basso dell’esistenza umana. A Pasqua abbiamo festeggiato la luce, la risurrezione, la vittoria di Dio sopra la morte. Pentecoste è la nostra festa. Festeggiamo Dio nel nostro mondo. Festeggiamo la presenza di Dio in Italia, a Padova, qui, durante il nostro culto. Nella persona dello Spirito Santo, Dio è così presente da noi oggi come lo era 2000 anni fa nella persona di Gesù Cristo. Lo Spirito Santo non è meno che Gesù solo perché non ha corporalità. Lo Spirito Santo è come Gesù una delle forme del nostro Dio trinitario. Mi pare di aver fatto qualche settimana fa l’esempio delle varie forme dell’elemento chimico H2O. A noi si presenta come ghiaccio, come acqua, come vapore ma è sempre lo stesso, non cambia la sostanza. Così è anche con Dio. In Gesù non era più o meno Dio presente sulla terra di quanto lo sia oggi nello Spirito Santo. È stato all’epoca ugualmente semplice e ugualmente complicato incontrare Dio.

Non tutte le persone che hanno incontrato Gesù erano automaticamente d’accordo con lui. Era duro accettare la sua proposta di vita, incamminarsi insieme con lui e comunque c’erano tante persone che hanno intrapreso questa via. – Oggi è lo stesso. Per tante persone è difficile decidersi per una vita con Dio e comunque ci sono sempre ancora persone che si decidono consapevolmente di intraprendere questa via, di offrire la loro vita a Dio e di farsi incorporare in questo corpo vivente della chiesa. Ogni volta quando come consiglio di chiesa facciamo il colloquio con persone che chiedono l’ammissione nella nostra chiesa gli chiediamo: ma hai capito che questo ti porta soprattutto doveri e pochi vantaggi? Hai capito che questa via che vuoi intraprendere non è solo bella ma anche parecchio faticosa? – E comunque, anche queste due sorelle che hanno chiesto oggi l’ammissione nella nostra chiesa hanno espresso con grande convinzione e gioia il loro sì.

Non è una decisione logica se consideriamo la logica del nostro mondo, per me è invece una decisione guidata dallo Spirito Santo. Lo Spirito Santo cambia le persone, aiuta a non più guardare solo noi stessi ma ad alzare il capo per vedere le persone attorno a noi e per vedere Dio. Ho visto delle persone cambiare radicalmente sotto l’influenza dello Spirito Santo. Forse queste esperienze non le vediamo ogni giorno, ma esistono e fanno fortemente parte della storia della nostra chiesa.

Mi sono ricordata di un uomo che ho conosciuto vent’anni fa quando lavoravo in una casa della nostra chiesa per persone dipendenti da alcool e droghe. Lui era alcolista e non riusciva a liberarsi da questa malattia. Finché era in clinica andava tutto bene ma non riusciva a vivere da solo. Non trovava la forza in sé per affrontare la vita senza l’aiuto dell’alcool. Ho  visto quell’uomo prima e dopo che andasse per la prima volta in una chiesa. Non lo so che cosa gli sia successo lì ma è tornato in pomeriggio ed era un’altra persona. Aveva forza, era fiducioso, aveva speranza e voglia di vivere. – Non apriamo adesso il capitolo su che cosa direbbe uno psicologo sul tema della ricollocazione delle dipendenze. E non voglio neanche dirvi che quest’uomo da quel momento in poi stava sempre solo bene e non avrebbe dovuto più combattere contro il suo passato. Però fino a quando sono rimasta in questa struttura, l’ho visto sereno. È cambiato qualcosa in lui. Lui ha inserito nella sua vita una forza che non ha potuto trovare in se stesso.

Lo Spirito Santo agisce nelle persone che lo lasciano agire. Talvolta sono cambiamenti grandi, spettacolari che cambiano la vita. Talvolta sono presentimenti e indicazioni che egli ci da per la nostra vita. Lo Spirito Santo ci riempie con la vita. In ebraico si chiama la ruach, cioè il vento ed è inteso vento in tutte le sue intensità, partendo da un soffio leggero fino ad una vera tempesta. – Gesù ha promesso che lo Spirito Santo, questo vento vitale, sia con noi quando egli ascende al cielo, e lo chiama il consolatore. Lo Spirito Santo ha due mandati chiari.

Il primo è nei confronti del mondo e di tutti quelli che non conoscono Dio. Lo Spirito Santo deve aprire al mondo gli occhi per il proprio peccato, cioè per la distanza tra il mondo e Dio. Lo Spirito Santo deve però anche aprire gli occhi di fronte alla via d’uscita dal circolo vizioso del peccato e della morte. Cioè deve annunciare Gesù Cristo e il potere della croce. Lo Spirito Santo deve svelare l’incredulità e anche qui vediamo ancora una volta che lo Spirito Santo non può esistere da solo ma è sempre pensato in collegamento con il padre e il figlio. Perché lo Spirito Santo porta verso Gesù Cristo. Lo Spirito Santo vuole portare tutte le persone verso la fede e così su questa strada porta alla vita eterna.

Un secondo mandato dello Spirito Santo è verso la chiesa. Egli è aiutante, insegnate, indicatore, vicario di Cristo. Egli è il consolatore del quale parla Gesù. Lo Spirito Santo deve abilitare la comunità ad andare per la nuova via. Questo richiede però che lasciamo spazio allo Spirito. John Wesley ha parlato dei mezzi della grazia attraverso i quali lo Spirito Santo comunica con noi. Non è una lista precisa, ma ne fanno parte il culto con l’ascolto della predicazione, ma anche lo studio privato di testi biblici e lo studio comune. La Santa Cena e il battesimo. La preghiera privata e comunitaria. Il canto di lode. Ci sarebbero ancora più mezzi attraverso i quali Dio può parlarci. È importante utilizzare questi canali di comunicazione.

Oggi festeggiamo la pentecoste. È una festa che non è facilmente identificabile. Non esiste un albero di pentecoste, non cerchiamo le uova di pentecoste, non ci sono regali e neanche un pranzo speciale. Come si potrebbe riconoscere la pentecoste? – Siete voi il segno della pentecoste! Si può riconoscere l’agire dello Spirito Santo nelle persone che ancora oggi si decidono a seguire la strada della fede e che si incontrano regolarmente per crescere insieme in questa fede e per aiutarsi reciprocamente. Possiamo riconoscere la pentecoste nelle persone che cercano di vivere la loro vita in questa presenza dello Spirito Santo. Questo festeggiamo oggi.

Ci auguro che sentiamo questo vento dello Spirito Santo in mezzo a noi. Talvolta sarà un venticello che ci coccola quando siamo stanchi, talvolta sarà un forte vento che ci spinge ai cambiamenti. Ci auguro che lasciamo agire lo Spirito Santo, questa forza incalcolabile che può cambiare totalmente le persone.

Amen

Ulrike Jourdan