Sermone: Non temere – vivi!

In Germania ha avuto grande successo un libro dal titolo: “Non temere – vivi!”. Viene dagli Stati Uniti e stranamente non è neanche tradotto in italiano forse perché coglie bene la cosiddetta ‘German-Angst’, la paura tedesca. Comunque questo libro è stato più di mille settimane al top delle classifiche di vendita e ha venduto più di 3 milioni di copie solo in Germania. Non temere – vivi!

Mi viene da pensare che, effettivamente, l’autore non deve più temere, almeno in senso finanziario: con questo titolo ha fatto la sua fortuna, non succede a molti scrittori.

Ma poi mi viene da pensare a quante preoccupazioni la gente deve avere per comprarsi o regalare un libro contro le apprensioni. Queste ansie sono reali e presenti, opprimono l’esistenza. Non aiuta quasi per nulla ricordarsi che qui in Europa stiamo bene, che tante persone devono convivere con dei problemi molto più gravi dei nostri e affrontare delle situazioni molto più drammatiche. L’ansia rimane. Chi ha tanto, può soltanto avere paura di perdere tanto. Un milionario che teme di perdere la sua ricchezza non deve ancora preoccuparsi di non avere niente da mangiare domani; probabilmente diventerebbe solo come noi, scenderebbe semplicemente al nostro livello, ma la paura c’è ed è reale.

Il testo della nostra predicazione di oggi parla delle ansie e le prende sul serio. Leggo da Matteo 6, queste parole che si trovano nel cosiddetto “sermone sul monte”. Matteo 6, 25-34

25 «Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito?26 Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? 27 E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un’ora sola alla durata della sua vita? 28 E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; 29 eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. 30 Ora se Dio veste in questa maniera l’erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? 31 Non siate dunque in ansia, dicendo: “Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?” 32 Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. 33 Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. 34 Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di sé stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno.

Mi ricordo che abbiamo parlato di questo testo durante uno studio biblico nel Sud della Germania, dove ho studiato teologia. Erano presenti delle persone pie e con una buona posizione, radicate nel territorio, insieme con degli studenti come me. Tra gli studenti c’era anche una ragazza un po’ particolare, forse, diremmo, con la testa un po’ tra le nuvole, una figlia dei fiori, in ogni caso l’esatto opposto dei membri di quella chiesa.

La cosa interessante è che questa ragazza, nella discussione, accettava senza pensarci due volte l’invito del testo a non temere e preoccuparsi e a vivere ogni giorno che viene senza ansie, mentre le persone pie della chiesa locale non sapevano più come spiegarle che così non si vive, che si devono fare dei piani, che bisogna preoccuparsi di un lavoro e di una casa. Lei non voleva saperne, voleva vivere con leggerezza. Non ho idea di come sia andato oltre con questa ragazza, ma era davvero interessante vedere le persone di questa chiesa di formazione pietista che combattevano tra l’amore per la parola di Dio e le loro esperienze con le ansie di ogni giorno.

Ecco, le ansie: certi filosofi sostengono che l’ansia distingua l’uomo dall’animale. Cioè, ciò che farebbe un essere umano, veramente umano, è la possibilità di preoccuparsi per se stesso e di cogliere la conseguenza di certi fatti per la propria vita. “Che cosa succede se faccio o non faccio questo? Come starò se succede questo o quello?” Direi che conoscete bene questi pensieri. So che le nostre vite sono segnate da tante ansie. Pensieri per il posto di lavoro o per la buona reputazione; pensieri a proposito delle malattie, soprattutto per quelle che possono colpire i nostri cari; pensieri per il denaro quando uno ne ha troppo e non sa dove portarlo, e per quando diventa di meno o addirittura per quando non ce ne fosse più. Potremmo fare una lista che non finisce mai con le preoccupazioni di ogni giorno.

Gesù conosce le nostre ansie. Le ha vissute anche lui. E siccome curava e dava speranza da lui venivano proprio tutte le persone che portavano con sé delle ansie per la malattia e la morte e per tanti altri problemi della vita. E comunque anche il suo impegno non è stato nulla di più che una goccia d’acqua su una pietra calda. Tanti non hanno trovato delle cure, tanti sono morti, tanti non hanno incontrato Gesù, non potevano cambiare la loro sorte, sono rimasti nella loro miseria. Anche Gesù era consapevole del breve tempo che aveva per predicare e guarire altri prima che egli stesso dovesse morire.

E così ci dice nel Sermone sul monte queste parole che abbiamo sentito prima. Parole che non vogliono impedire di temere – perché le ansie fanno parte della natura umana. Queste domande Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?, le conosce Gesù e le conosciamo noi. Ma Gesù ci dice: il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Gesù sa che cosa serve per una vita serena, conosce bene i bisogni umani e comunque cerca di indirizzare il nostro sguardo sull’essenziale su ciò che ha davvero importanza nella vita. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio.

Ciò che ci distingue come cristiani può e deve andare oltre le ansie quotidiane. La ricerca del regno di Dio e della sua giustizia deve muoverci. Una speranza, un desiderio di vedere qualcosa come l’ambasciata di Dio qui su questa terra, questo dovremmo cercare per prima cosa. Come un fuoco interiore che non si lascia fermare finché vediamo qualcosa di questo regno divino. Questa speranza, questo fuoco lo portiamo dentro di noi da quando abbiamo ricevuto lo Spirito Santo. Talvolta lo sentiamo più forte, ci brucia – talvolta c’è solo più la brace che arde senza fiamma, ma ogni cristiano porta in se questo spirito divino e così anche il grande desiderio di vedere crescere il regno di Dio qui da noi, già adesso. In questo consiste la differenza tra cristiani e pagani. Un cristiano spera e brama e si fida più profondamente rispetto a qualcuno che vede solo se stesso o il potere umano.

Cercate prima il regno e la giustizia di Dio. La giustizia di Dio era la grande scoperta e liberazione di Martin Lutero. Una giustizia che fa diventare giusto e che libera. Se Dio fosse un giudice che deve decidere secondo ciò che sta scritto sulla lista delle nostre colpe – nessuno di noi avrebbe una chance di essere considerato innocente. Anche questo fa parte dell’essere umano: la debolezza. Chi di noi potrebbe dire di se stesso di non avere delle colpe, di aver camminato sempre su una strada dritta, di non aver mai fatto degli errori, di non aver mai deluso o tradito o ferito qualcuno? Rimane la debolezza degli esseri umani di essere così pieni di colpe. E le ideologie e utopie di una vita umana più pura, più alta, migliore si sono perlopiù rivelate come un’illusione brutale e crudele.

Se Dio fosse solo un giudice affronteremmo tutti quanti la nostra condanna. Ma ci fa diventare giusti, ci dichiara giusti. La giustizia di Dio ha il suo fondamento nella morte di Gesù sulla croce, al nostro posto, una volta per sempre. Altri olocausti – così ci dice la lettera agli Ebrei – non servono più, mai più.

Dio ci dichiara giusti: vuol anche dire che non abbiamo bisogno di credere che l’uomo sia buono in se stesso, ma che Dio dice cose buone verso l’uomo. Questa consapevolezza rispetto alla giustizia di Dio cambia il nostro sguardo. Il giudice davanti al quale dobbiamo tutti comparire ci vede, non ci ignora. Ogni essere umano sarà confrontato con questa giustizia di Dio e questo cambia qualcosa tra noi uomini. Ma rimane da considerare che Dio si rivolge a me come al mio prossimo. Dio invita nel suo regno, che ha avuto inizio con Cristo, e Dio vuole che questo regno cresca già adesso, qui su questa terra.

Le nostre ansie del quotidiano rimangono, non sono cancellate. E non sarebbe giusto se io vi dicessi: “Non preoccupatevi se avete lavoro o no” oppure “Non temere per la salute, non perdere tempo dai medici”. No, non vi dico questo. Ma vi dico che anche se uno di voi perde il lavoro, anche se uno perde la salute, la famiglia, la reputazione… non deve temere perché sarà sempre un amato figlio di Dio che fa parte del suo regno. Siamo amati e battezzati nel suo nome. Nessun potere del cielo e della terra può dividerci da quest’amore. Non c’è niente da temere. Anche se uno fallisce nel nostro disumano sistema di scuola e lavoro, non è fallito agli occhi di Dio. Davanti a Dio ha sempre ancora la sua dignità.

Lutero conosceva bene le ansie quotidiane e suggeriva di rifugiarsi ogni giorno nel battesimo. Cioè di rendersi conto che l’amore di Dio e la sua giustizia valgono per ME. Sono amato, sono battezzato, ho ricevuto lo Spirito Santo e quello orienta il mio desiderio verso Dio.

Lo so: le malattie e la miseria non scompariranno automaticamente, ma possono perdere qualcosa del loro aspetto spaventoso. Possono perdere qualcosa del loro potere che hanno su di noi.

Abbiamo detto all’inizio che si potrebbero scrivere lunghe liste con ciò che ci mette in ansia. Forse varrebbe la pena di fare viceversa e di scrivere un diario con le cose belle e buone per le quali siamo grati: una parola buona, un gesto amorevole. Il miracolo della creazione che vediamo ogni giorno e spesso non cogliamo neanche. L’amore che sperimentiamo grazie ai nostri prossimi. Sentire la benedizione di Dio, ascoltare parole salutari, pregare con parole famigliari, cantare inni che toccano il cuore.

Questo ci porta a tenere vivo in noi il desiderio per il regno di Dio e per la sua giustizia.

Amen

Ulrike Jourdan