Sermone: Alziamoci insieme ai pastori

Ai miei figli piacciono tantissimo i presepi e in questo periodo, come ben sapete, ce ne sono dappertutto. Dal panettiere, alla stireria, in farmacia: ogni negozio ha un presepe più o meno grande nella vetrina e i miei bambini li devono guardare tutti, ogni giorno di nuovo. – Il presepe racconta una storia, proprio quella che abbiamo ascoltato anche nella lettura biblica. Luca parla di Cesare Augusto, di Maria che è in viaggio con Giuseppe verso Betlemme, della stalla con la mangiatoia che è diventata culla e della moltitudine dell’esercito celeste. Aggiungiamo il bue, l’asino e i re magi che fanno parte di altri racconti biblici e abbiamo tutta la storia davanti agli occhi.

Oggi vorrei parlare con voi della seconda parte del racconto natalizio. Ciò che succede quando il miracolo del Natale è già quasi passato: gli angeli sono scomparsi, il cielo si è nuovamente chiuso, la notte è scura tanto quanto lo era prima. Questa è la situazione del mattino dopo, quando pian pianino c’è di nuovo chiarore e sorge il nuovo giorno con la sua quotidianità ed il lavoro che dev’essere fatto.

Leggo Luca 2,15-20

15 Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: «Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere». 16 Andarono in fretta, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; 17 e, vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. 18 E tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai pastori. 19 Maria serbava in sé tutte queste cose, meditandole in cuor suo. 20 E i pastori tornarono indietro, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato loro annunziato.

Non sarebbe stato così assurdo se i pastori si fossero stropicciati gli occhi e avessero continuato a fare il loro mestiere come ogni giorno. Ma che fine avrebbe fatto il messaggio degli angeli? Chi ci avrebbe raccontato del miracolo della nascita?

Con i pastori e grazie a loro subentra del movimento in questo racconto. Sono loro gli attori mentre Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù rimangono piuttosto statici. I pastori parlano tra di loro, vanno in fretta e trovano ciò che era stato promesso, tornano indietro, divulgano quello che era stato detto loro, glorificando e lodando Dio. Senza questa storia dopo la nascita, noi non sapremmo quasi nulla di questa notte miracolosa in cui Dio si è fatto uomo. Per questo parliamo oggi dei pastori.

Perché i pastori assumono questo ruolo importante nella storia del Natale? Perché non il re nel suo palazzo? Perché non i sacerdoti nel tempio? Perché non i saggi nelle biblioteche? – Non sarebbero stati tutti quanti più qualificati rispetto ai pastori a portare il messaggio, la buona novella della nascita del Messia, del Salvatore?

Il re avrebbe potuto proclamare un anno di pace o anche subito sette anni. Sette anni senza guerra, sette anni senza fame, sette anni senza miseria. Sarebbe stato un tempo meraviglioso per tutti se il re avesse sentito l’annuncio di pace degli angeli e l’avesse messo in atto.

Forse i sacerdoti avrebbero proclamato un anno santo, o anche subito sette anni. Per sette anni gli uomini si sarebbero concentrati su Dio, sarebbero andati nel tempio, avrebbero celebrato culti straordinari. Sarebbe stato un tempo meraviglioso. Non sarebbe successo niente di male, nessuno avrebbe commesso dei peccati e tutti sarebbero stati uomini pii.

E i saggi si sarebbero messi subito a discutere e ad approfondire i misteri del mondo. Avrebbero letto in libri e carte antiche, e avrebbero fatto dibattiti sull’origine del mondo e della vita. Avrebbero parlato per spiegare i rapporti tra Dio e l’umanità, avrebbero offerto una meravigliosa immagine del mondo che tutti gli uomini avrebbero potuto comprendere e avrebbero gioito.

Tutti quanti sarebbero stati più adatti a divulgare la buona novella della nascita del Salvatore. Perché devono farlo dei pastori?

I pastori non avevano alcuna forza per cambiare qualcosa nel mondo. Non erano persone pie, né gente che si atteneva sempre ai comandamenti divini. Non erano persone sagge, non sapevano né leggere, né scrivere, non sapevano molto di più di ciò che accadeva attorno ai loro fuochi da campo. Erano talmente disprezzati dalla società che non avevano neanche il diritto di testimoniare in sede di processo, come, tra parentesi, valeva anche per le donne. Non erano considerati cittadini a tutti gli effetti.

Se noi dovessimo giudicare secondo i criteri che valgono nel nostro mondo, dovremmo dire che non erano proprio i personaggi adatti per portare l’annuncio degli angeli. Ma – si sono alzati e incamminati. Questo fa la differenza. Erode è rimasto nel suo palazzo, i sacerdoti sono rimasti nel tempio, i saggi nelle loro biblioteche. – I pastori si sono invece messi in cammino.

Erano uomini poveri, spesso senza una fissa dimora, per gran parte dell’anno facevano una vita da nomadi. Erano persone semplici che non avevano il tempo e la testa per farsi grandi pensieri sull’andamento di questo mondo. Avevano abbastanza da preoccuparsi per la loro vita quotidiana, non avevano spazio per farsi venire strane idee. Eppure, anche loro avevano dei sogni e delle speranze. Forse speranze molto concrete come quelle che possiamo trovare nell’Antico Testamento quando i profeti ci parlano del sogno di poter possedere un pezzo di terra con un ulivo o un fico e poter fare una vita pacifica.

Questa parola mi è sempre piaciuta tantissimo e penso che tante persone possano rispecchiarsi in questo sogno. Quanta gente incontro che non cerca altro che un luogo dove per qualche anno si possa vivere in pace. Non desiderano niente di speciale, solo una vita senza ansie e persecuzione, senza fame e freddo. Per tante persone è un sogno.

Poi incontro altri che fanno anche questa vita da nomadi come i pastori di una volta, i pastori del nostro racconto. Spesso sono i padri di famiglia che vanno via da casa alla ricerca di lavoro e tornano solo ogni tot mesi a casa o le tanti badanti che abbiamo tra di noi e che sono madri che lascano i figli con i nonni nel loro Paese d’origine e vanno in cerca di un futuro migliore. Quanto dev’essere duro per dei genitori lasciare i propri figli; nessuno lo farebbe se non ci fosse il grande desiderio di dare a questi figli una vita migliore, un futuro, una speranza.

E penso anche ai tanti giovani nel nostro paese che non hanno neanche il coraggio di mettere su famiglia perché vorrebbero prima essere indipendenti ma nel frattempo passano gli anni e la loro situazione non cambia. Studiano, prendono una laurea dopo l’altra e non trovano lavoro.

Anche oggi tante persone fanno una vita come i pastori di una volta. Persone che non riescono a liberarsi dalla legge di questo mondo. Persone che cercano di sopravvivere ogni giorno di nuovo. Persone che hanno perso ogni autostima, ma che comunque hanno conservato in loro sogni e speranze.

I pastori si sono alzati e si sono messi in cammino. Loro hanno seguito l’annuncio degli angeli. In che modo ci mettiamo noi in cammino? Che cosa cerchiamo noi nella stalla? Che conseguenze traiamo noi da ciò che abbiamo sentito nella notte santa? In quale direzione vogliamo muoverci noi? O preferiamo stare seduti nelle nostre case, così belle addobbate per fare passare questi giorni come tutti gli altri giorni? È una bella tentazione, lo so.

Oggi voglio invitarvi ad alzarci per seguire la partenza dei pastori, per scoprire il miracolo del Natale. Voglio invitarvi a trovare in questi giorni non solo del tempo per la famiglia, ma anche del tempo per Dio, per sentire che cosa lui voglia dirci.

E poi v’invito a fare proprio come i pastori e a raccontare ciò che voi avete vissuto con Dio, le vostre esperienze della fede, perché è il regalo più prezioso che possiamo fare ai nostri bambini e ai ragazzi, a tutte le persone intorno a noi. Lutero commentava il nostro testo biblico scrivendo: ‘I pastori vanno e predicano nelle osterie e altrove ciò che hanno visto e sentito. Noi dovremmo seguire il loro esempio e cercare Cristo nella parola, credere in lui e professarlo pubblicamente davanti a tutti.’

I pastori sono i primi testimoni del Natale. Loro si sono alzati e si sono messi in cammino verso il presepe. Poi sono tornati per raccontare le loro esperienze.

Chi sa se la loro vita è cambiata dopo? Io non ve lo so dire, nel vangelo non si parla più di questi pastori. Rimane alla nostra fantasia decidere come la loro storia sia potuta andare oltre.

Chi sa se la nostra vita cambierà con il Natale? Abbiamo già vissuto troppe volte la festa di Natale per aspettarci stamattina qualcosa di diverso da tutti gli anni passati. Potremmo però tornare nella nostra vita di tutti giorni insieme con i pastori, pervasi e beati per ciò che abbiamo vissuto e soprattutto sapendo che Dio è venuto nel nostro mondo. Si può sentire Dio, si può vedere Dio. Lui non lascia questo mondo alle tenebre, ma lo inonda con la sua luce. E se noi diventiamo portatori di questa luce, se trasmettiamo questa luce, emanando e donando gioia, così il giorno dopo il miracolo non è un giorno grigio come tanti altri, ma un giorno pieno di gioia natalizia che vuole permanere nella quotidianità del tempo che scorre.

Amen

Sermone: Maria & Cenerentola

Il tema di cui vorrei parlarvi oggi è stravecchio e allo stesso tempo affascina sempre di nuovo. La storia ha diversi nomi: Cenerentola, My fair Lady, Pretty Woman. Si tratta sempre di una ragazza di origini semplici, umili, povere, ma con un cuore buono. Una ragazza che dopo lunga ricerca trova il principe azzurro che la sposa e la porta con sé nel suo castello.

In tutte queste storie, indipendentemente che vengano raccontate come favole per bambini, attraverso un musical o come un film hollywoodiano – in tutte queste storie si rompe il solito schema di vita e succede qualcosa di miracoloso.

Leggo dal vangelo secondo Luca, nel primo capitolo, la storia di Maria, che ha anche sperimentato il miracolo che ha interrotto lo schema della sua vita.

39 In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta nella regione montuosa, in una città di Giuda, 40 ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. 41 Appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le balzò nel grembo; ed Elisabetta fu piena di Spirito Santo, 42 e ad alta voce esclamò: «Benedetta sei tu fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno! 43 Come mai mi è dato che la madre del mio Signore venga da me? 44 Poiché ecco, non appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, per la gioia il bambino mi è balzato nel grembo. 45 Beata è colei che ha creduto che quanto le è stato detto da parte del Signore avrà compimento». 46 E Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore, 47 e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore, 48 perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva. Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata, 49 perché grandi cose mi ha fatte il Potente. Santo è il suo nome; 50 e la sua misericordia si estende di generazione in generazione su quelli che lo temono. 51 Egli ha operato potentemente con il suo braccio; ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del loro cuore; 52 ha detronizzato i potenti, e ha innalzato gli umili; 53 ha colmato di beni gli affamati, e ha rimandato a mani vuote i ricchi. 54 Ha soccorso Israele, suo servitore, ricordandosi della misericordia, 55 di cui aveva parlato ai nostri padri, verso Abraamo e verso la sua discendenza per sempre». 56 Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi; poi se ne tornò a casa sua.

Maria fa anche un pochino la vita da cenerentola. È una ragazzina proveniente da Nazaret, una cittadina in Galilea. La sua vita è già pianificata sin dalla nascita. I suoi genitori la fidanzano in giovane età con il falegname Giuseppe che era un buon partito, perché veniva da una famiglia conosciuta, lavorava in proprio e quindi Maria poteva essere soddisfatta di quello che l’attendeva. Per lei era prevista una vita tranquilla, normale, ordinaria. Ma ancora prima che il suo sposo possa portarla a casa sua, prima che tutto possa prendere la via prevista succedono delle cose strane.

Maria vede un angelo che le parla. Ha delle visioni, sente che Dio ha un piano per lei e per la sua vita. Oggi non avremmo problemi a mandarla da uno psichiatra, ma almeno questo se l’è risparmiato; ma non di rimanere incinta prima di essere sposata a tutti gli effetti – proprio come aveva annunciato l’angelo del Signore.

Una ragazzina incinta prima del matrimonio. Non che queste situazioni ci siano sconosciute. Ancora oggi non è qualcosa che qualcuno vada a cercarsi, ma dobbiamo capire che per Maria questo non voleva dire soltanto che qualcuno si sarebbe messo a spettegolare, ma che avrebbe addirittura potuto essere lapidata o bruciata, per eliminare il disonore dalla famiglia d’origine.

Maria può ritenersi fortunata. La sua sorte cambia, non solo in positivo, ma addirittura verso qualcosa di grande. Elisabetta, la parente di Maria sente anch’ella che questo bambino viene da Dio. Giuseppe non caccia via la sua fidanzata ma la protegge salvandole così la vita. Il bambino cresce sotto il cuore di Maria e lei sente i suoi movimenti sapendo qualcosa: questo non è una bambino qualsiasi, con lui il mondo cambierà! Questo bambino darà inizio al nuovo regno di Dio. Finalmente ci saranno giustizia e pace. E un giorno qualcuno domanderà “Da dove viene quell’uomo?” E si risponderà: “Questo è Gesù il figlio di Maria da Narzaret”.

Maria è fiera, piena di gratitudine e canta: L’anima mia magnifica il Signore, 47 e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore, 48 perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva. Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata, 49 perché grandi cose mi ha fatte il Potente. Maria è fiera e contenta quando intona questo canto. Dio l’ha scelta per far nascere suo figlio. La sua vita ha preso una nuova direzione miracolosa. Lei era una nullità, una ragazzina senza significato in Israele più di 2000 anni fa. – Oggi è la figura centrale di cui parliamo nel nostro culto, addirittura in una chiesa evangelica.

Forse il periodo pre-natalizio è un tempo sentimentale, ma quando sento questo racconto viene anche a me voglia di sognare. Quanto è bella la storia, come una favola, come un sogno. Una storia che porta a galla dei pensieri mezzi dimenticati. Mi ricordo i sogni che avevo una volta da ragazzina. Anche voi li avevate, vi ricordate come volevate essere, che cosa avevate in mente di fare nella vostra vita, forse qualcosa di grande, qualcosa di speciale? – Se chiedete oggi alle ragazzine vogliono tutte quante diventare popstar, o, i maschi, calciatori, comunque una cosa è fondamentale: famosi e ricchi. Forse c’è qualcuno tra di noi che sognava di fare del bene per questo mondo, di aiutare le persone con la propria vita, di cambiare qualcosa in questo mondo.

Sogni di bambini. Anche noi siamo stati bambini, anche noi avevamo dei sogni che oggi in gran parte abbiamo dimenticato. Tra questi sogni e l’adesso sono successe tante cose. Siamo diventati adulti, ci siamo concentrati sulle esigenze quotidiane, tanti si sono sposati, hanno avuto dei figli. Nelle nostre vite troviamo tanta realtà e poco sogno. La vita si mostra grezza e poco fiabesca; per una vita che funziona si deve combattere. Se va bene la gioia e il dolore sono in equilibrio – e possiamo essere contenti. Ci va bene così, non ci lamentiamo, ma non è proprio come nelle favole. E quando pensiamo oggi ai nostri sogni da bambini ci viene un mezzo sorriso.

Lo so che tanti di voi hanno cercato di far diventare realtà i propri sogni per i figli. Questo si può vedere per eccellenza nella festa di Natale. Tanti hanno già scelto i regali per i propri figli, anche se sono già dei figli cresciuti. Ma comunque si sceglie con cura e si comprano dei regali di fronte ai quali noi, o, meglio, dovrei dire voi, da bambini potevate solo sognare. – Tanti di voi hanno cercato di rendere possibile nella vita dei propri figli ciò che non era stato possibile per voi. Ognuno di loro deve avere la possibilità di studiare e di fare ciò che gli piace nella vita, indipendentemente che sia maschio o femmina. E comunque, nonostante questo, nonostante questi sforzi, voi che avete dei figli già adulti, vedete comunque che anche nelle loro vite c’è più realtà che favola. La vita rimane lavoro e fatica con preoccupazioni e litigi. Anche la vita dei vostri figli non è un sogno, loro sono diventati adulti e se tutto va bene sono contenti della loro vita.

Però il grande sogno, il miracolo, l’elemento fiabesco – tutto ciò rimane nella fantasia e quando sentiamo il racconto di Maria, la nostra cenerentola, suonano le campanelline di un ricordo passato e diciamo: Ma che bello, ma come sarebbe stato bello se….

Ah Maria, che fortuna hai avuto nella tua vita. – Ma che cosa aveva Maria che io non ho, perché lei e non mia figlia, mio figlio? Perché lei sperimenta il miracolo e non io, non il mio vicino che sta per morire, non mio figlio che è malato, non il nostro mondo?

‘Stop, aspettate un attimo’ dovrebbe dire Maria. ‘Non è così facile. Perché anche se tanti cercano di farmi apparire come cenerentola, come la bella madonnina col vestitino celeste, io avevo una vita normale, con tutto ciò che ne fa parte. Non ho cercato il miracolo e non mi sono mai montata la testa per queste cose. Ho cercato di servire Dio al meglio, ma non è stato sempre facile e non sempre bello. Ho dovuto partorire in una stalla, lontano dalla mia famiglia; mio padre era arrabbiato con me e anche con Giuseppe non era sempre facile. Con un bambino piccolino ho dovuto fuggire dalla mia patria, per anni abbiamo abitato all’estero prima di tornare a Nazaret. Non mi sono sentita come in una favola. E quando Gesù era cresciuto e andava in giro per predicare e tutti dicevano che bestemmia Dio e sarebbe un ciarlatano e delinquente, come pensate che mi sia sentita. Io ero presente sotto la croce di mio figlio e odiavo me stessa e il cantico di lode che avevo cantato una volta. Proprio questo doveva essere l’esito della mia lode? Per questa fine avevo cresciuto mio figlio, in questo avevo posto le mie speranze per vederlo finire in croce come un delinquente?

È dovuto passare del tempo perché potessi vedere tutto. Sono serviti degli anni prima che potessi capire che cosa cantavo dicendo: ha detronizzato i potenti, e ha innalzato gli umili. I rapporti di forza sono cambiati. Per Dio, è grande, ciò che nel mondo non vale nulla. La sua potenza si mostra nella debolezza, il suo regno si impone con la pace. Dio non adempie tutti i nostri desideri, ma adempie tutte le sue promesse.

Mi chiamo Maria e cerco di servire Dio con la mia vita. Niente di più, niente di meno. Anche la mia vita era più realtà che sogno, ma ha incontrato il miracolo che solo Dio può compiere’ – Forse questo ci direbbe Maria.

La nostra vita è reale come era la vita di Maria, ma anche la nostra vita può incontrare il miracolo di Dio. Può succedere che anche nella nostra quotidianità succeda qualcosa che non ci saremmo mai aspettati, una luce, un incontro, un conforto. – Dio stesso si mette in cammino per incontrarci, per farci percepire l’amore, per illuminarci la via, per accompagnarci proprio nei momenti in cui non ce lo aspetteremmo, così nel bel mezzo della nostra vita reale.

Quotidianità interrotta. Dio ci incontra per confortarci. Dio ci incontra per usarci. Questo è il miracolo del quale dovremmo assolutamente tenere conto nella nostra vita reale.

Amen

Sermone: I dubbi di Giovanni Battista

Avete già fatto il conto alla rovescia dei giorni che ci separano dalla festa di Natale? I miei figli sì. Da noi nell’ingresso c’è il calendario dell’Avvento con un regalino per ogni giorno. E ogni volta in cui uno dei bambini mi chiede: ‘Mamma, ma già domani nasce Gesù?’, dico di andare al calendario per fare il conto dei pacchi. Quando non ci sono più regali, è Natale.

Sicuramente qualcuno tra di voi ha adesso cercato di fare il conto mentalmente. Ci sono ancora 10 giorni, oggi compreso 11. – A me è venuto male quando ho controllato. Non ho ancora preparato la casa, mia mamma mi chiedeva già l’altra settimana che cosa vorrei cucinare a Natale e finora non ho nessuna idea, non abbiamo ancora né regali, né un albero.

Spero che voi possiate aspettare Natale come lo fanno i miei figli che sono contenti di vedere i nonni, di mangiare cose buone, di ricevere dei doni e di poter regalare le cose che hanno preparato per gli altri.

Questo è la tensione dell’Avvento. Per gli uni il tempo passa troppo velocemente, per gli altri sembra non voler passare. Per gli uni è una gioia aspettare, per gli altri un tormento.

Anche il vangelo di Matteo racconta di qualcuno che aspetta, ovvero Giovanni Battista.

Giovanni era il figlio del sacerdote Zaccaria e di Elisabetta la parente di Maria. Divenuto adulto viveva nella massima semplicità nel deserto della valle del Giordano, come uno degli antichi profeti. Si vestiva con un mantello fatto di peli di cammello, mangiava cavallette e miele selvatico e predicava il ravvedimento e l’approssimarsi del regno di Dio. Predicava che il Messia era vicino, per questo tutti dovevano espiare le loro colpe e farsi battezzare. Giovanni era molto ascoltato all’epoca e ad Erode, il re, non faceva piacere, che questo strano predicatore affermasse che anche lui, il monarca, aveva bisogno di espiare i propri peccati. Per questo Giovanni finì in prigione e in prigione riceveva notizie del suo parente Gesù e delle sue opere. Non sapeva più che cosa credere e per questa ragione manda alcuni dei suoi discepoli a fare domande.

Leggo Matteo 11,2-10

2 Giovanni, avendo nella prigione udito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: 3 «Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro?» 4 Gesù rispose loro: «Andate a riferire a Giovanni quello che udite e vedete: 5 i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. 6 Beato colui che non si sarà scandalizzato di me!»

7 Mentre essi se ne andavano, Gesù cominciò a parlare di Giovanni alla folla: «Che cosa andaste a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? 8 Ma che cosa andaste a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Quelli che portano delle vesti morbide stanno nei palazzi dei re. 9 Ma perché andaste? Per vedere un profeta? Sì, vi dico, e più che profeta. 10 Egli è colui del quale è scritto: “Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero per preparare la tua via davanti a te”.

Giovanni diventa insicuro in prigione e chiede: Sei tu colui che deve venire? Avrà sentito i racconti su Gesù che facevano nascere nuove speranze, ma sarà stato anche irritato da ciò che sentiva. Giovanni si aspettava il Messia come una figura potente, gloriosa, impressionante. Gesù è il contrario. Rifiuta la violenza, parla con tutti, è fiero di non possedere niente, neanche un tetto sopra la testa. Come dovrebbe essere il regno di Dio che questo Messia annuncia? Come potrà cambiare qualcosa, se il Messia si rifiuta di imporre il proprio ordine alla società dominante? A Giovanni vengono dei dubbi e così ritorna alla carica per chiedere: Sei tu colui che deve venire?

La figura di Giovanni Battista deve fare parte dell’Avvento. Giovanni non è stato solo il precursore di Gesù con la sua predicazione di ravvedimento. È anche il nostro precursore con questi pensieri pieni di dubbi e insicurezze. Così viene incontro a noi con le sue domande nel bel mezzo di questo periodo di Avvento. Tra mercatini di Natale e panettone ci pone la domanda: Che cosa vale la pena di aspettare? E: Che cosa aspetto effettivamente?

In un certo senso, a Giovanni le cose vanno proprio come a noi. Non vede ciò che accade, sente parlare di Gesù, del suo atteggiamento, delle sue predicazioni, delle sue azioni. Anche noi sentiamo questi racconti, li possiamo leggere nei quattro vangeli. Ma sentendo queste storie Giovanni si chiede se Gesù è davvero colui che ha aspettato per tutta la sua vita o se è un ciarlatano come ce n’erano diversi in giro.

Gesù non gli dà una risposta concreta, diretta. Risponde: i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Aiuta questa risposta? Sì e no. Gesù dice a Giovanni e dice a noi: guardate bene che cosa vedete e decidete che cosa vuol dire per voi. – Gesù mette il giudizio sulla sua messianicità nelle mani di coloro che chiedono e credono. Io devo credere, questo è il primo passo. Nessuno potrà mai convincermi che Gesù sia il Messia se non lo voglio credere. Porre la domanda è il primo passo, serve però anche che vengano altri passi dopo di questo.

Il periodo dell’Avvento è un tempo per chiedere e per fare questi passi, è un periodo di attesa intensa.

I dubbi e le incertezze fanno parte della fede, per questo Giovanni pone la sua domanda. Quest’atteggiamento ci può insegnare tante cose. Giovanni non si tira indietro quando gli vengono i dubbi, non si nasconde e non cerca la fede in se stesso – no, si mette in gioco, cerca la comunione e si espone con le sue domande. Anche noi siamo sollecitati a metterci in gioco, a cercare la comunione con le sorelle e i fratelli di chiesa, a dare voce alle nostre domande. Per questo siamo qui insieme a celebrare i culti, per questo ci confrontiamo negli studi biblici con la parola di Dio, per questo cerchiamo la comunione con le persone della chiesa che sono per noi come dei fratelli e delle sorelle – non devono per forza essere amici, ma siamo legati a loro come siamo legati alla nostra famiglia.

Gesù ci dice: Beato colui che non si sarà scandalizzato di me! Conoscere Gesù vuol anche dire in qualche modo reggere, resistere di fronte allo scandalo. Giovanni aveva in mente che Gesù avrebbe cambiato l’ordine di questo mondo, si era immaginato che Gesù scacciasse via i Romani ma anche la gerarchia del Tempio. Giovanni s’immaginava il regno di Dio solamente per i buoni e i pii, per coloro che volevano pentirsi, ravvedersi e cambiare la loro vita.

Ma Gesù non aveva esattamente questo programma e Giovanni si è in qualche modo scandalizzato. Anche noi possiamo scandalizzarci, non perché Gesù ci critichi, ma perché con il suo modo di essere, mette in questione il nostro modo di essere chiesa. i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri. Questi sono i segni del regno di Dio per Gesù.

Possiamo vedere qualcosa di questi segni da noi in questa chiesa? Io dico di sì.

Incontro delle persone che mi raccontano che qui hanno potuto la prima volta confrontarsi con la parola di Dio. Dopo anni di cecità aprono gli occhi e vedono e non riescono più a staccare gli occhi da questo Dio che ha aperto loro un nuovo mondo.

Incontro delle persone ferite che giungono in questa chiesa e pian pianino diventano sani, si sentono protetti, accettati, amati.

Sento delle persone che hanno trovato conforto e aiuto qui, nelle sorelle e fratelli di chiesa. Tutti questi sono i segni del regno di Dio.

Vivere nell’Avvento è vivere in attesa, ma non è una vita come in sala d’attesa. È una vita nel qua e ora, una vita in movimento. Devo vedere i segni dei tempi e riflettere su quale potrebbe essere la volontà di Dio per me, adesso. Devo guardare il mondo in cui vivo e cercare di capire quale sia la volontà di Dio per la mia vita.

Dove sarei io se Gesù tornasse ora? In centro a comprare regali, a casa per addobbare l’albero, o vicino alle persone che Dio ha messo attorno a me?

Non c’è mai stata un’epoca della storia nella quale la fede sia stata dimostrabile. Non era così per Giovanni, non lo è per noi. La fede dev’essere vissuta.

La fede vuole essere raccontata, anche nella nostra società che in gran parte ha dimenticato il contenuto della festa che attendiamo. Sta a noi di dare nuovamente un significato a ciò che sta succedendo attorno a noi. I racconti che sentiva Giovanni lo portavano a riflettere. Mettiamoci anche noi a raccontare che cosa vediamo che Gesù può fare nella nostra chiesa e nella nostra vita per fare riflettere le persone intorno a noi.

Preparate nel deserto la via del SIGNORE. – Ancora dieci giorni e poi? Poi viene Gesù. Da noi. Nelle nostre case, nelle nostre vite. Viene per salvare, viene per guarire, viene per risvegliarci e per calmarci.

Giovanni ci esorta come faceva prima di lui Isaia a preparare una via al Signore. Una via che lo conduce da noi: lì vuole arrivare e vorrebbe addirittura restare se lo invitiamo a rimanere.

Amen.

Sermone: Rialzatevi, levate il capo!

Che cosa succede nel nostro mondo? Qui in Italia sembra che la crisi economica non voglia più finire. Le sicurezze che c’erano una volta non esistono più. Mi capita di incontrare parecchie persone più anziane che mi raccontano di aver lavorato per tutta la vita in una ditta, oggi questo è per la maggior parte dei lavoratori un sogno. Oggi succede piuttosto che qualcuno abbia fatto degli ottimi studi di psicologia, filosofia, archeologia e poi lavora nel call-center della Wind o al banco di Mc Donald. C’è da disperarsi!

Ma cerchiamo anche un attimo di pensare alle persone fuori dal nostro paese. Siamo in un periodo segnato da fortissime persecuzioni contro i cristiani, ma siamo così concentrati su noi stessi che spesso non ci rendiamo neanche conto di che cosa succede in altri paesi in nome della fede. Nella Corea del Nord i cristiani vengono portati in campi di concentramento. In Somalia sappiamo che delle donne cristiane sono state stuprate e poi uccise a causa della loro fede. Dalla Siria il metropolita ortodosso scrive: ‘È il più grande massacro di cristiani che stiamo vivendo nella nostra storia. Abbiamo chiamato il mondo per ricevere aiuto, ma nessuno ci ha sentito. Dov’è la coscienza cristiana? Dov’è un comportamento umano? Dove sono i miei fratelli?‘

Potrei andare oltre con questi esempi, ma mi fermo qui. Tante persone vivono in ansia. Tanti si chiedono che cosa porterà il futuro. Tanti hanno l’impressione di non avere più la propria vita nelle loro mani. Considerando questo sfondo vogliamo ascoltare adesso il testo biblico previsto per oggi dal vangelo di Luca, 21,25-33

25 Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle; sulla terra, angoscia delle nazioni, spaventate dal rimbombo del mare e delle onde; 26 gli uomini verranno meno per la paurosa attesa di quello che starà per accadere al mondo; poiché le potenze dei cieli saranno scrollate. 27 Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. 28 Ma quando queste cose cominceranno ad avvenire, rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina». 29 Disse loro una parabola: «Guardate il fico e tutti gli alberi; 30 quando cominciano a germogliare, voi, guardando, riconoscete da voi stessi che l’estate è ormai vicina. 31 Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. 32 In verità vi dico che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute. 33 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

Le persone che hanno trovato speranza in queste parole di Luca erano insicure e in ansia tanto quanto noi lo siamo oggi. Anche loro non sapevano che cosa avrebbe portato il futuro o che cosa venisse loro incontro. Ma hanno interpretato i segni della perturbazione e dello sconvolgimento in modo tale da poter sperare. In che cosa consisteva questa speranza? Avevano la speranza che in tutta questa paura e mancanza di vie d’uscita venisse loro incontro Dio stesso. Così hanno interpretato i segni dei tempi. Dicevano: tutto ciò che vediamo ci dice che il regno di Dio è vicino. Gesú Cristo ci viene incontro. Non Gesù il bambinetto nel presepe, ma Gesù il re del cielo e della terra che torna in gloria. Non dura più a lungo, lui prenderà in mano la situazione e noi saremo salvi. Rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina! – E poi la frase finale: Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Questo è vero fino ad oggi. Le parole di Dio non sono passate, le abbiamo sempre con noi. Questo è il nostro grande tesoro: la possibilità di trovare in queste parole antiche la volontà di Dio per noi oggi. Ci possiamo accostare a queste parole in ogni momento, non c’è nessuno che ci vieta di aprire questo libro e di ascoltare che cosa Dio ha da dirci. – Vi ricordo solo brevemente che questo è profondamente evangelico. Lutero ha dato la Bibbia in mano al popolo. Quando dicevo queste cose in Germania, nessuno, né cattolico né evangelico, coglieva quale sarebbe la novità. Forse voi mi potete capire meglio. A Vicenza c’è una libreria evangelica e il libraio che la gestisce mi raccontava che una volta aveva venduto una Bibbia a una signora anziana che l’aveva riportata la settimana successiva dicendo che il suo parroco avrebbe detto che sarebbe meglio non leggerla. Mi rendo conto che questa sia un’eccezione. Ma finché succedono queste eccezioni, sono grata che Lutero ha combattuto per darmi la parola di Dio in mano. Così posso confrontarmi io direttamente con Dio, così posso trovare speranza per la mia vita di oggi in queste parole antiche. Anche noi, in tutte le nostre insicurezze, con tutte le nostre paure grandi e piccole, possiamo fare ciò che ci dice il testo biblico: Possiamo alzare la nostra testa e credere che la nostra redenzione si avvicina.

Talvolta possiamo vedere motivi di speranza quando le persone non si arrendono, non accettano che tutto debba rimanere così com’è, ma iniziano a cambiare qualcosa. Chi sa, forse è davvero possibile un altro mondo. Forse si possono ancora fermare i cambiamenti climatici, forse è possibile trovare le vie di un’economia meno barbara, più umana. Forse, non lo sappiamo, ma forse c’è una chance per il nostro mondo.

Come possiamo alzare la nostro testa in questa insicurezza? Come possiamo credere nella liberazione? La maggior parte delle persone – me compresa – si sente impotente davanti a questioni di politica globale, anche se viviamo in una democrazia che dovrebbe darci la possibilità di coinvolgimento tramite le elezioni. Possiamo farci buttare giù da queste cose, possiamo chinare il capo e andare in depressione, possiamo guardare in basso e pensare: comunque sono sempre io che perdo alla fine.

O possiamo accettare l’esortazione del testo biblico e levare il capo per guardare in avanti. – Che cosa vediamo se alziamo la testa? Provatelo. Che cosa vedete? Il tavolo della Santa Cena, dove Gesù ci viene incontro nel pane e nel vino. – la Bibbia, dove possiamo incontrare Dio nella sua parola – l’organo che ci fa incontrare Dio negli inni, soprattutto negli inni di lode. La lode ci porta in su, ci fa alzare, ci fa vedere oltre i nostri problemi.

E se levate il capo e lo girate un pochino a sinistra o destra. Chi vedete? Il vostro vicino, la vostra vicina di banco. Il testo biblico ci dice: Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole con potenza e gloria grande. Se prendiamo sul serio che Cristo vive in noi si dovrebbe vedere qualcosa di questa gloria anche in noi cristiani. Non intendo che vediamo i nostri fratelli, le nostre sorelle galleggiare su una nuvola, ma forse riusciamo a vedere qualcosa della luce di Cristo nei loro occhi. Forse riusciamo a vedere un raggio di Cristo che ci viene incontro anche nella fratellanza qui in chiesa.

In tutte le insicurezze che viviamo, possiamo però fidarci di certe persone e questo dà più sicurezza di ogni conto in banca. Fino a quando esiste ancora qualcuno che ci vuole aiutare, che ci vede come membro di una famiglia cristiana, non dobbiamo temere il futuro. Le relazioni umane sono spesso ciò che ci toglie dalla paura e riesce a mettere una luce nella quotidianità buia.

E se alziamo lo sguardo, che cosa ci viene incontro? Ci sarà qualcuno che preferirebbe abbassare subito di nuovo la testa. Posso capirlo. Talvolta preferiamo non pensare al futuro, non alla vecchiaia, alla debolezza, alla dipendenza da altri. – Questo sguardo è solo metà della verità. Tutta la verità è però che anche quando il corpo diventa debole esistono ancora dei compiti importanti. – Nella mia ultima chiesa c’era una signora anziana che spendeva ore e ore della settimana per la preghiera. Era talmente insistente nelle sue preghiere che si diceva: quando Else si mette a pregare, Dio non può fare altrimenti che concedere ciò che chiede. È importante avere queste persone che sostengono la vita della chiesa in preghiera.

È anche importante avere qualcuno che è in grado di raccontare le esperienze fatte nella vita. È uno dei doni più preziosi che possiamo fare alle giovani generazioni. Sono in tanti a credere che ciò che si vede in tv sarebbe la vita “vera”. Chi ha vissuto questa vita sa bene che non è così. Spesso ci illudiamo, viviamo in un mondo di favole e non ce ne rendiamo neanche conto.

E un ultimo dono della vecchiaia che spesso sottovalutiamo è il tempo. Chi ha oggi ancora del tempo? Tra quelli che lavorano ho l’impressione nessuno. Siamo tutti quanti sovraccaricati, non riusciamo a prenderci del tempo né per la famiglia né per gli amici, figuratevi per la chiesa. Chi è anziano ha questo tempo. Chi non è più in grado di muoversi fuori dalla sua casa può essere lì reperibile per altri. Forse non può più uscire per incontrare altre persone, ma ha tanto tempo per telefonare e chiedere e tenere i contatti. Questo è un grandissimo dono.

Ancora una volta la domanda: Che cosa ci viene incontro? Tragedie, insicurezze, la vecchiaia. Sì, ma anche Cristo il re della gloria ci viene incontro per cambiare questo mondo. Questo è la nostra speranza che non riusciamo a giustificare scientificamente o razionalmente, ma che possiamo accogliere nelle parole bibliche e nelle esperienze che uomini e donne hanno fatto con Dio. Così possiamo vedere che non siamo destinati a passare quanto lo è il nostro corpo. Noi apparteniamo a Cristo il vivente, e per questa ragione vivremmo anche noi. Per questo: Rialzatevi, levate il capo, perché la vostra liberazione si avvicina!

Amen