Sermone: La parola di Dio discerne

Talvolta cerco delle risposte a domande della vita quotidiana e non le trovo né nella Bibbia, né in ciò che hanno scritto e discusso i riformatori.

Ma la domanda rimane e così devo trovare io delle risposte alle domande che non si ponevano né 500 né 2000 anni fa. Non esisteva la possibilità che una qualche guerra, così come è intesa oggi, fosse capace di distruggere tutto il nostro pianeta. Non esistevano le domande riguardo alla salvaguardia del creato e alle energie rinnovabili. Non esisteva l’idea che due donne o due uomini potrebbero amarsi e voler creare una famiglia. Tutti questi pensieri sono nuovi. Li conosciamo noi, ma né i riformatori, né gli autori biblici si sono posti queste domande.

Conosco parecchie persone che mi dicono che fondano tutte le loro decisioni su ciò che gli dice la Bibbia. Vorrei tanto poter fare come loro, avere la certezza di essere dalla parte giusta, vivere esattamente come Dio se lo immagina, ma non mi sembra così facile. Devo scavare a fondo per trovare una risposta che non sia troppo semplicistica. Non posso, o non voglio, appropriarmi di singoli versetti biblici e usarli come risposte a domande che non esistevano quando sono stati scritti. Non è un’impresa facile interpretare la parola di Dio in modo tale da non violentarla, facendo emergere il senso più profondo di queste parole antiche.

Il testo biblico di oggi vuole incoraggiarci a discernerne con precisione per trovare delle risposte vere. Leggo dalla lettera agli ebrei nel quarto capitolo i versetti 12+13

12 Infatti la parola di Dio è vivente ed efficace, più affilata di qualunque spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l’anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore. 13 E non v’è nessuna creatura che possa nascondersi davanti a lui; ma tutte le cose sono nude e scoperte davanti agli occhi di colui al quale dobbiamo render conto.

Questi due versetti sono in qualche modo un deterrente e un avvertimento per le chiese e i singoli credenti: di ciò che fate e proclamate dovete anche assumervi la responsabilità davanti a Dio e davanti alla vostra coscienza.

Ci viene detto che davanti a Dio siamo nudi. Non possiamo nascondere qualcosa di fronte a Lui o pensare di illuderlo. Possiamo solo chiedergli di essere con noi nella nostra vita e di aiutarci con lo Spirito Santo a prendere decisioni buone.

È evidente che non basta dire: la parola di Dio è sempre buona e per questo tutto ciò che urta non può essere la volontà di Dio. No, invece la parola di Dio è affilata e divide, talvolta fa male, talvolta porta addirittura a conflitti e può perfino isolare una persona. Non è che ogni conflitto sia automaticamente contro la volontà di Dio. Talvolta dobbiamo litigare, talvolta dobbiamo entrare “in battaglia” proprio per la parola di Dio e la vita delle persone da lui amato.

Vorrei ricordarvi la lotta che portava avanti John Wesley per l’abolizione della schiavitù. La Bibbia accetta la schiavitù come un fatto e raccomanda agli schiavi di rimanere al proprio posto. La tradizione fino a Wesley aveva di fatto accettato senza problemi la schiavitù e, se siamo onesti, la società inglese (e molti altri Stati europei) guadagnavano bene con questo sistema disumano.

Wesley usa invece la ragione e l’esperienza per andare contro la tradizione e addirittura contro singoli versetti biblici. Perché? Proprio perché aveva la ragione e l’esperienza dalla sua parte e soprattutto perché non guardava ai singoli versetti biblici ma al cuore del messaggio biblico.

Come si esprime questo cuore? Gesù ci dice: Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la forza tua, con tutta la mente tua, e il tuo prossimo come te stesso Luca 10,27 Penso che si potrebbe riassumere tutta la Bibbia in questo concetto dell’amore per Dio e per il prossimo come per se stessi. L’amore è il centro della Bibbia. Per questo Wesley poteva interpretare dei singoli versetti biblici diversamente e lottare contro la schiavitù, anche se la Bibbia la accetta come parte del sistema.

Solo per intenderci: la Parola di Dio non è un vecchio contenitore che possiamo riempire come ci pare. È parola santa, è una parola affilata. Non funziona metterci dentro tutto quello che ci piace. Non è sempre una parola buona che ci mette la coscienza a posto, che ci rassicura sul fatto che tutto quello che facciamo va bene! La parola di Dio mi mette davanti a delle decisioni che devono essere prese. Decisioni che devo poi abbracciare pienamente in coscienza e davanti a Dio.

La parola di Dio è viva e ci tiene vivi, tiene la nostra fede viva. Perché chi crede in questo modo non è messo sotto una legge che viene dall’alto. Infatti è molto più semplice vivere la propria fede quando c’è qualcuno che dice chiaramente che cosa si debba pensare. È anche facile prendere il testo biblico parola per parola senza fare la fatica di interpretarlo. Entrare però nel profondo della volontà di Dio, non è semplice.

Il nostro testo ha un sottotono minaccioso, proprio questa spada a doppio taglio che divide. Potrebbe farci paura questa spada, un simbolo che ci ricorda che molte persone in tutti i tempi hanno cercato di colpirsi a vicenda, anche nel nome di Dio. Mi fa paura pensare a dei cristiani che cercano di sterminare tutto ciò che non è cristiano, così come mi fanno paura tutti i fanatici che vogliono accettare solo il proprio punto di vista.

Ma non penso che la lettera agli Ebrei volesse incitare alla violenza. Senz’altro l’autore è consapevole del problema della violenza, soprattutto, all’epoca, contro i cristiani; e direi che è anche consapevole dell’inclinazione umana a risolvere i problemi usando la violenza. Ma qui viene usata un’immagine. E come ogni immagine si deve interpretare anche quella della spada a doppio taglio.

La parola di Dio ha questa capacità di mettere le persone davanti a delle decisioni. La parola di Dio discerne, ci fa ascoltare, riflettere, esaminare e decidere su come sia possibile tradurla nel nostro quotidiano. Ricordatevi del versetto di questa settimana: Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori. La parola è contemporaneamente viva e potente. Questo ci vuole dire l’immagine della spada.

Si tratta anche di come io mi vedo. Come io mi pongo davanti alla parola di Dio. Da che cosa mi faccio sfidare o mi lascio disturbare. Davanti alla parola di Dio devo essere disposto a mettere in questione la mia comodità e i miei obiettivi. E talvolta devo essere pronta ad accettare conseguenze che fanno male, che fanno male anche e proprio a me.

Così è anche nella vita. Talvolta una separazione è indispensabile anche se fa male e se nessuno la vuole veramente. Così è anche nella vita di fede. Talvolta devo prendere delle decisioni, devo lasciare dietro di me delle opinioni vecchie e amate. La parola di Cristo chiede una decisione.

Tante risposte nella mia vita si formano sulla base delle esperienze quotidiane. C’è da un lato la teoria, la riflessione sui temi etici e dall’altro la prassi quotidiana. Tutte e due servono. John Wesley suggeriva di prendere delle decisioni utilizzando il quadrilatero di Bibbia, Tradizione, Esperienza e Ragione. Se la Bibbia e la Tradizione non possono dirci niente perché non conoscevano la domanda alla quale cerchiamo una risposta rimangono l’Esperienza e la Ragione. Servono tutte e due: la testa e la pancia. Serve tutto il nostro essere per trovare delle risposte buone.

Così ci succede anche quando cerchiamo di educare i bambini. Ho a casa tantissimi libri su temi pedagogici. Avevo i libri già prima che i miei bambini nascessero e penso che faccia bene prepararsi ad una sfida come quella educativa. Il punto è che i libri ti dicono una cosa e il tuo bambino sarà sicuramente diverso. È necessario reagire secondo ciò che la pancia mi dice in quel momento, ma questo può funzionare bene solo quando la testa ha lavorato in anticipo. – Un bambino ci sfida ogni volta di nuovo. I mei mi sfidano sicuramente e talvolta arriva la sera e mi chiedo se ho fatto bene o se ho sbagliato. Anche questo è importante: devo prendere delle decisioni quando è necessario, ma non devo sempre decidermi allo stesso modo. Posso anche riflettere e decidere di prendere la prossima volta un’altra decisione – è concesso.

Spero che queste riflessioni sulla parola di Dio v’invoglino a prendere il testo antico nelle vostre mani. Questa parola tagliente può raschiare via delle vecchie croste della nostra fede e far venire fuori qualcosa di nuovo. Basta rischiare. Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: La corsa della vita

Siamo entrati in un anno d’Olimpiadi. Non so se v’interessa lo sport e se tra di voi ci sono persone che seguiranno in estate le gare che si terranno a Rio de Janeiro. Comunque, pian pianino, sentiremo sempre più parlare dei grandi giochi. Arriveranno i gadget nei negozi e, se nei primi mesi dirò che non mi servono, alla fine so che avrò almeno una maglietta con le facce delle mascotte di quest’anno nell’armadio.

Il mondo si prepara al grande evento. Gli atleti invece si allenano già da tempo e in modo duro. Le Olimpiadi non sono una gara qualsiasi. Hanno qualcosa di “giocoso”, ma è un gioco da prendere sul serio.

Perché vi parlo delle Olimpiadi? Perché anche Paolo ne parla quando cerca di spiegare alla chiesa di Corinto il grande gioco della vita.

Leggo dalla 1 lettera ai Corinzi 9,24-27

24 Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio, corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. 25 Chiunque fa l’atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile. 26 Io quindi corro così; non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l’aria; 27 anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato.

Forse era anche per Paolo l’anno delle Olimpiadi quando scrisse la sua lettera. Infatti, a Corinto non avevano luogo i giochi olimpici ma quelli istmici, delle “piccole olimpiadi”, un evento speciale per tutta la zona.

Non m’immagino che Paolo fosse un grande fan della corsa, della lotta greco-romana o della ginnastica. Piuttosto, con quest’immagine dello sport, vuole passarci un’idea più profonda sul gioco della nostra vita.

Che cos’è la vita? È un gioco o è cosa seria? È più importante il divertimento ora o la meta da raggiungere? Vale: ‘l’importante è partecipare’ o è più importante vincere il premio? Forse Paolo direbbe: la vita è un gioco sì, che però si gioca su serio!

Adesso c’è forse qualcuno tra di voi che s’intende di teologia evangelica e mi dice: ma scusa, non è che noi cristiani riceviamo il premio per grazia e non per le nostre opere? Che cos’è questa storia che adesso devo correre e allenarmi, devo trattare duramente il mio corpo e alla fine non sono neanche certo di ricevere il premio?

Avete ragione. Non sono le opere, ma solo la fede in Gesù Cristo che salva. Nessuno lo sa meglio di Paolo. Ma lui non vede grazia e disciplina in contrapposizione. Paolo conosce qualcosa come una grazia della disciplina o la disciplina della grazia. Non veniamo salvati per le nostre opere, ma non veniamo neanche salvati senza aver compiuto delle opere. Non è che Paolo propone un metodo di auto-salvataggio, ma sottolinea che la grazia, anche se è grazia donata, non è mai grazia a buon mercato ma sempre grazia a caro prezzo.

Infatti, Dietrich Bonhoeffer – vi ricordate, anche di lui abbiamo parlato l’altra settimana, è quel teologo tedesco morto in un campo di concentramento – scrive nel suo libro ‘Sequela’: “La grazia a buon mercato è la nemica mortale della nostra chiesa. Ciò per cui noi oggi lottiamo è la grazia a caro prezzo. Grazia a buon mercato significa grazia come merce in vendita promozionale, significa svendita della remissione, del conforto, del sacramento; grazia come riserva inesauribile della chiesa, a cui attingere a piene mani, senza problemi e senza limiti; grazia senza un prezzo e senza un costo. … (La grazia) è a caro prezzo, perché chiama alla sequela; è grazia, perché chiama alla sequela di Gesù Cristo; è a caro prezzo, perché costa all’uomo il prezzo della vita, è grazia, perché proprio in tal modo gli dona la vita; è a caro prezzo, perché condanna il peccato, è grazia, perché giustifica il peccatore. La grazia è a caro prezzo soprattutto perché è costata cara a Dio, perché gli è costata la vita di suo figlio».

Vivere nella grazia di Dio non è un gioco. – Adesso qualcuno potrebbe chiedere: Com’è, vince solo il migliore nella corsa della vita? O vincono solo in pochi il premio? Sono solo gli eletti, che saranno salvati, solo coloro che riescono ad apprezzare la grazia a caro prezzo? Tutto questo Paolo non lo dice. Egli usa con l’immagine della corsa una metafora che non è traducibile con il nostro pensiero consumistico.

Vivere nella grazia non è un gioco. La grazia è a caro prezzo. Quali sono le conseguenze? Una conseguenza è questa disciplina degli atleti di cui parla Paolo. Dice di trattare duramente il suo corpo per poter prender parte al gioco della vita. – Forse questo è un pensiero lontano per noi, il fatto che vivere nella grazia ci costi anche della fatica.

Prima del nostro testo Paolo fa una lunga discussione sul possibile utilizzo di carni degli olocausti per il proprio consumo e decide che non sarebbe un problema per la sua fede personale, ma per la fede di altri fratelli e sorelli sì, e per questo si astiene da queste mense.

John Wesley aveva nelle prime chiese metodiste una percentuale altissima di alcolisti. Per questo si decise a non bere alcolici, con l’eccezione di un bicchiere di vino all’anno – contro la superbia. Gli piaceva il vino e avrebbe potuto berlo senza problemi ma decise di non farlo per amore delle persone attorno a lui.

Chiediamoci quale disciplina della fede è richiesta oggi da noi. Chiediamoci come possiamo allenare noi la nostra fede in modo che regga la corsa fino alla fine.

Anche alla fede serve una certa prassi di allenamento. Servono canali per mettersi sempre di nuovo in collegamento con Dio e questo funziona soprattutto se uno lo fa con regolarità, disciplina e determinazione.

Quante volte sento delle persone che dicono: a me la preghiera non dice nulla. Non ho mai sentito nessuna risposta. Ogni due/tre anni mi viene il desiderio di provarlo ma rimango sempre deluso. – Avete colto il problema? Anche a me viene ogni due/tre anni il desiderio di correre una maratona e dopo i primi 400 metri capisco che non è fatto per me. Proverò di nuovo fra due anni.

O qualcuno che non riesce a leggere la Bibbia perché queste parole sono vecchie e non si capisce mai niente. Dico solo: regolarità, disciplina e determinazione. – Mi ricordo che durante gli studi dovevo preparare una lezione su uno scritto filosofico di Heidegger. L’ho letto una volta e non ho colto niente. L’ho letto una seconda volta, una terza volta, niente. Sono andata dal mio professore che mi diceva di rileggerlo. L’ho letto per una settimana ogni giorno, niente. Sono di nuovo andata dal professore per farmi cambiare il tema e mi ha rimandato a leggere queste quattro/cinque pagine ogni giorno. – Dopo quasi un mese era tutto chiaro. Non ho mai più dimenticato la profondità di queste parole.

La Bibbia non è un libro filosofico. Per questo non dobbiamo fidarci solo del nostro intelletto quando la leggiamo, ma Dio ci dà il suo Spirito Santo che ci vuole aprire il significato delle sue parole. Regolarità, disciplina e Spirito Santo sono insieme un team invincibile! Ma una certa disciplina ci vuole.

Paolo stesso corre ancora un’altra corsa. Egli partecipa alla corsa del vangelo sulle strade dell’impero romani fino alle estremità della terra. Questa è la sua corsa personale che gli costa tanto in termini di disciplina e sudore. La corsa è dura per Paolo. Egli viene contestato, perseguitato, imprigionato. Qualcuno si fa beffe di lui, altri lo ammirano, gli chiedono delle cose e poi viene scacciato vita. Paolo chiede molto a se stesso e riesce a non fermarsi perché non si tratta di se stesso. Non gli importa della fama, di stare sul podio alle luci della ribalta, non fa tutto ciò perché potrebbe trarne un qualche vantaggio personale. Si spende completamente per la causa di Cristo. La corsa di Paolo ha inizio sulla strada verso Damasco quando il risorto gli chiede: Saulo, Saulo perché mi perseguiti? Da lì Paolo ha solo una meta, cioè portare il vangelo nel mondo. Questo è per lui una fonte di motivazione e gli dà la sua forza. Paolo sa che la sua vita ha una meta e che Gesù gli dà la forza per terminare la corsa.

Anche noi siamo invitati ad accertarci da dove veniamo e in quale direzione andiamo. Ogni corsa della vita ha una meta. Non viviamo senza meta o senza senso. Non dobbiamo neanche fare questa corsa da soli e non dobbiamo essere più veloci degli altri. Chiunque riesca ad attraversare la linea di traguardo, ha vinto il cielo. Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: Il tesoro in vasi di terra

La scorsa settimana abbiamo parlato di Paolo e delle sue scoperte nella fede. Oggi vorrei riprendere questa figura di Saulo / Paolo. E forse qualcuno di voi si domanda: perché due nomi? Si chiama Saulo o Paolo? – Tutti e due sono giusti. Sono i nomi prima e dopo la sua conversione. Questa conversione è stata così importante e ha significato un cambiamento talmente grande che ha portato con sé anche un nuovo nome.

Saulo è un ebreo cresciuto in ambito ellenistico. Conosce bene tutte e due le realtà. È un uomo molto intelligente con un’ottima preparazione teologica. Uno che vuole combattere per la sua fede e così va e si prende una lettera scritta che autorizza l’arresto dei pericolosi cristiani. Per Saulo è una bestemmia che loro predichino che Dio sarebbe morto sulla croce, la morte più scandalosa che si conosceva nell’antichità. Saulo è convinto di servire e lodare Dio con la sua azione.

Vi ho già detto diverse volte che a me non piacciono i toni di quest’ultimo periodo per quanto riguarda il dibattito sulla libertà religiosa. Sento dire troppo spesso che dobbiamo combattere per la nostra identità, per la nostra cultura, per la nostra tradizione. – Mi piace la mia identità, la mia cultura e tradizione, ma non sono disposta a combattere se questo vuol dire togliere qualcosa a qualcun altro. In questi giorni è stata discussa a Venezia una nuova proposta di legge relativa ai locali di culto, secondo il modello della Lombardia. Per come lo capisco io questa legge ha un solo scopo: tenere a bada i musulmani che alla fine non avranno più dei luoghi dove si possono incontrare ufficialmente. Adesso ditemi voi: è questo un combattimento PER o CONTRO qualcosa?

Saulo ha cercato di combattere contro. Di sterminare tutto ciò che non era conforme alle sue idee personali e con questa rabbia in corpo cavalca verso Damasco. Il suo cuore e il suo sguardo sono rabbuiati, ma senza preavviso incontra la luce dal cielo. Cade su terra, il suo orgoglio e la sua superbia si frantumano. Sente la voce: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» 5 Egli domandò: «Chi sei, Signore?» E il Signore: «Io sono Gesù, che tu perseguiti. Atti 9,4+5

Saulo – Paolo. Uno che pensava di combattere in nome della fede incontra Dio. La luce dal cielo ha cambiato la sua vita totalmente. Non una qualsiasi luce, ma la luce del mondo – Gesù Cristo. A partire da quest’evento Paolo è illuminato, pieno di luce divina.

Di questo tesoro scrive anche alla chiesa di Corinto. Leggo dal 4 capitolo della 2a lettera ai Corinzi, i versetti 6-10

6 perché il Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre», è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo. 7 Ma noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi. 8 Noi siamo tribolati in ogni maniera, ma non ridotti all’estremo; perplessi, ma non disperati; 9 perseguitati, ma non abbandonati; atterrati ma non uccisi; 10 portiamo sempre nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo;

Non è stata una via facile quella intrapresa da Paolo. Seguiva la luce che aveva visto, ma non è che magicamente tutto funzionasse. E neanche le chiese che fondava erano sempre contente e d’accordo con lui. Gli davano un bel filo da torcere, in prima fila i Corinzi ai quali Paolo scrive la cosiddetta lettere delle lacrime. Perché i membri di chiesa l’hanno offeso e questo fa male, anche a uno come Paolo. Ma Paolo è abbastanza cresciuto nella fede per non tirarsi in dietro. Non sparisce quando viene offeso ma lo dice, cerca il confronto.

Che cosa avevano da ridire i Corinzi ai quali non andava bene come pastore, neanche un Paolo? – Il contenitore del grande tesoro non gli piaceva. Il vaso di terra non gli sembrava adeguato per la luce del mondo. La persona di Paolo non era abbastanza sana e bella e convincente per predicare le parole eterne. C’erano altri che sapevano presentarsi meglio. Paolo invece si mostrava fragile. Lui stesso dice che porta una spina nella carne. Ha una qualche malattia che gli pesa. – E poi aveva perso tutto quello zelo nutrito di rabbia che l’aveva spinto alla persecuzione di quanti avessero altre opinioni. Aveva acquisito nella sua conversione un altro sguardo per il mondo e gli uomini. Riusciva a vedere con gli occhi misericordiosi di Dio. – Ma si può fare bella figura con la misericordia?

Paolo è consapevole del suo stato fragile. Sa bene di non essere perfetto, anzi sa di avere gravi difetti, ma li accetta. – Avete colto che cosa succede qui. Dio sceglie come custodia per la sua luce, per il grande tesoro un vaso di coccio. Dio sceglie un contenitore né troppo bello, né troppo stabile. Dio sceglie un essere umano con tutti i difetti che noi esseri umani abbiamo. Addirittura sceglie una persona che afferma già di avere una spina nella carne. È un vaso che ha già una crepa, ma Dio lo sceglie.

Questo è il messaggio che ha dato forza a Paolo. Dio mi ha scelto anche se io non sarei adatto, mi ha scelto comunque. Dio vuole depositare la sua luce, la sua vicinanza, il suo Spirito santo dentro di me, anche e proprio perché non sono adatto. È Dio che agisce, non io. È Dio che tiene insieme questo fragile vaso di terra. Non sono io.

E proprio perché Dio ha agito in Paolo e l’ha scelto, proprio per questo motivo Paolo può reggere anche le offese da parte dei Corinzi perché sa che il suo valore non dipende da questo scadente corpo che si deve portare dietro. Non è il vaso che determina il valore del contenuto, ma il tesoro al suo interno.

Paolo si può sentire benedetto e stimato perché porta il grande tesoro della presenza di Dio in sé. Non è lui che deve custodire quel tesoro, ma è Dio che tiene insieme il vaso fragile che già mostra delle crepe.

Questa è la forza del vangelo, il grande tesoro che non solo Paolo ma ognuno che vive in sintonia con Cristo porta nel suo cuore. La nostra vita è illuminata nel bel mezzo di tutto ciò che non va. Tra il buio quotidiano, tra l’odio e lo stento brilla la luce divina.

Pensando a queste cose mi è venuto in mente Dietrich Bonhoeffer. Quel teologo tedesco che durante il periodo del nazismo non accettò di tacere, che faceva brillare la luce divina nel bel mezzo dell’odio e della violenza, che diceva ciò che secondo lui c’era da dire. La vita di Bonhoeffer, vista da fuori non sembra aver avuto successo. È finito in carcere, lontano dalla famiglia e da tutti gli amici e alla fine è morto da solo. Il suo vaso di terra è stato distrutto con facilità.

Perché ci ricordiamo ancora oggi di Bonhoeffer? Perché lui era consapevole del tesoro che portava dentro di sé. E così scriveva il suo credo:

Io credo

Che Dio può e vuole far nascere il bene da ogni cosa,

anche dalla più malvagia.

Per questo egli ha bisogno di uomini

che sappiano servirsi di ogni cosa per il fine migliore.

 

Io credo

che in ogni situazione critica

Dio vuole darci tanta capacità di resistenza

quanta ci è necessaria.

Ma non ce la dà in anticipo,

affinché non facciamo affidamento su noi stessi,

ma su di Lui soltanto.

In questa fede dovrebbe esser vinta ogni paura del futuro.

 

Io credo

che neppure i nostri errori e i nostri sbagli sono inutili,

e che a Dio non è più difficile venirne a capo,

di quanto non lo sia con le nostre supposte buone azioni.

Sono certo che Dio non è un fato atemporale,

anzi credo che Egli attende preghiere sincere e azioni responsabili

e che ad esse risponde.

 

Bonhoeffer è morto nel campo di concentramento di Flossenburg il 9 aprile 1945, pochi giorni prima della caduta del nazismo. Il vaso di terra è stato rotto, ma la luce di Cristo risplende. Il Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre», è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo.

Gesù Cristo è la risposta di Dio al potere delle tenebre in questo mondo. Gesù Cristo il sofferente, il crocifisso e il risorto ha vinto questo potere. Questo possiamo testimoniare, noi che siamo come Paolo o come Bonhoeffer nulla più di vasi di terra. Contenitori semplici, fragili, minacciati dalla fragilità.

Le tenebre di questo mondo e della nostra vita diventano chiare nella luce di Gesù Cristo. Questa luce risplende anche oggi nel nostro mondo perché fino ad oggi esistono persone che la portano nel mondo sapendo che loro sono solo fragili vasi di terra. È Dio che vuole che la sua luce giunga al mondo. Lui ama questo mondo, ama gli esseri umani, vuole che il suo chiarore porti via l’odio e la paura. Per questo siamo incaricati di fare splendere questa luce fra le tenebre.

La gloria del Signore si fa vedere tra lo stento e la debolezza. La trasformazione del mondo e degli uomini in Cristo accade in mezzo a noi. Oggi, domani e ogni giorno. Amen

Ulrike Jourdan

Eventi: Oggi – Due conferenze con Paolo Ricca

17:30 Presentazione Libro “Dal battesimo allo ‘Sbattezzo'” – Libreria S. Paolo, Via Vandelli

20:45 ‘Cristiani uniti nel battesimo, testimoni di speranza’ – Chiesa evangelica metodista, Corso Milano 6

Sermone: Il mistero di Cristo

I primi cristiani non potevano incontrarsi liberamente. Spesso subivano delle persecuzioni, e così si nascondevano. E per potersi identificare usavano dei simboli “segreti” tipo il pesce. Per gli estranei era un semplice pesce, ma tutti gli iniziati conoscevano il messaggio dietro il simbolo. Loro utilizzavano questo simbolo per sapere chi fossero gli altri che come loro si rifiutano di pregare e onorare l’imperatore.

Per i primi cristiani questo mistero del pesce era chiaro. Pesce in greco si dice Ichtys. E in questa parola ogni singola lettera è l’iniziale di un’altra parola. I per Iesus-Gesù, Ci per Cristos-Cristo, T per Teos-Dio, Y per Huios-figlio e S per Soter-Salvatore. Gesù Cristo è il figlio di Dio il Salvatore: questo è stato il credo dei primi cristiani. Loro credevano in questo salvatore, questo è stato il loro segreto.

Il simbolo del pesce è rimasto fino ad oggi e fino ad oggi è per tante persone un mistero che cosa voglia dire. Nel testo biblico previsto per questa domenica Paolo parla di questo mistero aperto e lo spiega. Ci fa vedere il suo lato misterioso e lo scopre allo stesso tempo. Paolo vuole che tutti quanti siano afferrati da questo mistero.

Continua a leggere

In ascolto: Sieger Köder: Abendmahl (Santa Cena)

KöderL’immagine che avete davanti a voi si trova circa 30 km a sud di Roma a Villa San Pastore; è una villa che fa parte dello studentato Germanicum dove nell’anno 1973 il monaco Sieger Köder studiava e dove in quell’anno ha disegnato quest’immagine sulla parete della mensa della villa.

È un disegno che mi stupisce ogni volta che lo guardo e che in qualche modo è diventato per me come un’immagine della nostra chiesa. Penso che proprio all’inizio di un nuovo anno possa fare bene riflettere sulla nostra base. Su ciò che siamo chiamati a fare come chiesa, ma anche su dove troviamo la nostra forza per tutto ciò che vogliamo fare.

Chi è seduto a questo tavolo? Iniziamo a destra. Continua a leggere