Sermone: Dio si rende palpabile

In Germania questo periodo tra Natale e capo d’anno si chiama il tempo ‘tra gli anni’. Sono sempre giorni speciali, più tranquilli del solito. Sono giorni che non sanno ancora decidersi bene se preferiscono ricordare la bellezza della grande festa appena passata o se è già venuto il momento di guardare in avanti verso l’anno nuovo. Siamo, infatti ‘tra gli anni’. – Anche qui in chiesa vediamo la discrepanza tra le belle decorazioni che ci ricordano il grande culto di due giorni fa e il culto d’oggi: se ci guardiamo intorno non troviamo più tutta la gente che è venuta a festeggiare “il compleanno di Gesù bambino”. La festa è finita. Che cosa è rimasto? Rimane qualcosa se non ricordare con malinconia i giorni festivi? O addirittura ricordare con orrore, perché, forse, tutte le nostre attese non si sono avverate?

L’Apostolo Giovanni scrive alle sue chiese a proposito di ciò che ha avuto inizio a Natale e come saranno le conseguenze di questo evento. Leggo dalla prima lettera di Giovanni nel primo capitolo i primi quattro versetti:

Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita 2 la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata, 3 quel che abbiamo visto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché voi pure siate in comunione con noi; e la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. 4 Queste cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia completa.

Talvolta incontro qualcuno che mi dice: ‘Credo solo in ciò che posso vedere!’ Per me è un’affermazione sciocca perché anche l’aria attorno a me non posso vederla, ma credo profondamente che mi serva per vivere anche se non la posso vedere. – Poi arrivano questi che mi dicono che credono nel Big Bang e che la Bibbia sarebbe in contrasto con la scienza moderna. Certo, non è un libro di scienze. O ci sono quelli che mi raccontano che solo le persone deboli credono in Dio mentre loro sono illuminati e grandi e non hanno bisogno di queste favole bibliche.

Penso che tante persone usino queste frasi come giustificazioni per non dover credere. Talvolta mi sembra addirittura di sentire in queste parole un languore di vera vita. Troppe persone fondano la propria vita su cose o persone che promettono vita, ma non portano a una meta. Queste frasi semi-razionaliste li aiutano a dare alla loro vita un qualche fondamento.

Leggendo il nostro testo biblico possiamo vedere quanto è attuale la Bibbia e quanto poco siano cambiati i desideri umani. Giovanni racconta nella sua lettera quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della parola della vita.

Già per i discepoli di Gesù non bastavano dei discorsi belli e pii. Loro vivevano in pieno questa vita. Avevano un lavoro, una casa, una famiglia, amici. Chi voleva offrire loro un’altra vita, doveva avere qualcosa in mano. Loro cercavano una vita diversa sì, ma una vita che potesse durare, una vita tangibile. E poi incontrano Gesù. Lui li ha portati per un lungo periodo con sé. Loro potevano fare la prova se ciò che proclamava Gesù fosse valido. I discepoli potevano vedere, ascoltare, toccare la buona novella. Ricordatevi il versetto di questa settimana: La Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi. La buona novella che ha portato Gesù non è solo parola ma una parola incarnata.

Gesù propone una vita diversa, nuova, eterna. Non una vita speciale per qualche giorno che dopo la grande festa diventa nuovamente vita ordinaria. Non propone neanche una vita interessante che verrà ricordata nei libri di storia, e comunque finisce con la morte. Gesù non cambia la vita dei suoi discepoli secondo criteri umani, ma dà nuova vita, vita eterna, vita che deriva da Dio e porta nuovamente verso Dio. Vita eterna che inizia ora.

I discepoli e tra loro soprattutto Tomaso, quell’uomo pieno di dubbi, potevano toccare Gesù. Quel Gesù che era morto, ma ora vive da eternità in eternità. Questo è il messaggio del Natale. Dio viene in questo mondo per donarci una vita in collegamento con lui.

Le feste vanno e vengono, la vita con Dio rimane. Quest’offerta vale anche quando abbiamo già messo nuovamente l’albero di Natale nello scatolone. Chi crede in questa parola che si è fatta carne, chi crede nella parola della vita, chi si può fidare di ciò che ci dicono coloro che l’hanno vista con i loro occhi, coloro che hanno potuto ascoltare e toccare – chi crede questo può trovare la vita.

A Natale Dio è diventato palpabile. A Natale la vita eterna è diventata tangibile in Gesù Cristo. Chi cerca la relazione con Gesù nella preghiera, nella sua parola, trova tramite lui l’accesso a Dio padre.

Non so se cogliamo ancora lo scandalo quando diciamo questa frase: ‘Dio è diventato umano’. Forse per noi è talmente normale vedere il bambino nella mangiatoia che non ci facciamo più problemi con quest’affermazione. Vorrei solo ricordarvi che per dei credenti di altre religioni non è per nulla accettabile che Dio possa nascere da una donna e vivere su questa terra per portarci salvezza. Provate a spiegare tutto ciò a un musulmano o a un ebreo credente. Per lui è uno scandalo identificare Dio con un bambinetto o ancora peggio con l’uomo sulla croce. Questo non può, non deve essere.

Noi crediamo che a Natale sia proprio successo ciò che non può essere. Dio diventa umano, si fa vedere e toccare. Dio ci viene vicino per tirarci a sé. Non siamo noi che dobbiamo cercare Dio, ma Dio va alla ricerca del suo creato, va alla ricerca di me, di te. Questo è Natale.

La domanda interessante è che cosa succede se qualcuno ha trovato questo accesso al padre, alla vita eterna. –Succede come a Giovanni nella sua lettera: è pieno di gioia che vorrebbe trasmettere agli altri. Per questo scrive: la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza. Ci servono testimoni che parlano di questa nuova vita. Ci servono testimoni che raccontano con le loro parole come hanno visto e udito il Signore.

In un racconto africano si chiede ad un uomo anziano: ‘Come sai che esiste Dio?’ E lui risponde con la contro-domanda: ‘Come so che nella notte è entrato un asino alla mia capanna? Lo capisco dalle impronte. Anche nella mia vita si trovano delle impronte. Impronte di Dio.’

Ci servono persone che rendono testimonianza delle impronte che Dio ha lasciato nella loro vita. Chi festeggia veramente il Natale, tocca in questa festa la vita che Dio ci vuole donare, tocca il Salvatore che è venuto per guidarci in questa nuova vita. E chi fa entrare Gesù Cristo nella propria vita, lo dirà anche ad altri dove possono trovare questo Salvatore. Il Natale non finisce quando il panettone è mangiato. Il Natale va oltre e s’inserisce nella vita quotidiana.

Noi come cristiani siamo già entrati in questa vita nuova. Lo sentiamo? Lo sento io? O sono troppo preso con tutto ciò che c’è da fare in chiesa o altrove, tanto da non cogliere neanche più la differenza. Se fosse così, abbiamo oggi ancora una volta la possibilità di festeggiare un vero Natale: di meravigliarci che Dio diventa umano, che Gesù ci apre una via verso il Padre, che Dio nasce per salvare l’umanità.

Giovanni termina la prefazione della sua lettera con una frase curiosa: Queste cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia completa. Molti di quelli che hanno copiato questa frase hanno cambiato ‘la nostra gioia’ in ‘la vostra gioia’. Non dovrebbero essere i destinatari che gioiscono leggendo? Sembra che Giovanni voglia dirci che la gioia non è solo quella dei destinatari, ma soprattutto dei mittenti. Loro gioiscono perché possono raccontare agli altri di questo meraviglioso Dio che hanno incontrato.

Spero che anche noi possiamo percepire questa gioia raccontando alla gente attorno a noi quel che abbiamo visto e udito.

Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: È nato il Salvatore!

A Natale accendiamo delle candele addirittura in chiesa. Natale è la festa della luce. Ogni anno ritorniamo qui insieme e innalziamo il nostro canto, con vivo e santo giubilo. – Natale è una festa densa di tradizioni. L’aria profuma di cannella e abete e già adesso sappiamo quante cose buone ci saranno oggi per pranzo. Un pranzo per il quale tiriamo fuori i bicchieri di cristallo, il meglio che la dispensa ha da offrire e cerchiamo di conversare in un tono gentile.

Purtroppo tutta quest’atmosfera da famiglia mulino bianco cambia subito dopo le feste.

Se guardiamo il testo biblico previsto per questa giornata, leggiamo che Dio è poco interessato alle candele accese oggi sul nostro tavolo. Vorrebbe piuttosto che accendessimo un candelabro nella nostra vita. Il messaggio di Natale ci chiede di impostare la nostra vita di cristiani su un nuovo fondamento.

Leggo dalla lettera a Tito nel terzo capitolo i versetti 4-7:

4 Ma quando la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini sono stati manifestati, 5 egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo, 6 che egli ha sparso abbondantemente su di noi per mezzo di Cristo Gesù, nostro Salvatore, 7 affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna.

Questo testo fa parte delle ultime esortazioni che l’apostolo scrive a Tito e alla giovane chiesa che si trova sull’isola di Creta. Tito era stato mandato da Paolo a Creta per aiutare quella chiesa a trovare una struttura conforme al vangelo. Uno dei grandi problemi di questi cristiani erano i loro vicini pagani e l’apostolo li esorta ad avere misericordia con quelle persone che vivono d’intorno alla chiesa. Ricorda loro che anche loro stessi sono stati tirati fuori da una vita del genere per mezzo della grazia di Dio.

Talvolta mi guardo intorno in questo nostro Paese così cristiano e mi chiedo dov’è il fondamento della fede comune. Mi ha fatto pensare e riflettere molto quest’assurda discussione che si è fatta sui presepi. Quando il presepe viene preso come espressione di una tradizione ma si ferma a quello, non c’è niente dietro, è una fede senza fondamento, una fede finta che si prefigge degli obiettivi che non hanno niente a che fare con ciò che ci dice la Bibbia. Vi confesso che talvolta mi sento come i membri di chiesa a Creta che non sanno più che cosa dire o pensare sul mondo in cui vivono. – L’apostolo invita alla misericordia con queste persone che vivono nel paganesimo o nel nostro caso in un paganesimo che si traveste di cristianesimo. Ma l’apostolo non si ferma a questo, mette anche in chiaro il fondamento della fede.

Nel nostro testo si parla di un cambiamento radicale del mondo, non solo il cambiamento del tempo tra il prima e il dopo Cristo, ma una svolta ancora più risolutiva nei cuori delle persone. La gentilezza e l’amore di Dio entrano nel mondo come una luce chiara. È quella luce che illumina il buio della stalla e il buio delle vite dei pastori, il buio della situazione di Maria e Giuseppe che sono lontano da casa loro e dovranno fuggire ancora più lontano. La luce di Dio illumina tutto ciò. Dio è filantropo, questo è la parola greca che sta scritta nel testo originale. Dio è uno che ama gli esseri umani. A Natale compare la misericordia e la filantropia di Dio. Dio fa vedere il suo intimo, ci fa vedere com’è.

Gli uomini hanno cercato per migliaia di anni di trovare Dio. Hanno cercato di farsi un’immagine partendo dal creato per vedere il creatore. I filosofi si sono spaccati la testa chiedendosi se esiste Dio e, nel caso in cui esista, come sia fatto. A Natale, Dio si mostra con chiarezza. Egli si presenta come il grande filantropo. – Le religioni di questo mondo sono segnate da paura e oppressione. Tante persone soffrono per la loro coscienza sporca e cercano di fuggire da loro stessi e da Dio o di accontentare Dio in qualche modo. Il messaggio del Natale è speciale. Non è un concetto religioso nel quale gli esseri umani dovrebbero cercare, in qualche modo, di raggiungere Dio. Dio non vuole qualcosa da noi, ma si rivolge con grande amore verso il suo creato. Dio mette una fine a tutti gli enigmi segnati dalle paure. Egli diventa umano, diventa piccolo per noi. Si fa mettere da bambino in una mangiatoia. Si mostra come amore e così ci fa il dono più grande del Natale.

Ma non è il piano di Dio quello di aggiungere un ulteriore dono sotto l’albero. Non è che accanto al cellulare, al profumo e alla cravatta si mette anche Gesù bambino e un pochino di misericordia. Il piano di Dio è la salvezza. Questa parola la ritroviamo tre volte nel nostro testo. Dio è venuto in questo mondo per salvare. Gli imperatori romani hanno spesso usato questo titolo “Salvatore”, ma hanno solo cercato di imporre la loro signoria al mondo, la cosiddetta pace romana, convinti che se tutti fanno ciò che dice l’impero c’è la pace.

La pace e la salvezza di Dio sono diverse. Dio vuole incontrare ogni singola persona nel suo amore. Non ha interesse a sottomettere le masse ma vuole raggiungerci nella nostra vita, lì dove siamo vulnerabili e incredibilmente indifesi. La sua missione è di portarci la vera pace, profonda. Le domande della nostra vita devono trovare delle risposte. Da dove vengo? Dove vado? Perché vivo? Che cosa faccio con il mio peccato? Dove trovo la pace?

A Natale Dio ha dato delle risposte a queste domande nella persona di Gesù Cristo. Egli diventa essere umano per salvare noi esseri umani dal nostro peccato. Pace in terra agli uomini, su cui si posa il suo favore Luca 2,14 Questo è il messaggio degli angeli nella notte del Natale a Betlemme. Questa è anche la missione di Dio. Dio vuole perdonare le nostre colpe, vuole accoglierci come suoi amati figli. Il bambino nella mangiatoia è diventato l’uomo sulla croce. Lì ha messo in atto ciò che hanno cantato gli angeli. Ha portato pace per mezzo della sua morte. Ha pagato per le nostre colpe con la sua vita. Questo Gesù che adoriamo a Natale nel presepe ha vinto la morte, è risorto e ha dato così una risposta all’ultima grande domanda della vita.

Vedete che Natale ha a che fare con la nostra vita quotidiana, forse più di quanto ci saremmo aspettati. Natale non è solo un pranzo in armonia, qualche candela e panettone. Natale è il messaggio che Dio è nato per salvare me.

La luce di Natale deve rimanere accesa nelle nostre vite. Deve ardere come luce della speranza all’orizzonte. Dio vuole darci vita eterna, vita in un’altra qualità. E questa qualità diversa ha a che fare con la sua origine. L’apostolo scrive affinché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo, in speranza, eredi della vita eterna. Che cosa vuol dire essere giustificati dalla grazia di Gesù? Immaginatevi un processo, in un’aula di tribunale, sulla nostra vita. Nessuno di noi avrebbe abbastanza parole di discolpa davanti a Dio. Nessuno scapperebbe davanti alla sentenza negativa. Dio invece prende questa sentenza su di sé e ci dichiara giusti. Questo è la salvezza per pura grazia, senza che noi possiamo fare nulla, solo per amore, solo per la sua volontà.

È quest’amore immenso di Dio che festeggiamo oggi. Questa è la luce che non vuole spegnersi mai. Che vuole ardere nelle nostre vite ogni giorno e guidarci verso la vita eterna.

Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: Rallegratevi!

Quando ci siamo incontrati con S. e A. per parlare di questo culto mi hanno detto: Fai qualcosa di allegro! – Non è sempre così facile. Noi evangelici siamo gente molto seria. Sono qui tutto l’anno nella toga nera senza stola dorata, annuncio la parola di Dio che non è sempre facile da capire e, lo vedete bene, questa chiesa è molto sobria.

Ma talvolta i brani biblici previsti per la domenica cascano a pennello e rispondono bene a certe richieste. Per questo vi posso proporre oggi un testo che vuole portare allegria.

Leggo dalla lettera di Paolo ai Filippesi nel 4 capitolo i versetti da 4-7:

4 Rallegratevi sempre nel Signore. Ripeto: rallegratevi. 5 La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino. 6 Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. 7 E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.

Non è un testo pensato per un matrimonio. Però penso che possiamo trarne tanti spunti che aiutano alla convivenza, anche alla convivenza di due coniugi.

Festeggiamo oggi la benedizione del vostro matrimonio, ma in tutta la gioia sappiamo che non è un periodo molto allegro o tranquillo per voi due. Siete molto presi per lo stato di saluti del vostro padre e suocero. Questo giorno non è un momento da favola, è forse va bene così, perché la nostra vita non è una favola. Quando Paolo scrive ai Filippesi ‘Rallegratevi!’, parla in una situazione concreta e neanche questa era da favola. Lo scrive dopo il litigio di due donne nella chiesa di Filippi. – Rallegratevi. Il Signore è vicino.

Che cosa può voler dire per queste due donne in conflitto: Il Signore è vicino? Che cosa può significare per noi con i nostri problemi quotidiani? Ho in mente abbastanza situazioni nelle quali non mi viene da ridere ma piuttosto da piangere. Situazioni nelle quali non vedo soluzioni, con persone che non hanno la minima voglia di cambiare qualcosa, anche se stanno male e anche se fanno star male altre persone. Situazioni nelle quali mi sembra cinico gioire. Le nostre emozioni dipendono da ciò che ci circonda che oggi può essere bello ma domani può cambiare.

Paolo ci esorta invece Rallegratevi sempre nel Signore. È diverso rallegrarsi nel Signore, perché non devo trovare la gioia in me o attorno a me. Posso rallegrarmi anche nel Signore quando tutto il mondo attorno a me sembra triste e buio, quando non vedo soluzioni. La gioia nel Signore non dipende da me, ma dal Signore.

Paul Tillich, un teologo tedesco che ha abitato negli Stati Uniti racconta di due viaggi che lui fece negli anni cinquanta verso New York. All’epoca tanti usavano ancora la nave che era più economica rispetto a un volo. All’andata c’era sulla nave un cane. Il padrone aveva preso l’aereo e aveva mandato il cane con la nave. La bestia era seguita bene dai marinai, ma soffriva da morire ululando tutto il giorno. Non vedeva più alberi, solo questa isola bianca di metallo, non aveva nessun’idea di quando sarebbe finito l’incubo. Nessuno poteva calmare quel povero cane fino all’arrivo a New York. – Nel viaggio di ritorno c’era nuovamente un cane a bordo, ma questa volta con la padrona. Anche questo cane aveva paura, non gli piaceva per niente il viaggio, ma nei momenti più tristi guardava la sua padrona per rassicurarsi. E Tillich scrive che aveva l’impressione di vedere nello sguardo di questo cane la sicurezza che la sua padrona sapesse benissimo che cosa stava succedendo e che l’avrebbe aiutato a riprendersi dall’incubo del viaggio.

Mi sembra un bel paragone della vita con e senza la presenza del Signore. Per tutte e due i cani, il viaggio sulla nave è stato brutto. Per cristiani e non cristiani il viaggio su questa terra può essere difficile. La differenza è la presenza del Signore che ti assicura che il viaggio ha una meta, che il viaggio finirà e non nel nulla, che assicura di prendersi cura di te.

Questo vale per la vita di ogni cristiano, vale anche per la vita di coppia.

Lutero sosteneva che il matrimonio fosse una faccenda mondana da cui la chiesa si dovrebbe tenere fuori. – Sono scettica su questo fatto. La chiesa sì, ma Dio no. Penso che Dio sia proprio il punto nel quale una coppia credente si può incontrare anche nei momenti duri della vita. La vita non è una favola, può diventare dura, può diventare lunga, lunga quanto un viaggio in nave che sembra non terminare mai.

Paolo ci dice: Rallegratevi. Il Signore è vicino. È vicino a voi in ogni momento della vita.

Mi viene in mente Don Camillo, quel prete che è continuamente in lotta contro il sindaco comunista del suo paese. Ciò che mi piace in questa figura è che si mette in ogni momento libero in contatto con Gesù. Chiaro in maniera cattolica, dentro in chiesa e davanti al crocifisso (forse noi diremmo che non serve né il luogo speciale né il crocifisso) – ma comunque Don Camillo prega. Mette in atto ciò che dice Paolo quando scrive in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. In ogni cosa – come Don Camillo che va con ogni cosa a chiedere a Gesù la sua opinione, si confronta, si fa mettere sulla strada giusta. Mi piace quest’ atteggiamento. Penso che faccia bene mantenere il contatto con Cristo nella preghiera, nella lettura della sua parola, nell’incontro con altri cristiani. Penso che queste buone abitudini che John Wesley chiamava i mezzi di grazia, facciano bene alla vita di ogni cristiano, ma anche alla vita di coppia. Nei momenti in cui non ho voglia di incontrare l’altro coniuge al mio tavolo possiamo incontrarci invece al tavolo del nostro Signore. Quando non ho voglia di sentire le parole dell’altro, dell’altra, possiamo sentire insieme le parole bibliche. Fa bene includere la fede nella relazione di coppia.

Una vita del genere porta frutto. Paolo scrive: La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini. La gioia nel Signore contamina e deve trovare una via d’uscita, una via per comunicarsi. Un frutto di questa gioia è la mansuetudine. I cristiani possono essere mansueti con altre persone perché loro stessi sanno bene di vivere della grazia di Dio. Partendo da questa grazia possiamo essere anche mansueti nella vita di coppia, perché sappiamo bene di non essere per nulla perfetti. Sappiamo che abbiamo bisogno della grazia e misericordia di Dio e così possiamo essere anche noi misericordiosi con il nostro partner. – All’inizio di una relazione sembra tutto rose e fiori. Voi due non siete più teenager e forse avete anche già oltrepassato la fase fiabesca di una relazione. Quando dico questo non lo dico con dispiacere. È bello quando una relazione “atterra” nella realtà, quando siamo in grado di vedere il coniuge con i suoi doni e lati buoni come anche con i suoi lati oscuri che non fa vedere a tutti. Mansuetudine – ne serve tanta in una relazione che vuole durare.

La cosa bella è che non dobbiamo produrre da noi questa mansuetudine, ma ci viene donata nella relazione con Cristo. Solo chi riceve può anche donare.

Conoscete la differenza tra una cisterna e una fontana? La cisterna conserva l’acqua senza che questa si ricambi automaticamente. Ha spesso problemi con batteri e talvolta l’acqua inizia a puzzare. La fontana invece è in movimento. L’acqua arriva sempre fresca e non diventa vecchia. – È così con la mansuetudine. Chi è in collegamento continuo con la fonte, cioè Cristo, non fa fatica a dare amore, e gentilezza, non fa fatica e fare un passo indietro e a mettersi per amore in seconda fila. Se manca invece quel collegamento diventa difficile il rapporto con la mansuetudine.

Ancora un ultimo pensiero che Paolo suggerisce alla chiesa di Filippi. Non angustiatevi di nulla. Siamo spesso molto bravi ad angustiarci, a farci mille pensieri perché non riusciamo a programmare tutto nella nostra vita così come vorremmo. Non dobbiamo neanche illuderci che possa esistere una vita senza paure. Paolo non vuole dirci di nascondere i nostri pensieri, ma vuole ridimensionare le angustie.

Posso portare le mie paure a Dio. Non è solo una frase pia. Se da un lato della mia vita ci sono preoccupazioni e paure, dall’altro può esserci la fiducia in Dio, la certezza che è Dio che porta la mia vita nelle sue mani. Di questo fa anche parte la certezza che Dio porta la vita di una coppia nelle sue mani. Oggi vogliamo ancora pregare per voi, S. e A. Voi chiedete la benedizione di Dio per la vostra relazione. Sicuramente questa benedizione non è un momento magico. Non scenderanno le stelline e non vi posso dare l’attestato che andrà tutto alla grande, ma potete essere sicuri che Dio custodirà anche la vostra relazione. Potete vivere nella sicurezza che la vostra vita di coppia sta in mani più grandi e non solo nelle vostre mani. In tutte le paure e insicurezze potete fidarvi di queste mani.

E Paolo finisce scrivendo: E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù.

Amen

Ulrike Jourdan

Sermone: Fai come Paolo!

Natale. La città è addobbata. Si sentono i profumi di mandorle zuccherate e vin brûlé. Le previsioni dicono che presto scenderà la prima neve ed è bello fare un giro tra le bancarelle natalizie. Lucine dapperttutto, ‘last Christmas’ di sottofondo. Natale.

Lo splendore di questo periodo magico è forte. Molto forte. Per il mio gusto talvolta anche troppo forte. L’altro tempo, il periodo che precede, le settimane dell’avvento, dell’attesa sono diventate quasi invisibili. La luce delle candele sulla corona d’avvento porta un barlume diverso rispetto al bagliore delle luci commerciali. È importante avere una luce vera anche se illumina poco. Continua a leggere

Sermone: Vieni presto in mezzo a noi

Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Osservate come l’agricoltore aspetta il frutto prezioso della terra pazientando, finché esso abbia ricevuto la pioggia della prima e dell’ultima stagione. Siate pazienti anche voi; fortificate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Giacomo 5,7+8

Cari fratelli e sorelle, questi due brevi versetti mi hanno richiamato alla mente il campo di formazione sulle emozioni, dedicato ad educatori e a persone che ogni giorno sono a stretto contatto con bambini ed adolescenti, che ho frequentato un paio di settimane fa ad Ecumene in quel di Velletri, nei dintorni di Roma. Penso che quasi tutti tra voi sapranno bene cos’è Ecumene, cosa rappresenti per le Chiese Metodiste e Valdesi e che cosa si faccia, per cui non indugerò oltre. Nell’ambito di un culto un po’ particolare, potremmo dire “interattivo”, ci è stata proposta la parabola del buon seminatore Continua a leggere